Luz, nome d’arte del fumettista francese Rénald Luzier, era uno dei membri della redazione del satirico giornale Charlie Hebdo, nonché l’unico sopravvissuto all’attentato nella redazione.
Il caso lo ha salvato: quel giorno era il suo compleanno ed era andato a comprare un dolce da dividere con i colleghi della redazione, un dolce che gli ha salvato la vita, ma in un certo senso lo ha condannato a convivere con le emozioni di quel giorno.
Dopo aver abbandonato il lavoro nella redazione del giornale francese, ha dato libero sfogo al suo io interiore dando vita ai sentimenti con china e matita e lavorando allo sviluppo del volume Catarsi.
Il percorso del fumetto non è lineare, a differenza del tratto, quasi astratto. Cambiano con il variare delle pagine sia i registri narrativi, sia l’umore. C’è una ricerca di speranza, la ricerca di una ragione per capire sia le motivazioni che hanno fatto scaturire l’attentato, sia un appiglio, un motivo per andare avanti e cercare di dimenticare.
L’evoluzione del racconto è accompagnata dall’evoluzione dello stile. A volte preciso e curato, a volte abbozzato, per scaturire rabbia e tristezza.
Dominano le tonalità del bianco e del nero, intervallati solo dall’azzurro del cappotto di Camille, la compagna di Luz, e dal rosso, quello del sangue della strage e rosso come simbolo di amore impersonato dal rossetto, sempre di Camille. La stessa diventa la causa che scatena il tentativo di ripresa e di risalita di Luz, l’amore (e il sesso) come via di uscita e come catarsi.
Immergersi in questo libro significa entrare in una seduta di psicanalisi a tu per tu con il cervello di Luz, un percorso che alla fine del fumetto fa sentire Luz uno di famiglia o un amico di lungo corso.
Sicuramente un’opera che non può non lasciare un segno, ti colpisce, emoziona, fa ridere e piangere al tempo stesso. Per qualche giorno siamo stati tutti Charlie.
Per 125 pagine possiamo essere Luz.
A cura di Federico Rosa