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La risposta australiana al Covid-19: cultura e ricerca

1/6/2020

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La crisi Covid19 ha travolto le abitudini di vita di tutti. In Italia abbiamo dovuto fronteggiare per mesi una emergenza sanitaria senza precedenti che, però, in poco tempo si è diffusa ovunque nel mondo. Anche il volto delle città è cambiato radicalmente. L’Australia non ha fatto eccezione, applicando il distanziamento sociale. 
Un lockdown indispensabile per contenere il Coronavirus e prioritario per salvare centinaia di vite. Arginare una pandemia è apparsa a tutti una decisione necessaria, che, però, ha mostrato una ricaduta economica.

L’aumento della disoccupazione è stata, infatti, la conseguenza più drammatica di questa emergenza sanitaria: quasi 600.000 australiani hanno perso il lavoro.

Il tasso di disoccupazione è salito al 6,2% nel mese di aprile, ricadendo in modo più pesante sugli studenti stranieri, tanti italiani qui residenti da anni e a contratto temporaneo o part time. Conseguenza seria anche per tanti giovani con il visto vacanza-lavoro, che in Australia coniugano l’apprendimento della lingua inglese con i primi approcci al mondo dell’occupazione.

Una situazione preoccupante che ha costretto quelli disoccupati e con scarsi mezzi di sostentamento a ritornare in patria, gli altri a resistere in condizioni di precarietà a volte insostenibile.

In poco tempo tuttavia, l’Australia ha compreso la necessità di proteggere il più possibile il comparto educativo e giovanile, perché una sua carenza prolungata potrebbe avere conseguenze sull’intera economica locale. Parte di queste sono già visibili.

Questo perché l'educazione superiore e secondaria è una delle fondamentali risorse economiche. Porta nelle casse erariali miliardi di dollari all'anno. Un suo collasso, seppur provvisorio, metterebbe a rischio migliaia di posti di lavoro.

Si stima, infatti, che il blocco delle iscrizioni studentesche straniere costerà quest'anno almeno tre miliardi di dollari tra università, TAFE, fornitori privati di istruzione e formazione professionale e college di lingua inglese.

Solo nel 2018, il 26 percento delle entrate totali degli atenei nazionali è stato ricavato dalle tasse degli studenti internazionali. Tra questi, ve ne sono numerosi che decidono di prolungare la loro permanenza nel Paese, intraprendendo un corso di studi specialistico dopo aver terminato il periodo concesso per il Working Holiday Visa. Certo il governo centrale australiano ha agito con senso di responsabilità per limitare i danni, sostentando gli stessi studenti internazionali, ma privilegiando cittadini e residenti. Gli interventi dei governi locali sono stati, però, decisamente più incisivi.

Valide, infatti, le iniziative intraprese da parte di istituti di istruzione; le Università in NSW hanno stanziato investimenti per 180 milioni di dollari, lo Stato un pacchetto da 20 milioni di dollari per i bisognosi, per conservare anche la leadership continentale.

È stato istituito anche un apposito programma per fornire alloggio temporaneo agli indigenti. Anche In Victoria per 40.000 studenti internazionali è stato deciso un aiuto fino a 1.100 dollari, per un complessivo di 45 milioni.

Oltre 150.000 studenti stranieri beneficeranno del programma di sussidi per l'affitto, con somme fino a 2.000 dollari. Non alloggi come in NSW, ma fondi diretti, che, in realtà, creeranno risorse per il settore immobiliare colpito dalla carente liquidità dei locatari.
Un supporto indispensabile attraverso scelte mirate a salvare un settore molto solido.

L'istruzione internazionale ha generato lo scorso anno 12,6 miliardi di dollari di entrate solo nel Victoria, impiegando circa 79.000 persone.

Si tratta di aiuti statali, strumenti e risorse che però nulla avrebbero potuto senza l’essenziale supporto dei privati e dei volontari. Sono loro la chiave vera per superare realmente la crisi attuale, perché lo Stato non basta, serve l’iniziativa dei singoli e il loro contributo.

Questo aspetto è emerso con orgoglio proprio tra i membri della comunità italo australiana, attraverso una vera gara di solidarietà. La nostra numerosa comunità ha risposto anche all’appello delle famiglie italiane lontane, riscoprendo quei valori di collaborazione sociale che ci hanno reso un simbolo nel mondo.

Tante iniziative assunte con la consapevolezza che le misure governative, infatti, seppure consistenti non bastano. Tanto vale per studenti e ragazzi in Working Holiday Visa, visto vacanza-lavoro.

Nello specifico, i giovani, di solito assunti part time e casual, impiegati principalmente nell’hospitality, divisi tra preoccupazioni per i familiari lontani e difficoltà economiche, hanno subito il maggiore contraccolpo economico e psicologico. La comunità italo australiana è stata la loro fondamentale rete di sostegno, attraverso l’Ambasciata a Canberra, le Autorità Consolari, i Com.It.Es.,il Co.As.It. i Patronati, le Associazioni regionali e religiose, il CGIE e le CCIE.

Ad esempio, la fondazione religiosa Padre Atanasio Gonelli, con il suo Presidente Felice Montrone assieme alla associazione no profit Nomit, Italian Network of Melbourne, hanno raccolto oltre centomila dollari attraverso una Radiothon in collaborazione con Rete Italia. Somme devolute in buoni spesa da 100 dollari e prestiti d’onore da 500, con il programma di microcredito MANO.

È stata una dimostrazione di affetto dell’Italia lontana verso il Paese, un gesto di partecipazione verso chi combatte con entusiasmo cercando di trovare una collocazione permanente downunder, in ricordo dei medesimi sacrifici affrontati in tempi passati. Tanti giovani italiani ritengono questa la propria terra di adozione e si impegnano nel rafforzare un solido legame studio-cultura-lavoro decennale.

Un legame che rafforza le economie interne di entrambi i nostri Paesi.

​L’Australia risponde al Covid19 non soltanto con un sostegno al tessuto economico del Paese, ma anche investendo in cultura e ricerca. 

A cura dell’On. Nicola Carè.
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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