Fatta la Pac, adesso bisognerà studiarla. E applicarla nel segno della sua valenza economica, ambientale e sociale utilizzando al meglio le risorse finanziarie disponibili, nell’interesse degli agricoltori e di tutti i cittadini europei.
La Politica agricola comune che abbiamo approvato in via definitiva il 23 novembre scorso al Parlamento europeo è un’ architrave normativa dell’Unione ormai da sessant’anni. Ma la riforma che abbiamo definito questa volta, che entrerà in vigore nel 2023 per accompagnarci fino al 2027, rappresenta infatti una svolta storica per i contenuti innovativi e gli obiettivi ambiziosi che contiene. Non solo per i quasi sette milioni di aziende agricole attive nell’Ue, ma anche per i circa 450 milioni di cittadini e consumatori che beneficeranno di questa politica in termini di sicurezza alimentare e per la qualità del cibo che garantisce. E tutto questo con un budget di 387 miliardi di euro, pari al 32% del totale comunitario, di cui quasi 51 destinati all’Italia.
La nuova Pac prevede un sistema in base al quale ogni Stato membro deve predisporre un Piano strategico nazionale, tarato sulle proprie caratteristiche e condizioni territoriali, contenente sia le tradizionali misure del cosiddetto primo pilastro – quello dei pagamenti diretti – e quelle del secondo pilastro (Sviluppo rurale).
Il Piano deve indicare come lo Stato intenda raggiungere nove obiettivi chiave: garantire un reddito equo agli agricoltori; aumentare la competitività; riequilibrare la distribuzione del potere nella filiera alimentare; agire per contrastare i cambiamenti climatici; tutelare l'ambiente; salvaguardare il paesaggio e la biodiversità; sostenere il ricambio generazionale; sviluppare aree rurali dinamiche; proteggere la qualità dell’alimentazione e della salute.
Ma la prossima Pac è stata pensata anche per dare un forte contributo al raggiungimento degli obiettivi che l’Unione si è posta con il New Green Deal, il Patto con i consumatori per sostenere la lotta contro i cambiamenti climatici. E questo destinando almeno un quarto degli aiuti diretti a un menù di eco-schemi e almeno il 35% dei fondi per lo Sviluppo rurale a misure ad alto valore ambientale.
Per vincere queste sfide sarà necessario un forte e puntuale contributo da parte delle Regioni, che saranno protagoniste nella redazione e nella applicazione dei Piani strategici nazionali.
Fino al 25% della dotazione nazionale per i pagamenti diretti, potrà essere traferita nel budget per lo sviluppo rurale. Allo stesso modo, fino al 25% del budget per lo sviluppo rurale potrà andare a integrare la dotazione nazionale per i pagamenti diretti; quest’ultima percentuale potrà essere aumentata di un’ulteriore 15% per finanziare pratiche utili al contenimento del cambiamento climatico, e di un ulteriore 2% per il supporto dei giovani agricoltori.
Novità anche sul fronte degli strumenti assicurativi. Oltre al mantenimento degli attuali strumenti, finanziati fino al 70% tramite i fondi per lo sviluppo rurale (assicurazioni contro la perdita di produzione, fondi mutualistici contro la perdita di produzione e strumento di stabilizzazione del reddito) per perdite superiori al 20% della media dei 3 anni precedenti (o 5 anni, non considerando due annate, la più e meno positiva), viene introdotta anche la possibilità di stipulare polizze assicurative contro la perdita di reddito. Inoltre gli Stati membri potranno accantonare fino al 3% dei fondi del primo pilastro per la creazione di un fondo mutualistico su scala nazionale, che porti obbligatoriamente tutti gli agricoltori a proteggersi dai rischi di perdita di produzione.
Per quanto riguarda la gestione dell’offerta, le attuali regole che concedono di regolamentare l’offerta di formaggi e salumi e vini saranno estese a tutti i prodotti a Denominazione di origine e Indicazione geografica protetta. In aggiunta, la normativa che al momento concede al solo settore lattiero-caseario di introdurre schemi volontari di riduzione dell’offerta in situazioni di gravi squilibri di mercato, verrà estesa a tutti i settori.
La futura Pac prevede anche deroghe al diritto della concorrenza. Nel caso di accordi e pratiche concordate tra produttori, volte ad introdurre standard di sostenibilità ambientale, di salute e benessere animale più ambiziosi rispetto a quelli previsti dalle normative nazionali e dell’Unione, non saranno infatti applicabili le norme Ue in materia di concorrenza.
Viene anche istituita una nuova riserva permanente di crisi con l’obiettivo di aiutare gli agricoltori nel caso di volatilità dei prezzi e dei mercati. Questa riserva dovrà operare con un budget annuale minimo di 450 milioni di euro, che potranno essere aumentati grazie a entrate e margini di bilancio e, solo in ultima istanza, tramite la disciplina finanziaria, vale a dire un accantonamento lineare dei diritti all’aiuto di ciascun beneficiario Pac che riceva pagamenti per più di 2mila euro.
E poi questa Pac, per la prima volta nella sua storia, prevede la cosiddetta ‘condizionalità sociale’, ossia un sistema finalizzato a tutelare i diritti dei lavoratori nelle aziende agricole. Nei testi legislativi alla base della riforma è stato inserito infatti un meccanismo che, senza creare alcun onere amministrativo aggiuntivo, eviterà che fondi pubblici vengano destinati a quegli imprenditori che non rispettano le condizioni minime di lavoro dei propri dipendenti. Nel caso in cui verrà accertato, nell’ambito dei normali controlli effettuati dalle autorità nazionali competenti, che un agricoltore viola tali norme, l’autorità competente dovrà trasferire l’informazione all’organismo pagatore dello Stato membro, che taglierà in una misura ancora da definire i diritti all’aiuto Pac.
Tale meccanismo entrerà in vigore su base volontaria già dal 2023 e sarà obbligatorio per tutti gli Stati membri dal 2025. In aggiunta, per i settori del vino e e dell’ortofrutta ci sarà la possibilità di finanziare, tramite i programmi operativi di settore, misure specifiche per il miglioramento delle condizioni dei lavoratori agricoli.
A cura di Paolo De Castro