È primavera. Tempo di gite fuori porta per assaporare i primi, caldi raggi di sole nel blu frizzante di una limpida giornata. Periodo perfetto per passeggiare sui lidi di uno dei laghi di casa nostra, appena prima che i turisti - perlopiù stranieri - li prendano d’assalto in estate. Tra quei placidi bacini di languida malinconia, il lago Maggiore offre alcuni tra gli scorci più suggestivi. |
La città, nota come la “perla” del lago, è un centro molto animato e gremito di botteghe di souvenir. Un groviglio di edifici alti e stretti. Un tuffo nel lusso liberty dei suoi alberghi, a cominciare dallo storico Grand Hotel des Iles Borromées, tripudio di specchi, porpora e oro. Un lungolago di ville, giardini ed eleganza, da cui è impareggiabile la panoramica sul Golfo Borromeo, insenatura lacustre che custodisce le isole Bella, Superiore e Madre. Tre scrigni di fiori e voci.
Raggiungiamo gli isolotti in traghetto, imbarcandoci dal molo di Carciano a Stresa, alle falde del Monte Mottarone, dove si acquistano i biglietti sia per la navigazione che per l’ingresso ai monumenti isolani.
Approdiamo dapprima sull’isola Bella. Visitarla significa addentrarsi nelle stanze del palazzo seicentesco dei Borromeo e perdersi nei suoi giardini, che fanno interamente loro l’isola.
Il palazzo è un archetipo di barocco asfissiante, fra ricchi scaloni, stucchi, decori, arredi raffinati e grandi opere d’arte. È un susseguirsi di cupe salette interne e di ampie sale ariose, affacciate sul lago. Nelle prime, massicce cornici dorate affollano pareti bordeaux e tabacco. Nelle altre, lampadari in vetro di Murano o cristallo di Boemia scendono in picchiata da volte altissime e lunghe finestre si rincorrono fra pareti tinte di pastello.
Al piano terra, passando per le stanze decorate a grotta e l’atrio di Diana, ci ritroviamo immersi nel verde esuberante dei giardini isolani. Ad accoglierci, un’attenta scenografia di giochi d’acqua, ordinate terrazze e scalinate in pietra locale. Simmetrie di statue, colori e profumi, fra aiuole e stagni. Curatissimi labirinti di siepi smeraldo, piante esotiche e nostrane, qua e là candidi pavoni.
Molto diversa è la vicina isola Superiore, conosciuta come isola dei Pescatori, percorribile a piedi in una manciata di minuti.
Libero dalle rigide geometrie dell’isola Bella, questo isolotto è l’unico stabilmente abitato dell’arcipelago borromeo. Disordinato, vivo e vissuto, nel susseguirsi convulso di ristoranti, osterie e wine bar. Così piccolo che in alcuni degli stretti vicoli, oltre i panni stesi e le vecchie barche riconvertite a fioriere, basta volgere lo sguardo da un lato all’altro per ritrovare, vicinissime, le acque del lago.
Scampiamo la frenesia dell’isola rifugiandoci nella penombra dell’isola Madre, interamente occupata da villa e giardini annessi. Una vera oasi di pace.
Su una panchina del lungolago origliamo il pacato sciabordio delle ondicciole, tra alberi e fiori di ogni specie e faraone che, indifferenti ai visitatori, fanno sfoggio dei loro brillii d’oro e rubino.
Scalinate in pietra fanno breccia nella fitta vegetazione, incuneandosi ripide verso la villa cinquecentesca che domina dall’alto l’isola. Altra opera dei Borromeo, ma lontana dai fasti del palazzo d’isola Bella.
Preferiamo questa villa per gli arredi più sobri e i colori delicati, per i bei teatrini di marionette, per i caldi pavimenti scricchiolanti e i rassicuranti soffitti a cassettoni, entrambi in legno. Rivive la tenuta di campagna di un qualche signorotto, algida e confortevole, misteriosa e accomodante. Lo scalone d’ingresso - semplice rigore di pietra e chiarore diffuso, rabbuiato ogni due passi da ritratti alle pareti d’inquietante respiro - rievoca le mura di Thornfield Hall, così come la descrive Jane Eyre. Meraviglioso il parco che cinta la villa, fra dolci riflessi lacustri di carta da zucchero.
Uno scenario affascinante, soprattutto quando sale una nebbia leggera a renderlo impalpabile, sospeso dietro un velo azzurrognolo che sfoca i contorni e annacqua i colori brillanti di Stresa e delle sue isole. È così che le ammiriamo dall’eremo di Santa Caterina del Sasso, sulle rive lombarde del lago Maggiore.
L’eremo è un monastero duecentesco, abbarbicato sulla balza collinare che affonda scoscesa nel lago. Lo raggiungiamo in traghetto e, non appena sbarcati, ci accoglie una scalinata in pietra immersa nel verde. Poi un portico arioso a picco sul lago, i ciottoli a terra, l’erba, gli affreschi, la piccola chiesa. Un campanile in equilibrio instabile sulle rocce, a strapiombo sul lago. Spiritualità e quiete.
A cura di Francesca Vinai
Foto Credits: Francesca Vinai