delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219), nel nostro ordinamento vige la regola dell’affidamento condiviso del figlio minore ai genitori separati, divorziati o ex conviventi more uxorio.
L’art. 337 quater, comma 1, del codice civile, disponendo che “Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore”, confina l’affidamento esclusivo ad ipotesi residuale. Il comma 2 del medesimo articolo prevede, per ciascun genitore ed in qualsiasi momento, la possibilità di chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistano le condizioni indicate nel primo comma.
Lo stesso art. 337 quater, infine, chiarisce che il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l'esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi e deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice; in ogni caso, salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori e il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione, potendo ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.
La giurisprudenza di merito e di legittimità ha più volte sottolineato che l’affidamento condiviso costituisce il regime ordinario, non impedito dall’esistenza di una conflittualità tra i genitori, tranne qualora sia pregiudizievole per l’interesse dei figli, alterando e ponendo in serio pericolo il loro equilibrio e sviluppo psico-fisico; in tal caso, la pronuncia di affidamento esclusivo deve essere sorretta da una puntuale motivazione con riferimento non solo al pregiudizio potenzialmente arrecato ai figli da un affidamento condiviso bensì anche all’inidoneità educativa o alla manifesta carenza dell’altro genitore (Cass. civ., Sez. I, 1 marzo 2017, n. 27).
La medesima Corte di Cassazione, infatti, ha evidenziato che l’affido esclusivo può essere disposto solo a fronte di un giudizio prognostico circa la capacità del singolo genitore di crescere e di educare il figlio, in base ad elementi concreti circa le modalità con cui ciascuno in passato ha svolto il proprio ruolo, con particolare attenzione alla capacità di relazione affettiva e mediante apprezzamento della personalità del genitore (Cass. civ., Sez. VI, 19 luglio 2016, n. 14728).
La giurisprudenza di legittimità ha, inoltre, chiarito che la mera conflittualità tra i coniugi, nei limiti in cui si mantenga nell’ambito di un tollerabile disagio per la prole, non può impedire il ricorso all’affidamento condiviso (Cass. civ., Sez. I, 29 marzo 2012, n. 5108).
La Suprema Corte di Cassazione, con la recente sentenza 6 marzo 2019, n. 6539, si è espressa in tema di
affidamento di un figlio minore di coppia non coniugata.
La vicenda prendeva le mosse dalla sentenza di primo grado, con cui il Tribunale aveva stabilito l’affidamento esclusivo del minore alla madre, stante la residenza all’estero del padre, ivi impegnato anche per attività lavorativa, nonché a fronte della conflittualità dei genitori.
Peraltro, il Giudice non affermava l’inidoneità del padre come genitore, limitandosi a disporre l’affidamento esclusivo in ragione dei motivi predetti.
Conseguentemente, il padre presentava reclamo avverso la decisione del Tribunale, chiedendo che fosse disposto l’affidamento congiunto, in virtù della propria volontà di tenere in vita il rapporto con il figlio, anche recandosi in Italia proprio a tale scopo.
La Corte d’Appello accoglieva il reclamo del padre, in considerazione della sua idoneità a rivestire il ruolo di genitore e della sua disponibilità a garantire e rispettare i diritti di visita del figlio, nonostante la residenza all’estero e il connesso disagio nei trasferimenti.
La Corte disponeva altresì l’esercizio della responsabilità genitoriale in forma congiunta per le questioni di maggiore interesse per la vita del minore e in forma disgiunta, secondo i tempi di permanenza presso ciascun genitore, per le questioni di ordinaria amministrazione.
La madre presentava ricorso alla Corte di Cassazione avverso il provvedimento della Corte d’Appello. I Giudici di legittimità, motivando la sentenza in commento, hanno rilevato l’adeguata motivazione della decisione della Corte d’Appello, in quanto l’affidamento condiviso deve considerarsi il regime ordinario, anche qualora i genitori vivano lontani tra loro; la Corte di Cassazione ha, inoltre, sottolineato che il grave conflitto tra i genitori può essere considerato di per sé causa di esclusione dell’affidamento condiviso solo
quando rappresenti un serio ostacolo per l’equilibrio e per il corretto sviluppo psico-fisico dei figli, interesse primario e superiore rispetto alle ragioni dei genitori.
La Corte di Cassazione, pertanto, ha rigettato il ricorso, evidenziando ancora una volta come alla regola dell’affidamento condiviso dei figli possa derogarsi solo quando la sua applicazione sia pregiudizievole per il minore, dovendo in ogni caso la sua esclusione essere adeguatamente motivata, non rappresentando circostanza di per sé sufficiente la residenza all’estero di uno dei genitori.
La giurisprudenza di legittimità, perciò, appare conforme ai principi che hanno ispirato il legislatore del 2006 e del 2013, volti a tutelare l’interesse preminente dei figli minori a crescere mantenendo rapporti continui e proficui con entrambi i genitori, che ne garantiscano l’equilibrio ed il corretto sviluppo psico-fisico anche a seguito della crisi coniugale o della cessazione della convivenza.
A cura di Elisa Fea.