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La SRL conviene davvero?

13/4/2021

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Il secondo di due approfondimenti  per scoprire se la Società a Responsabilità Limitata è davvero così conveniente come si pensa. 
Nella prima puntata abbiamo visto i limiti della Srl che attrae sia chi ha già un’attività, sia chi vuole intraprenderne una, per la limitazione della responsabilità, anche se spesso aggirata dalla prestazione di garanzie personali, e dall’errata convinzione che la società consenta un risparmio di imposte. Integriamo le motivazioni teoriche indicate nel primo articolo, con un esempio relativo ad una società con un reddito lordo di 100.000 euro, in cui un socio detiene il 50% delle quote.

Nel caso di società di persone, le imposte dovute ammontano ad euro 12.135, con una incidenza del 24,3% contro le 19.904 (39,8%) di una Srl in cui l’utile viene distribuito all’80%. Lo svantaggio rimane tale, pur inferiore, se invece di procedere con la sola distribuzione di dividendi, viene previsto un compenso per l’amministratore di 25.000 euro (imposte dovute di 14.317 euro, pari al 28,6% del reddito lordo).

In questa seconda puntata analizzeremo innanzitutto le possibili soluzioni per mitigare gli effetti negativi nei casi in cui la compagine sociale oppure le strategie dell’impresa, rendano la Srl una scelta “obbligata”.

La prima possibilità, anche se più costosa dal punto di vista amministrativo e, pertanto, logica nei casi di strutture più articolate, è quella di utilizzareuna società “holding” per detenere le quote, evitando così l’obbligo dei soci di versare i contributi alla gestione INPS. Al contrario di quanto si creda la holding non consente, invece, un risparmio sui dividendi, perché la persona fisica a valle della catena del controllo è comunque sempre assoggettato alla tassazione del 26%.

Nel caso, invece, di Srl più piccole, è preferibile adottare la figura del socio-dipendente della società, anziché di socio-amministratore, sempre nella logica di evitare la doppia contribuzione Inps che, ricordiamolo, è indipendente dalla distribuzione degli utili ai soci. Un’alternativa è quella di lasciare la maggioranza della società ad uno o più soci che apportano soltanto capitale, mentre una quota minoritaria ai soci amministratori. I primi sarebbero gravati dalla “sola” imposta sui dividendi, i secondi dall’Irpef dovuto sul compenso.

E' bene, però, sottolineare come questi accorgimenti, pur rendendo più efficiente la gestione fiscale, non garantiscono sempre un effettivo risparmio. Vediamo ora alcune situazioni in cui, diversamente da prima, è conveniente optare la Srl.

Un caso importante, forse il principale, è quello in cui il socio abbia già altri redditi posti a tassazione Irpef. In questo caso la tassazione sostitutiva del 26% sugli utili prelevati diventa conveniente se la sua aliquota media Irpef fosse superiore.

Per tornare all’esempio iniziale, laddove il socio avesse ulteriori redditi per 30.000 euro, la soluzione della 
società personale diventerebbe la meno conveniente, mentre sarebbe da prediligere la distribuzione dell’
utile sotto forma di dividendi. Un dubbio diffuso è se sia preferibile per i soci puntare sull’erogazione dei dividendi ovvero prediligere i compensi come amministratore.

Dilemma evidentemente valido per i soci amministratori. Una risposta generale e tendenzialmente valida è quella di optare sul compenso da amministratore laddove non si abbiano altri redditiposti a tassazione Irpef, per poter beneficiare delle deduzioni e detrazioni disponibili. In sintesi, come per tutte le decisioni, non esiste una forma giuridica migliore di altre ma, prima di costituire una Srl, è necessario fare parecchie micro-simulazioni fiscali.

A cura di Paolo Ferraris.
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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