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La corilicoltura, un settore da esplorare

6/9/2017

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Intervistiamo l’On. Mino Taricco in materia di corilicoltura, per approfondirne ogni singolo aspetto.
La nocciolicoltura, corilicoltura nel termine tecnico, è in espansione, nel nostro Paese, come nel resto del mondo. Un’opportunità sia per gli agricoltori, sia per chi decide di svolgere l’intera filiera agroalimentare producendo nocciole tostate, granella, farina, crema di nocciole e persino torte e biscotti. Ogni anno il 90% della produzione di nocciole finisce all’industria alimentare (per creme, gianduiotti, biscotti, gelati e altri prodotti). In minima parte le nocciole vengono ritirate dalle aziende della cosmesi, mentre i gusci, grazie all’ottima resa calorica, possono essere impiegati per la produzione di energia. Solo il 10% circa della produzione viene utilizzata dalle piccole attività di pasticceria o consumata in tavola.
Il Nocciolo è una pianta rustica, che chiede terreni neutri o leggermente acidi, ben ventilati e ricchi di sostanze organiche, con buona capacità idrica. Ideali sono le zone collinari ma oggi, grazie alle nuove tecniche di impianto, la coltivazione dà ottime rese anche in pianura, dove è più facile l’irrigazione ed è possibile una maggiore meccanizzazione, soprattutto per la raccolta, con notevole abbattimento dei costi di produzione.
 
Onorevole, come è l’equilibrio oggi tra domanda e offerta?
La domanda di nocciole è in continua ascesa, e in questi ultimi anni ha sempre superato l’offerta. No­nostante le forti importazioni dalla Turchia, di un prodotto qualitativamente meno pregiato di quello nazionale, che però può fare prezzi stracciati per via delle condizioni produttive e della manodopera a bassissimo costo, i nostri corilicoltori in questi anni sono riusciti a piazzare bene ed a prezzi interessanti l’intera produzione. Gli agricoltori in Piemonte conferiscono il raccolto ad associazioni o cooperative di produttori, sgusciatori o grossisti che, dopo averle essiccate e calibrate, effettuano lo stoccaggio in silos o appositi gabbioni, in attesa della vendita in Italia o all’estero.
In Italia le aree di produzioni storiche di nocciole sono concentrate in quattro regioni: Campania (Avellino, Napoli e Salerno), Lazio (Viterbo e Roma), Piemonte (Cuneo, Asti e Alessandria) e in misura marginale in Sicilia (Messina), ma in questi ultimi anni, anche grazie ad accordi commerciali pluriennali si stanno impiantando noccioleti in queste stesse regioni in modo diffuso ed in moltissime altre regioni.
 
Si tratta di una coltivazione complessa?
Coltivare nocciole tradizionalmente era percepita come una coltura semplice, spesso era un’integrazione di reddito gestita come completamento dei tempi agrari. Negli ultimi anni, con l’approdo di nuovi parassiti ed al tempo stesso della richiesta dei trasformatori e dei consumatori di una qualità media superiore, la coltivazione sta diventando nella maggior parte dei casi sempre più intensiva e specializzata.
In questi anni è stato fatto anche un grande investimento in ricerca e sperimentazione a supporto di questa specializzazione e qualificazione colturale.
Per sommi capi si può dire che per l’impianto il terreno si prepara con uno “scasso” profondo tra luglio e agosto. A novembre si mettono a dimora le piantine e per la potatura primaverile si comincia dal terzo anno. I noccioli iniziano a produrre dal quarto-quinto anno, ma è solo dopo otto-nove che la produzione entra nel pieno e dovrebbe continuare anche per 40 anni. La resa è legata al tipo di impianto, a cespuglio, vaso cespugliato o alberello, al tipo di terreno e alla possibilità di irrigazione. Approssimativamente si potrebbe dire che varia tra i 20 e 30 quintali per ettaro, con differenze tra le varietà, ad esempio la Tonda Gentile Romana mediamente produce il 20% in più della Gentile (ex delle Langhe).
 
Come partire a coltivare in modo adeguato?
Bisogna affidarsi ad una consulenza tecnica con analisi del terreno, per scegliere sesti di impianto e tecniche colturali più idonee. È necessario un chiaro programma di uso di antiparassitari e fertilizzanti per avere qualità e rese, tanto più se si utilizzano sistemi di irrigazione. A maggior ragione se si sperimentano impianti a maggiore densità, cosiddetti fitti, che grazie al numero elevato di piante, permettono di perseguire maggiori produzioni già a partire dai primi anni.
Come per tutte le attività agricole, la produzione è fortemente connessa all’andamento climatico, con le variabili gelo o eccesso di pioggia che possono causare riduzioni sulla media anche del 30-50%. Proprio questa è una delle maggiori criticità della coltivazione, unitamente alla aleatorietà dei prezzi all’ingrosso che in alcune annate anche in relazione ad eventi internazionali possono oscillare anche di oltre il 30%.
 
Servono investimenti impegnativi?
Per impiantare un ettaro di nocciole ci vogliono 3.000-6.000 euro tra predisposizione del terreno e acquisto delle piante (300-400 a ettaro) che negli ultimi anni da 2-2,5 euro l’una, sono molto cresciute a causa della crescente domanda. Poi vanno aggiunti trattore e gli altri macchinari per la coltivazione. Molte operazioni colturali sono ancora a mano, mentre orma la raccolta è praticamente tutta meccanizzata ed il costo dei macchinari è notevole, anche se è possibile avvalersi di contoterzisti o di cooperative.
 
E i ricavi?
Nelle ultime stagioni si è arrivati anche ai 300 euro al quintale per le altre varietà e fino a 350- 400 per la Tonda Gentile (ex delle Langhe).  Considerate le rese medie, ciò equivale a un ottimo ricavo ad ettaro. Così, stanti i limitati costi di produzione, con dimensionamenti aziendali facilmente sui cinque-sette ettari, si possono ottenere ottime redditività con un impegno di poche decine di giornate lavoro all’anno.
 
Esistono finanziamenti e agevolazioni per chi avvia questa attività?
Esistono contributi dei Psr (Piani di sviluppo rurale) dell’Unione europea ed inoltre alcune associazioni/cooperative offrono prestiti vantaggiosi per l’impianto che per l’acquisto dei macchinari. Le associazioni poi svolgono anche attività di programmazione della produzione e di commercializzazione, e offrono ai soci assistenza tecnica, ritiro della produzione, essiccazione e stoccaggio.
 
In Piemonte qual è la situazione?
Esiste un costante aumento delle superfici impiantate e un contemporaneo aumento del numero di aziende. Tra il 2015 e il 2016 la superficie coltivata a nocciolo ha subito un incremento di 4.642 ettari e il numero di aziende corilicole è aumentato di 1.361 unità. La superficie investita a nocciolo nel 2016 ammontava a 20.559 ettari ed era gestita da 9.357 aziende (fonte: Anagrafe agricola unica del Piemonte). La zona collinare si conferma essere la zona altimetrica di maggiore diffusione degli impianti (59% della superficie a nocciolo). 
A livello provinciale, il Cuneese e l’Astigiano si confermano i territori con le maggiori superfici investite a nocciolo: a Cuneo la superficie investita a nocciolo corrisponde a 13.601 ha, a fronte di 4.426 ha nell’Astigiano e 2.000 nell’Alessandrino.  
Dalle zone collinari delle Langhe (tradizionale area di coltivazione) e del Sud Piemonte la coltivazione del nocciolo si è ulteriormente diffusa nelle aree collinari piemontesi e ha continuato la propria espansione nelle zone di pianura in particolare del Cuneese, del Torinese e dell’Alessandrino, sostituendo colture non più remunerative o colpite da gravi fitopatie quali la batteriosi dell’actinidia (diffusasi in Piemonte a partire dal 2010) o la flavescenza dorata della vite. L’attuale situazione favorevole del mercato e l’aumento della domanda stanno determinando l’incremento degli impianti anche su terreni marginali, quali aree abbandonate in molti casi localizzate in prossimità di centri abitati.
In Piemonte operano 70 aziende vivaistiche autorizzate, prevalentemente concentrate nel Cuneese e nell’Astigiano, che nel 2016 hanno prodotto circa 2.100.000 piante. Di queste, circa 1.900.000 piante sono derivate da polloni della varietà Tonda Gentile (ex delle Langhe o Trilobata) ottenuti dai campi di piante madri delle aziende vivaistiche. Così, negli ultimi 10 anni, si è passati da una produzione di circa 100/120.000 q.li a circa 140/150.000. Il Piemonte poi, con la sua varietà autoctona “Tonda Gentile” (ex delle Langhe), riconosciuta a livello mondiale come la migliore dal punto di vista organolettico, offre diverse nuove aree da destinare alla corilicoltura, zone che non sono adatte alla viticoltura e dove la cerealicoltura è spesso ormai antieconomica.
 
Esistono progetti iniziative particolari in essere nel settore?
La Ferrero SPA di Alba, tra i più grandi consumatori di nocciole del paese e d’Europa, ha dato vita ad un importante progetto di ampliamento e rinnovo delle coltivazioni di nocciolo in molte regioni a partire dal Piemonte. A luglio 2015 infatti, la Regione Piemonte l’ISMEA e la Ferrero International hanno firmato un accordo per lo sviluppo della coltivazione delle nocciole. L'accordo firmato dice che i firmatari del gruppo di lavoro si impegnano a controllare e favorire lo sviluppo della filiera delle nocciole, estendendo di 5.000 ettari l'attuale coltivazione con nuovi impianti di noccioleti, partendo dalla fase di vivaio, attraverso la produzione, raccolta, trasformazione e commercializzazione del prodotto. 
La Regione Piemonte si impegna a supportare e incentivare il comparto della nocciola attraverso il PSR 2014-2020, la Ferrero coopera per lo sviluppo del progetto supportando azioni di ricerca, formazione e sviluppo, e provvedendo alla definizione di meccanismi contrattuali di medio-lungo termine con i produttori. Il progetto punta a raggiungere 20.000 ettari di nuovi impianti a noccioleto entro 5 anni (+30% dell’attuale superficie), attraverso azioni settoriali e comprensoriali, per lo sviluppo di poli di produzione corilicola in nuovi areali non tradizionali.

Una coltura quella del nocciolo con grandi potenzialità, che può rappresentare una vera opportunità per tanti territori come il sud Piemonte a condizione che si sviluppi un lavoro di filiera che sappia accompagnare gli investimenti con ricerca e sperimentazione ed un grande investimento di assistenza tecnica soprattutto sulla frontiera delle nuove infestanti e nella prospettiva di un percorso di qualità e sicurezza delle produzioni e di sostenibilità ambientale.
 
A cura della redazione
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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