La società, fortunatamente, riconosce questo grande impegno e ricambia con grande stima spingendo le Forze dell’Ordine quale istituzione, al vertice della fiducia dei cittadini. Il problema è insito nei settori del sistema ove è riposto il potere, politico, giudiziario, mediatico e nella pseudo cultura autoreferenziale italiana che nutrono un forte pregiudizio. Utilizzo spesso uno slogan da me lanciato - ad ogni asino che raglia finiamo alla sbarra - , chiaramente questa metafora ha una funzione comunicativa ed esprime una verità incontrovertibile, l’anello debole della catena sono le Forze dell’Ordine, perché il primo e naturale strumento di difesa da parte dei criminali arrestati è quello di cercare di procurarsi una lesione per poter accusare poi l’operatore. Infatti normativamente la parola del Pubblico Ufficiale vale fino a prova contraria, quindi è chiaro che in sede processuale ha una valenza maggiore. E deve essere necessariamente così anche e soprattutto perché il Pubblico Ufficiale fa parte delle funzioni dello Stato e svolge una funzione ben specifica.
Se invece, attraverso una denuncia, il Pubblico Ufficiale diviene imputato in un procedimento connesso automaticamente si fa saltare lo schema, perché vi è un conflitto di interessi per cui la valenza della testimonianza dell’operatore delle Forze dell’Ordine viene “declassata” e la sua parola ha la stessa valenza di quella del mascalzone che ha arrestato. Per tanti anni ci è posti il problema su come intervenite al fine di sanare queste enorme problema, fino a quando la tecnologia e il calo dei costi dei materiali elettronici ci ha permesso di fare un grande passo in avanti, attraverso le telecamere.
Nel 2013 il SAP da Bologna fece partire la campagna “Verità e Giustizia”, perché l’unico modo per sconfiggere la menzogna che aleggiava e il pregiudizio nei confronti delle Forze dell’Ordine, era quello della verità. Immagini, scene videofono registrate, e oggi inviate direttamente a un server, che certificano la reale dinamica degli eventi. Per fare un esempio banalissimo, se una persona viene accompagnata in questura e palesemente ha il segno di un ceffone nel viso le telecamere potranno dimostrare che nella logica e nello spirito del minor sacrificio, l’operatore di polizia ha tirato la sberla per immobilizzare chi, con un bastone, voleva colpirlo al capo, mettendo a rischio non solo la sua incolumità ma anche la vita. Quindi ci sarà giustizia, altrimenti, se non ci fosse la telecamera difficilmente l’operatore delle Forze dell’Ordine riuscirebbe a smarcarsi da quest’accusa.
Nel sistema anglosassone, facendo una riflessione banale, i produttori di Body-cam, utilizzano il modulo pubblicitario per far acquistare lo strumento tecnologico allo scopo di difendersi dagli eventuali abusi delle Forze dell’Ordine. Una campagna che ha trovato la sponda di una parte politica, in modo particolare da Matteo Salvini e dalla Lega. In Italia sono gli stessi operatori che lo chiedono, mettendo in luce che il nostro non è un sistema normale.
Questo strumento, chiaramente, oggi può essere veramente un elemento qualificante, un avvicinamento nel rapporto tra cittadino e Stato perché i malintenzionati non potranno più attentare all’onorabilità dei servitori dello Stato trascinandoli in processi disumanizzanti, ma, parimenti, non potranno più attentare all’onorabilità delle istituzioni nel suo complesso allontanando quella falsa descrizione di un branco di bruti in uniforme che escono per malmenare le persone.
La telecamera è uno strumento importantissimo, la cosa che mi ha sorpreso da quando abbiamo lanciato la campagna è stato il grande favore espresso da tutto l’apparato della sicurezza, è stato un gesto di grande coraggio, in quanto temevamo che i colleghi Poliziotti, Carabinieri, Finanzieri, la Polizia Penitenziaria e la Polizia Locale avessero timore di dover essere controllati. Invece è stata accolta come un’idea liberatoria dal giogo della menzogna, finalmente. Hanno visto in questo strumento il mezzo per affrancarsi dalle bugie che attentavano solo alla loro serenità ma anche al loro patrimonio e l’onorabilità delle loro famiglie.
Oggi questa è una realtà nei servizi di ordine pubblico, non è sufficiente, infatti chiediamo telecamere su tutte le divise, su tutte le auto e in tutti le camere di sicurezza, affinchè non vi sia dubbio gli operatori agognano rispondere di fronte alla comunità di ogni loro respiro, di ogni loro gesto; escono per fare del bene e non hanno timore di essere controllati. Il problema e la cosa curiosa e che una realtà così elementare non sia stata abbracciata da tutti coloro che invece, all’interno del “partito dell’antipolizia” hanno in tutti questi anni promosso l’idea degli alfanumerici (i cosiddetti numeretti).
Questi ultimi hanno invece grandi controindicazioni, li ritengo un metodo da “maniscalco”, per dire che sono un metodo arcaico, superato dai tempi, nato in paesi stranieri con le migliori intenzioni per meglio controllare anche i servitori dello Stato, ma è uno strumento che ha mostrato alcune controindicazioni. La prima è quella del fatto che con questi molte volte i codici vengono utilizzati per catalogare gli operatori, molto spesso sono state rinvenute,a seguito di operazione di Polizia, veri e proprio elenchi, schedature e liste di proscrizione di colleghi e dei relativi famigliari, il secondo è quello delle false denunce, perché chiaramente è impossibile poter condannare per falso, visto che serve un dolo specifico in questo caso, chi dovesse affermare che un determinato operatore, con determinato numero, in un contesto di guerriglia urbana lo ha colpito. Si possono confondere un 1 con un 7 una B con una P in una denuncia e sarà molto difficile dimostrare la falsità di quanto avvenuto. In tal modo la persona denunciante sarà sempre tutelata e non avrà timore di una condanna nel momento in cui innonderá gli uffici di Polizia e delle Procure di queste denunce. La terza controindicazione è legata alla dignitá, i numeri richiamano ed evocano tempi passati come quelli della seconda guerra mondiale che certamente nessuno vorrebbe ripercorrere, è sempre una classificazione, è una schedatura e un qualche cosa di obiettivamente negativo.
Le telecamere superano ogni controindicazione eppure nonostante ciò i sostenitori degli alfanumerici non hanno abbracciato l’idea delle telecamere e continuano a puntare sui numeretti, quando per converso, la telecamera metterebbe a nudo l’operato delle Forze dell’Ordine. Questa riluttanza verso le telecamere è determinata dal fatto che hanno una grande difetto assolutamente inaffrancabile: le telecamere non perdonano niente a nessuno. Proprio per questo il partito dell’Antipolizia che ammicca ai mascalzoni sa perfettamente che le immagini incastrerebbero malintenzionati, criminali e i professionisti del disordine pubblico. Ecco perché non le vogliono. Ecco perché continuano a sostenere le ragioni dei numeri.
Il primo passo è stato fatto, la breccia è stata aperta, spero che il mio disegno legge sulle Garanzie Funzionali che proprio all’articolo 1 prevede la collocazione di telecamere su tutte le divise, in tute le auto e nelle camere di sicurezza possa presto trovare approvazione da parte del Parlamento, tra l’altro la manovra non ha costi perché l’investimento iniziale verrebbe ampiamente compensato dal potere deflativo del dibattimento in sede processuale che porterebbe un risparmio di spesa infinitamente superiore. Questo è un grande passo in avanti per le dotazioni delle Forze dell’Ordine, nel prossimo numero vi parlerò di un’altra grande battaglia che ha portato alla fornitura di un’altro strumento alle donne e agli uomini in uniforme, il Taser.