Le Mercedes, pronte - salvo sorprese - ad un altro anno di dominio.
Hamilton, campione del mondo uscente, che dopo un inizio stentato e una visibilità guadagnata più per la sua vita privata che per le imprese in pista, ha ripreso a macinare vittorie e punti avvicinandosi alla vetta.
Rosberg, che non vuole rischiare di diventare l’eterno secondo dello scomodo compagno di squadra appena citato.
E le Ferrari? Grandi passi avanti, voglia di crescere, ma un’affidabilità ancora labile/flebile unita ad un pizzico di sfortuna, che fino ad ora ha impedito il grande salto nell’olimpo dei grandi.
Eppure nessuno parla (ancora) del ragazzino, quel diciottenne olandese che rischia di essere già un predestinato.
Si chiama Max Verstappen, e il cognome dice tutto.
Verstappen? Ma sarà mica…sì avete indovinato.
Se il cognome non vi è nuovo, avete buona memoria. Suo padre è stato pilota di Formula 1 negli anni Novanta.
Non ha mai lasciato il segno.
Per carità, arrivare a correre nel campionato automobilistico più veloce e spettacolare del mondo è già un successo strabiliante, ma leggendo il palmares non troviamo il suo nome né tra i vincitori di un Gran Premio né, tantomeno, tra i detentori del titolo iridato.
Ma torniamo a Max. Beh, se già suo padre correva, facile che anche il figlio sia arrivato fino lì. La privilegiata categoria dei “figli d’arte”. Niente di più sbagliato.
Non è semplice, infatti, gestire la pressione che deriva da una parentela in parte scomoda.
Tanto più che il padre, che ha seguito Max fin da bambino, di paterno (per ciò che concerne la pista) ha avuto ben poco.
Perfezionista assoluto, pretendeva dal figlio la medesima precisione in ogni curva, in ogni gara.
Un aneddoto su tutti. In occasione della Coppa del Mondo di kart a Sarno (prima del debutto in Formula 1) Max, dopo un’ottima qualifica, gettò tutto al vento in gara: dopo una brutta partenza e una manovra sbagliata fu costretto al ritiro.
Il padre non solo non andò a consolarlo, ma non gli rivolse la parola per una settimana. Questo rende l’idea della severità di un genitore che puntava a far maturare il giovane pilota.
Naturalmente il comportamento del padre era a fin di bene, ma senz’altro non deve essere stato facile gestire anche questo tipo di pressione.
Pressione, appunto, perché di questo si tratta quando si corre a più di 300 km/h.
La differenza tra un buon pilota e un campione è proprio saper gestire le emozioni, non cedere agli attacchi degli avversari, nemmeno quando sono incollati alla vettura per giri e giri.
È saper dare il massimo quando serve. E questo è proprio l’habitat di Verstappen Jr.
Il giovane pilota ha fatto il suo esordio in Formula 1 nel 2015 a bordo della Toro Rosso, scuderia satellite della plurititolata Red Bull.
Fin da subito ha mostrato spregiudicatezza, cattiveria agonistica e grande determinazione nei sorpassi.
È arrivato a piazzamenti importanti - considerando il valore tecnico della monoposto - dando sempre l’impressione di spingere oltre ogni limite.
I due piloti della Toro Rosso (assieme a lui Sainz, ventunenne e anch’egli figlio d’arte…) hanno dato spettacolo, tanto da farsi affibbiare il soprannome di “ragazzi terribili”.
Il colpo di scena c’è stato verso la fine del mese di maggio, Gran Premio di Spagna a Barcellona.
Hemlut Marko, autentico scopritore di talenti in casa Red Bull, ha fatto una scelta lungimirante, ha avuto coraggio. Oppure ha azzardato. Vedetela come volete.
Fatto sta che ha promosso il giovane Verstappen alla scuderia principe, la Red Bull, la quale pur non vivendo uno stato di forma eccezionale si mantiene sempre tra i top team presenti nel paddock.
Cambiare in corsa la propria monoposto non è così semplice come si possa pensare.
Si ha a che fare con diverse regolazioni a livello di volante ed elettronica, con un feeling nuovo e tutto da scoprire e soprattutto con una potenza e una guidabilità differenti.
Un salto che rischia di “bruciare” un giovane talento come Max.
Il pilota olandese, però, non si è fatto intimidire e ha mostrato fin da subito di essere a suo agio anche con la nuova monoposto.
Dopo un ottimo tempo di qualificazione (terzo in griglia) ha vissuto una gara da assoluto protagonista.
È restato a ridosso dei primi macinando giri veloci a ripetizione, dando del filo da torcere ai ben più titolati colleghi.
Nell’ultima parte della gara, forte anche di una strategia azzeccata dal team, si è trovato in testa alla corsa e nelle migliori condizioni per poter andare a vincere.
Ma gli avversari non stanno a guardare ed ecco che quando mancano 20 giri arriva minacciosa la Ferrari di Kimi Raikkonen, bravo a ridurre il distacco fino a mezzo secondo.
Max si è trovato sotto pressione, avrà ripensato ai rimproveri del padre, alla mania della perfezione, a quanto ha lavorato per arrivare lì.
Oppure solamente a divertirsi, con quella spavalderia che un diciottenne che corre su quei bolidi deve avere per forza.
Giro dopo giro è stato attaccato a ripetizione, ma non ha sbagliato una curva, non una frenata ed è andato a cogliere un successo strepitoso, all’esordio sulla nuova monoposto.
Manco a dirlo, è il pilota più giovane ad aver tagliato per primo il traguardo in una gara di Formula 1.
E sul podio? Lacrime? Macchè. Verstappen non sa cosa sia la tensione ed è pronto a stupire ancora.
Ora è presto per scomodare grandi nomi del passato e del presente, ma le qualità messe in mostra da questo ragazzo hanno pochi eguali nella storia di questo sport.
Perciò, per ora continuiamo a goderci i soliti noti e i campioni del mondo, che trionferanno nelle prossime gare, ma prendete carta e penna e segnate questo nome. Perché farà parlare di sé.
Dimenticavo, Max - neo diciottenne - ha da poco sostenuto l’esame per la patente di guida… avrà avuto difficoltà?
A cura di Marco Dalmasso