Pensate che quei 13 fine settimana corrispondono a 39 giorni, per cui saremmo di fronte ad una media di quasi 5 motociclisti morti ogni giorno con una punta di 8 morti al giorno nel primo fine settimana di agosto.
In sostanza, e per paradosso, se questa media giornaliera fosse quella di ognuno dei 365 giorni arriveremmo a 1.731 morti l’anno fra i soli motociclisti, rispetto al totale dei 685 motociclisti deceduti in tutto il 2018 secondo i dati Istat. Ovviamente
i mesi invernali raffreddano questa media imbarazzante.
Andiamo nel dettaglio in quattro fine settimana di giugno abbiamo avuto il record di 70 motociclisti morti in incidenti stradali.
La voglia di moto dopo un mese di maggio piovoso e freddo ha certamente influito nel determinare uscite in massa su statali, passi appenninici, località marine con un incremento oggettivo dei fattori di rischio.
Nei 4 fine settimana di luglio le cose sono andate un po’ meglio con 45 morti negli incidenti che hanno coinvolto motociclisti. Sempre tanti.
Nei 5 fine settimana di agosto altre 70 vittime con il record assurdo di 22 schianti mortali con 25 morti nel primo fine settimana di agosto, a causa di tre plurimortali. Quando raccoglievamo i dati di quel maledetto week end non credevamo ai nostri occhi. Non avevamo memoria di cifre simili con la media 8 motociclisti morti ogni giorno.
La gran parte degli incidenti mortali dei motociclisti nei fine settimana è avvenuta al nord. Delle 185 vittime 28 si sono contate in Lombardia, 19 in Veneto e in Emilia Romagna, 18 nel Trentino Alto Adige, 8 in Piemonte. Poi 18 in Puglia, 12 nel Lazio e 11 in Campania e 15 in Sicilia. Cifre più basse nelle altre regioni.
E' difficile individuare i fattori di una tale assurda tragedia. Fattori che sicuramente sono molteplici e che vanno dai comportamenti con assunzione di rischio dei motociclisti spesso refrattari al rispetto delle regole della strada, tutti vediamo sorpassi e pieghe da brivido sulle strade, specie le statali o nei passi “santuario” dei bikers.
Ci sarebbe da fare anche un discorso ampio sulla potenza delle moto vendute sul mercato, sempre più sovrapponibile a quelle della pista.
Ma altrettanto potremmo dire della responsabilità e superficialità di molti automobilisti sempre più distratti alla guida e schiavi della nuova forma di distrazione di massa: quella del cellulare alla guida utilizzato sempre più spesso non solo in fonia ma anche in messaggistica e navigazione sul web o addirittura con i selfie.
Le dinamiche classiche degli incidenti più gravi col coinvolgimento dei dueruotisti hanno una frequente connotazione: una vettura che svolta a sinistra col conducente che non si accorge dell’arrivo in senso contrario o da dietro del motociclista, che ovviamente ha sempre la peggio. Facciamo uno sforzo perché i motociclisti si rendano sempre più visibili con giubbetti retroriflettenti già adottati in diversi altri Paesi.
Aggiungiamo la condizione delle strade che in molti casi diventa moltiplicatore dei rischi: buche, segnaletica orizzontale, guard rail “affettatori”, strade non illuminate.
Infine quale ultimo, ma non ultimo, fattore la carenza ormai tristemente accettata di pattuglie sulle strade. In particolare sulle statali, le arterie più pericolose, dove alla presenza di pattuglie della Polizia Stradale si è fatta via via più rara. In 10 anni 2008 –2018 sono oltre 79.000 le pattuglie in meno schierate su statali e provinciali, cioè 216 in meno ogni giorno.
Serve un riposizionamento della vigilanza sulle strade, servono campagne informative mirate ed efficaci e sono non più rinviabili interventi sulla manutenzione delle strade per garantirne parametri minimi di qualità.
Insomma la serie di numeri tragici della mortalità dell’estate appena trascorsa non hanno bisogno di altri commenti. Ma di fatti quelli sì.
A cura di Giordano Biserni.