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Lavoro autonomo e smart working

12/5/2017

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Smart working e lavoro autonomo costituiscono due scommesse per l’innovazione del mercato del lavoro.
Il disegno di Legge recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile del lavoro nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, appena licenziato dalla XI Commissione - Lavoro e Previdenza sociale - del Senato, è composto da un insieme di norme riguardanti due diverse questioni che, tuttavia, possono considerarsi complementari. Da un lato, si affronta l’annoso problema dei contratti di lavoro non standardizzati con l'obiettivo di costruire, anche per i lavoratori autonomi, un sistema di diritti e di welfare moderno. Dall’altro, si intende dare vita a una modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, allo scopo di incrementarne la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Quanto al primo punto, il progetto di Legge deriva dalla necessità di intervenire nei riguardi di quelle tipologie di lavoro rimaste escluse dalla disciplina del Jobs Act che, concentrandosi prevalentemente sul rapporto di lavoro subordinato, ha semplificato un quadro normativo complesso composto da numerose forme contrattuali. Ora invece si cerca di intervenire in quelle forme di lavoro riconducibili alle collaborazioni autonome, spesso utilizzate impropriamente e non retribuite adeguatamente. Queste generalmente vengono svolte da lavoratori atipici prevalentemente giovani e di fatto risultano prive di qualsiasi autonomia.
L’obiettivo è quello di proteggere, valorizzare ed incentivare il lavoro genuinamente autonomo, che è strategico per la parte più avanzata del tessuto economico e produttivo del Paese. Infatti, nel lavoro indipendente si concentra una quota importante delle professionalità a più alto valore aggiunto, che garantisce anche alle imprese medio-piccole le competenze specialistiche necessarie al continuo processo di innovazione tecnologica e organizzativa. Perciò, con il provvedimento in esame, si introduce un vero e proprio Statuto dei diritti e delle tutele dei lavoratori autonomi, che non è una imitazione in scala ridotta dei diritti tipici del lavoro subordinato, ma che, al contrario, valorizza e protegge le specificità proprie della autonomia di organizzazione e gestione dell’ attività professionale, sostenendo tutti coloro - in particolare i giovani - che vogliono mettersi in proprio facendo valere il proprio patrimonio di competenze professionali.
Le principali linee di indirizzo lungo le quali si sviluppa il provvedimento riguardano:
  • la tutela nel contratto con il committente al fine di prevenire clausole contrattuali illegittime nei confronti del lavoratore autonomo, nonché la tutela contro i ritardi nel pagamento dei compensi e il riconoscimento dei diritti di proprietà intellettuale al lavoratore autonomo;
  • la tutela dei lavoratori autonomi all’interno del mercato del lavoro, con una serie di strumenti messi a disposizione dalle istituzioni pubbliche e da soggetti privati finalizzati a favorire l’orientamento al lavoro e l’accesso a opportunità di lavoro, anche verso le Pubbliche Amministrazioni;
  • l’allargamento e rafforzamento dei diritti previdenziali ed assistenziali ivi inclusa la tutela della malattia, dell’infortunio, della maternità e dei congedi parentali. Sono previste anche altre forme di welfare, su base mutualistica, a protezione del reddito in caso di perdita di lavoro e la garanzia di una più consistente copertura previdenziale;
  • l’alleggerimento dell’onere fiscale e lo stimolo al lavoro autonomo di qualità, con l’ampliamento delle deduzioni fiscali per la formazione e lo sviluppo della professione;
Sotto il profilo generale va tenuto conto che anche l’operazione di semplificazione del lavoro subordinato, effettuata con il Jobs Act, non era affatto scontata e va dato atto legislatore dell’impegno assunto nel ricentralizzare il modello classico del lavoro alle dipendenze dell’impresa, aggiornandone il quadro regolatorio per adeguarlo alla trasformazione del contesto economico e produttivo in cui operano le imprese. In tale ambito rientrano, tra gli altri, gli interventi di modifica delle regole sul contratto a tempo parziale, sulla somministrazione di lavoro, sulle mansioni e sui poteri di controllo, per fare solo qualche esempio.
Per quanto riguarda le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, alcune imprese italiane avevano già avviato le prime sperimentazioni di lavoro agile, per testarne l’utilità e gli aspetti problematici. Proprio da quelle esperienze è emersa l’istanza di un intervento del legislatore. È opinione largamente condivisa, infatti, che vi sia la necessità ricondurre con chiarezza queste nuove forme di articolazione organizzativa della prestazione ai principi ed alle regole cardine del lavoro subordinato.
È da queste premesse che origina la nuova normativa sul lavoro subordinato svolto in modalità agile, costituita da pochi articoli che fissano alcuni principi inderogabili.
In sostanza, il lavoro agile che non consiste in una nuova tipologia contrattuale, diventa una modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato. Più semplicemente viene stabilito che la prestazione di lavoro può essere resa con modalità particolari semplificate. Innanzitutto, la prestazione lavorativa può essere svolta in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, ed entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale. Inoltre, c’è la possibilità di utilizzo di strumenti tecnologici nuovi per lo svolgimento dell’attività lavorativa ed, infine, l’assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti all’esterno dei locali aziendali. Si può accedere a questa modalità lavorativa sia nel caso in cui vi sia un rapporto di lavoro in corso, sia nel caso di nuova costituzione, previa definizione di un accordo. Resta fermo il diritto alla parità di trattamento economico e normativo, il rispetto dei tempi di riposo del lavoratore, il diritto alla disconnessione, il diritto alla sicurezza e alla tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali.
L’obiettivo della nuova disciplina è che il quadro normativo così delineato possa contribuire a stimolare imprese e lavoratori ad innovare il modo di lavorare, sfruttando appieno le possibilità oggi offerte dalla tecnologia informativa. Si costruisce così un sistema di regole più moderne e più legato alla effettiva evoluzione del mercato del lavoro che prevede, al contempo, un sistema di protezione del lavoratore dipendente e autonomo più adeguato alle nuove necessità.
 
A cura dell’On. Luigi Bobba
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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