Le forze politiche del centrodestra, in sinergia con i vertici del Mef e dell’Inps, devono garantire un percorso che individui una flessibilità in uscita dei lavoratori a basso costo, senza intaccare gli equilibri della maggioranza e senza precludere il dialogo con le parti sociali. L’ipotesi più avvalorata sarebbe un’operazione che metta in campo nel 2023 Quota 41 associata al requisito anagrafico minimo di 61 o 62 anni, vincolo che potrebbe vedere esentate alcune categorie specifiche di lavoratori.
Il paletto dell’età diventerebbe più flessibile per fissare a regime il pensionamento anticipato con 41 anni di versamenti contributivi, sempre compatibilmente con i conti pubblici. Sarebbe dunque una Quota 102 o 103 di fatto, versione riveduta rispetto a quanto finora in vigore, che decadrà a fine anno (64 anni di età e 38 di contributi). Il costo potrebbe oscillare tra i 600 e gli 850 milioni di euro, e la proroga di Opzione Donna e Ape sociale – considerata praticamente certa – consentirebbe di rimanere sotto il limite del miliardo sulla prossima manovra. Un’altra proposta, particolarmente cara alla Premier Meloni, sarebbe Opzione Uomo: non penalizzerebbe oltremodo i conti e la posizione dell’Italia in Europa.
L’opzione è finora riservata alle donne, lavoratrici dipendenti e autonome, e consente il pensionamento a 58-59 anni con 35 di contributi, ma con una penalizzazione fino a un terzo dell’assegno. Anche altre ipotesi di uscite flessibili tra 61 e 67 anni - vagliate da FdI - comporterebbero un costo, una rinuncia per ogni anno di anticipo rispetto ai requisiti Fornero. Ape sociale invece non è una pensione ma una misura assistenziale, un assegno ponte che traghetta disoccupati e lavoratori in difficoltà - compresi gli addetti a mansioni gravose - verso la pensione consentendo loro l’uscita a 63 anni. Poi c’è invece - strutturale - la via d’uscita per i “precoci”, lavoratori che hanno iniziato a lavorare prima dei 15 anni e che possono uscire con 41 anni di contributi solo però se nelle categorie svantaggiate dell’Ape sociale.
Cosa succede invece se non si troveranno margini nella manovra per il 2023? I requisiti Fornero torneranno a prevalere, in quanto solo derogati da Quota 100 e Quota 102. E quindi: 67 anni e 20 di contributi per la pensione di vecchiaia oppure 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne) per la pensione anticipata (ex pensione di anzianità).
È chiaro che occorrerà tenere conto delle indicazioni del Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che – seppure in veste di tecnico – resta un esponente di peso della Lega. Non sarà facile per lui bocciare Quota 41 in forma secca, richiesta che arriva dal suo partito. Dovrà infatti fare i conti con le poche risorse a disposizione senza derogare ai vincoli di un bilancio in sofferenza, per evitare che il neonato governo finisca subito nel mirino di Bruxelles.