Esportazioni nette in severa contrazione a causa della forte crescita dei consumi interni e a maggiore preferenza per le importazioni nella quota di mercato e a causa della minore elasticità delle esportazioni rispetto al deprezzamento del renminbi, esportazioni che crescono solo in termini di prezzo (in renminbi convertite) e non reali, anzi calanti in termini reali, al punto che il conto corrente riduce il saldo attivo poiché l'effetto prezzo non compensa l'effetto quantitativo.
Una delle ragioni per le quali i Cinesi, pur in presenza di dazi sostanziali sulle importazioni e autentici divieti talvolta mostrano una crescita della propensione marginale al consumo di beni importati anziché locali è che la Cina ha stretto accordi bilaterali con Germania e Spagna su indotto turistico e indotto di distribuzione di agroalimentare spagnolo e tedesco.
Un'altra ragione è insita nell'aumento dei costi di produzione interni cinesi rispetto a quanto si osserva in Europa, soprattutto sul fronte del deflatore del PIL e dell'inflazione core. La Banca Centrale Cinese riduce le riserve di valuta estera ma incrementa leggermente le esposizioni in oro, recentemente ha compiuto una necessaria stretta monetaria per trattenere capitali, col rischio tuttavia di raffreddare l'economia e dunque potenzialmente costringere il regime stesso che la governa a inasprire i controlli ai movimenti di capitali. Se la Cina intendesse bloccare il deprezzamento del renminbi dovrebbe smettere di sussidiare imprese inefficienti e liberalizzare molti comparti economici, magari rimborsando le licenze a chi le ha già pagate (anche in Italia abbiamo problemi analoghi). Inoltre dovrebbe privatizzare diverse municipalizzate in perdita e imporre misure draconiane (piani regolatori) che ostacolino l'edificazione, se non altro perché poi la Cina dipende dalle importazioni per nutrirsi e dall'immigrazione qualificata ma abnorme per evitare l'esplosione della bolla immobiliare. Stay tuned!
A cura di Vinicio Paselli