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La futura PAC, una pietra miliare per l’UE

13/8/2021

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In quasi 60 anni di storia, li compirà nel 2022, una Politica Agricola Comune così non si era mai vista.
Garanzia di reddito per gli agricoltori, tutela dell’ambiente e dei lavoratori. Con benefici diretti e indiretti per tutti, dai campi alle tavole dei consumatori. In quasi 60 anni di storia (li compirà nel 2022) una Politica agricola comune così non si era mai vista. Poggiata su tre pilastri e sul coinvolgimento economico di tutti i cittadini europei, con un corposo impianto di legge basato su tre regolamenti e accompagnato da adeguate risorse finanziarie fino al 2027. 

L’accordo politico sulla futura Pac (entrerà in vigore nel 2023) che abbiamo raggiunto a fine giugno in sede di Trilogo tra Commissione, Parlamento e Consiglio rappresenta una pietra miliare di questa politica ‘trasversale’, sempre più articolata ma equa, trasparente ed eco-sostenibile. 

Il testo dell’accordo, già validato quasi all’unanimità (con la sola eccezione della Bulgaria) dai ministri agricoli dell’Unione, insieme ai punti tecnici ancora da risolvere, sarà completato nelle prossime settimane e in autunno dovrà essere sottoposto al voto della commissione Agricoltura e della Plenaria del Parlamento europeo, così come all’ok finale da parte del Consiglio. 

Sul piano finanziario, la Pac rappresenta il 31,95% del budget totale dell’Unione per il periodo 2021-2027, con una dotazione di 386,6 miliardi di euro a supporto di quasi 7 milioni di aziende agricole europee. 

Tra i principali punti, la nuova Politica agricola introduce un nuovo sistema, secondo il quale ciascuno Stato membro sarà tenuto a redigere un Piano strategico nazionale, basato sull’analisi delle proprie condizioni, e che conterrà sia le misure del primo che del secondo pilastro (Pagamenti diretti e Sviluppo rurale), da sottoporre alla Commissione entro il 31 dicembre 2021. La Commissione avrà poi a disposizione 6 mesi per la valutazione e approvazione del Piano, che entrerà ufficialmente in vigore, come accennavo, l’1 gennaio 2023. 

Il Piano dovrà specificare come ciascun Stato membro intenda raggiungere i nove obiettivi chiave identificati per la futura Politica agricola comune, vale a dire: garantire un reddito equo agli agricoltori, aumentare la competitività, riequilibrare la distribuzione del potere nella filiera alimentare, agire per contrastare i cambiamenti climatici, tutelare l’ambiente, salvaguardare il paesaggio e la biodiversità, sostenere il ricambio generazionale, sviluppare aree rurali dinamiche, proteggere la qualità dell’alimentazione e della salute. 

Ogni Stato membro dovrà inserire all’interno del proprio Piano strategico una definizione di agricoltore attivo, secondo criteri obiettivi e non discriminatori, come l’utilizzo di registri nazionali che identifichino i beneficiari dei pagamenti diretti. 

Tali beneficiari dovranno svolgere almeno un’attività agricola minima, senza quindi escludere agricoltori pluri-attivi e part-time. Gli Stati membri, avranno poi la possibilità di definire una lista negativa di soggetti che verranno automaticamente esclusi, come aeroporti, strutture sportive e altre. 

Per garantire stabilità e prevedibilità, il sostegno al reddito rimarrà un elemento essenziale della Pac con il 75% del budget totale destinato alle misure del primo pilastro, e in particolar ai pagamenti di base, che per l’Italia ammontano a 3,63 miliardi di euro l’anno, e che continueranno a essere in funzione delle dimensioni in ettari dell’azienda agricola. Per accedere a tali pagamenti, gli agricoltori dovranno rispettare i criteri di condizionalità, vale a dire le buone pratiche agro-ambientali, che passano dalle attuali 7 a 9. Vengono infatti introdotte anche la rotazione (o diversificazione) colturale, così come l’obbligo di aree non produttive. 

Le piccole aziende sotto i 10 ha saranno esentate da questi due obblighi aggiuntivi, al pari delle aziende che destinano almeno il 75% della propria superficie a foraggere o colture sommerse. 

La novità assoluta contenuta nella nuova Pac è quella della dimensione sociale. Per la prima volta dalla sua istituzione, nel 1962, viene infatti inserito il vincolo del rispetto delle normative vigenti in materia di diritti dei lavoratori, particolarmente rilevanti per il settore agricolo. 

Senza creare alcun onere amministrativo aggiuntivo, nel caso in cui venga accertato, nell’ambito dei normali controlli effettuati dalle autorità nazionali competenti, che un agricoltore violi tali normative, l’autorità competente dovrà trasferire l’informazione all’organismo pagatore Pac dello Stato membro, che comminerà una riduzione dei diritti all’aiuto. Tale meccanismo entrerà in vigore volontariamente già a partire dal 2023, e sarà obbligatorio per tutti gli Stati membri dall’1 gennaio 2025. 

A conferma dell’impronta ambientalista pensata per questa Pac, l’Unione ha inserito eco-schemi obbligatori per gli Stati membri, ma volontari per gli agricoltori, che consisteranno in pratiche quali l’agricoltura biologica, l’agro-ecologia, la difesa integrata dalle specie nocive, il risparmio idrico, ma anche misure volte a migliorare il benessere animale, per un valore minimo del 25% dei pagamenti diretti, che per l’Italia si traducono in circa 900 milioni di euro l’anno anno. Gli Stati membri dovranno scegliere quali misure offrire ai propri agricoltori, a seconda delle proprie caratteristiche geografiche e climatiche, sulla base di un menu di indicazioni preparato a livello UE. 

Tra gli aspetti qualificanti, viene mantenuta la possibilità per gli Stati membri di destinare fino al 13% dei propri pagamenti diretti al supporto di produzione in difficoltà, come quella della barbabietola, del riso, del pomodoro, della carne bovina. 

E gli stessi Stati dovranno utilizzare un minimo del 3% della propria dotazione combinata dei fondi destinati a primo e secondo pilastro, per supportare i giovani agricoltori, fino a un massimo di 40 anni, con la possibilità di finanziare fino al 100% l’acquisto di terreni agricoli. La nuova Pac salvaguarda anche il ruolo delle Regioni in tutti i passaggi rilevanti nella redazione del Piano strategico nazionale, sia in termini di contenuti che procedurali. La Pac mantiene poi come in passato interventi settoriali, ad esempio per l’ortofrutta, l’apicoltura, per l’olio di oliva e le olive da tavola, nonché per il settore vitivinicolo. 

Per aiutare i produttori a entrare in nuovi mercati e di regolamentare i vini a basso tenore alcolico includendoli tra i prodotti vitivinicoli, viene autorizzata la de-alcolazione totale (titolo alcolometrico inferiore a 0.5%) per i vini da tavola. Mentre i vini Dop e Igp potranno essere de-alcolati solo 
parzialmente (titolo alcolometrico superiore a 0.5%). 

In etichetta dovrà comunque essere indicato in modo chiaro che si tratti di vini de-alcolati. E, soprattutto, non vengono concesse pratiche che prevedano l’aggiunta di acqua e altri elementi non ricavati direttamente dal processo di de-alcolazione. 

A cura dell’On. Paolo De Castro.
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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