La Cina recentemente ha imposto restrizioni alla conversione da parte delle banche dei renminbi (Yuan) in altre valute e, a quanto trapela, avrebbe "consentito" di imporre commissioni sulla conversione dei bitcoin & c. da parte delle imprese finanziarie che se ne occupano.
Il Bitcoin probabilmente farà fronte fra qualche tempo a una deflazione dei prezzi, ossia a un suo incremento di potere d'acquisto (in bitcoin), dato il tetto prefissato di cui potete trovare informazioni su internet. Tuttavia la BCE parlandone, insieme alla banca canadese, alla banca centrale britannica e a quella elvetica, ha di certo stimolato interesse verso le criptovalute, se non altro anche per via dei test da parte di operatori finanziari, di cui talvolta si parla. I contorni legali sono poco definiti ancora.
Ad ogni modo il Bitcoin si avvicina molto al gold standard concettualmente e, soprattutto per i cinesi, rappresenta una "via di fuga" rispetto all'eccesso di massa monetaria emessa. Non credo che le criptovalute in Cina potranno essere scambiate in cambio di servizi con altri Paesi ancora a lungo, se non altro perché la Cina ha necessità di mantenere una politica protezionistica e i bitcoin sono troppo liberi e democratici. Inoltre non è esattamente chiaro il caso di quella regione cinese che avrebbe manipolato la contabilità generale e quella della crescita economica. Non abbiamo esattamente chiara la realtà; va ricordato comunque che, essendo la Cina a livello privato creditrice netta sul mondo, una svalutazione del renminbi dovrebbe agevolarla, ovviamente se non troppo violenta, in quanto altrimenti genererebbe troppa inflazione e dunque potenzialmente stagnazione o recessione. Il mondo è in moto?
A cura di Vinicio Paselli