La massima attenzione dei professionisti è riservata proprio al decreto attuativo, perché questo, e il modo in cui viene scritto, è l'elemento che potrebbe condizionare in modo positivo o negativo la ricaduta di quel provvedimento stesso. Noi continueremo a vigilare sui prossimi decreti delegati perché vorremmo vedere un’inversione di tendenza ed una maggiore attenzione a tutti quegli strumenti che servono per accompagnare al lavoro chi oggi l'occupazione l'ha persa. Dopo i decreti sulle tutele crescenti e sugli ammortizzatori sociali abbiamo davanti quelli sulla riforma dei servizi per l’impiego e sulle nuove forme di lavoro, su cui si deve accelerare. Occorre favorire anche il lavoro autonomo, l’attività imprenditoriale e l’autoimpresa e mettere i professionisti nelle migliori condizioni di operare. Non si può basare tutto solo sul lavoro subordinato e non si deve penalizzare il lavoro autonomo.
Continueremo, quindi, a sollecitare il governo a produrre degli atti normativi che possano essere realmente efficaci, ma soprattutto scritti bene all'insegna della vera semplificazione. Non di quella che quando sopprime un apprendimento ne fa sorgere altri due.
Dal Jobs Act dovrà arrivare una svolta, con un'attenzione ad un mercato del lavoro che non si può vedere e concepire in chiave di rapporti di lavoro subordinato e a tempo indeterminato. Abbiamo bisogno di flessibilità, di integrazione lavorativa, di pari dignità tra lavoro autonomo e lavoro subordinato. E abbiamo bisogno certamente di un mercato del lavoro in cui funzioni l'orientamento e l'accompagnamento al lavoro. Quindi, nuovi servizi per l'impiego e di certo anche una nuova dimensione statale o perlomeno una riassunzione in capo allo Stato di una parte delle competenze in materia di gestione del mercato del lavoro, perché oggi la troppa frammentazione fa sì che sia veramente difficile vincere la scommessa della piena occupazione, soprattutto per dare delle opportunità concrete ai giovani.
Quello italiano è uno dei mercati del lavoro peggiori in Europa e nel mondo. Troppa rigidità e troppi adempimenti rendono estremamente difficile creare una condizione in cui ci sia anche la possibilità di non disperdere quelle energie che vengono dall'Europa. E non si può non considerare che, paradosso del paradosso, nemmeno gli stanziamenti europei della Garanzia Giovani stanno aiutando l'occupazione, il cui tasso continua a calare drasticamente. In sostanza, non bastano gli aiuti - economici o normativi che siano - a creare occupazione in un Paese in cui manca totalmente una politica economica che sviluppi il mercato, offrendo così possibilità di lavoro a chi oggi non le ha. Senza un quadro normativo e procedurale chiaro sarà difficile per qualsiasi imprenditore fare nuove assunzioni.
È al tempo stesso importante, per il futuro del nostro mercato del lavoro, aprire la strada all’internazionalizzazione delle professioni e non solo per le imprese, anche se la mobilità all’estero dei professionisti è un versante di non facile realizzazione. L’internazionalizzazione delle professioni italiane è una grande opportunità in un mondo globale, ma riguarda tutti allo stesso modo. Quelle professioni che lavorano a stretto contatto con l’applicazione delle norme italiane, di per sé tante e complesse, continueranno ad avere un mercato prevalente domestico. Anche se per le Pmi italiane il contesto internazionale negli anni è cresciuto di importanza e quindi il professionista non può non essere preparato anche in tale ambito. In questa direzione diventa basilare dotarsi di quanto necessario per assistere le aziende sul mercato globale, sia per le tante che delocalizzano, sia per quelle che pur restando in Italia esplorano nuove opportunità di sviluppo.
A cura di Marina Calderone