Le due grandi forme di investimento estero sono gli immobili e le attività finanziarie.
Gli immobili sono soggetti al pagamento dell’IVIE (analoga all’IMU), imposta pari allo 0.76% del valore del bene.
L’aspetto centrale è il valore da utilizzare: in presenza di un valore catastale, si usa tale dato, in sua assenza (per esempio in Francia) bisogna ricorrere al costo di acquisto, generalmente più oneroso se gli immobili sono stati acquistati di recente.
L’imposta non è dovuta se l’ammontare non è superiore ai 200 euro.
È tuttavia possibile scomputare, fino a concorrenza dell’Ivie, eventuali imposte patrimoniali pagate nello stato estero: la tax foncière francese, la Real property tax americana, ecc. Non sono considerate imposte patrimoniali quelle relative ai servizi, come le tasse sui rifiuti.
La locazione di immobili situati all’estero concorre alla formazione del reddito in qualità di reddito diverso ai sensi dell’art. 70 Tuir nella misura dell’85% del canone percepito (è prevista una deduzione forfetaria del 15%).
Se la locazione fosse già soggetta ad imposta nello stato estero, in Italia bisogna dichiarare il reddito netto e si beneficia di un credito d’imposta pari alle imposte pagate nello Stato estero.
Ad esempio: affitto 5.000 euro di un immobile in Francia il cui valore d’acquisto è di 150.000 e si è pagata una tax foncière pari a 500 euro. Si presentano due casi:
a) nessuna ritenuta nello stato estero;
b) ritenuta nello stato estero pari a 1.000.
Nel caso a) il reddito è imponibile per 4.250 euro, nel caso b) il reddito da dichiarare è 5.000 ed i 1.000 euro sono un credito d’imposta fino a concorrenza dell’imposta italiana.
In entrambi i casi l’Ivie sarà pari a 1.140 euro (0.76% di 150.000), da cui detrarrò i 500 euro pagati a titolo di tax foncière.
La seconda grande categoria sono le attività finanziarie: conti correnti, azioni, obbligazioni, fondi detenuti presso un intermediario estero.
In Italia tali redditi sono assoggettati ad imposta sostitutiva da parte dell’intermediario che gestisce il conto titoli.
Tuttavia, in presenza di un conto estero tali attività e redditi correlati devono essere dichiarati nel modello Unico, mancando il sostituto d’imposta.
Le imposte relative alle attività finanziarie sono due: l’Ivafe, che colpisce il valore patrimoniale delle attività e l’imposta sostitutiva sui redditi, eventualmente, realizzati.
L’Ivafe è pari al 2 per mille del valore del conto titoli determinato al valore di mercato delle attività finanziarie. L’imposta è identifica per aliquota e base imponibile all’imposta di bollo sui conto titoli italiani, al fine di evitare un’indebita disparità di trattamento tra coloro che hanno i capitali in Italia e coloro che li detengono all’estero, in quanto l’intento del legislatore è quello di tassare i capitali all’estero nella stessa misura consentita in Italia, al fine di evitare vincoli alla libera circolazione dei capitali.
Sui conti correnti, come in Italia, grava un’Ivafe in misura fissa pari a 34.20 euro se la giacenza media annua del conto supera i 5000 euro.
I redditi prodotti da tali attività vanno distinti in una duplice categoria:
- i redditi di capitale (dividendi ed interessi);
- le plusvalenze derivanti da alienazione delle attività finanziarie.
Per i primi la regola è la tassazione con imposta sostitutiva pari al 26%. In alternativa è possibile optare per la tassazione ordinaria: in tal caso spetterà il diritto di portare in compensazione le ritenute subite all’estero.
La convenienza è da valutare caso per caso. Generalmente non è conveniente per i contribuenti con reddito superiore ai 28.000 euro, dato che la tassazione Irpef è maggiore del 26%.
Sono tuttavia possibili eccezioni dovute alla natura personale dell’imposta (contribuenti con elevate detrazioni fiscali, riporto di perdite da attività d’impresa).
Le plusvalenze sono quegli utili che si generano dalla vendita ad un prezzo superiore rispetto a quello d’acquisto di attività finanziarie: sono considerati redditi diversi, assoggettati ad imposta sostitutiva del 26%, per i quali non è possibile l’opzione per la tassazione ordinaria.
Essendo redditi diversi, si possono scomputare le minus subite nei quattro anni precedenti, come avviene per le plusvalenze realizzate in Italia.
Si sottolinea, infine, che l’omessa presentazione del quadro RW comporta una sanzione dal 3 al 15 per cento del valore delle attività non dichiarate.
A cura di Paolo Ferraris