Se l’economia italiana fosse in grado di dare ricchezza, invece che generare povertà tra italiani e stranieri, io credo che il problema del radicalismo islamico nel nostro Paese sarebbe derubricato a questione marginale.
Purtroppo invece con la politica delle porte aperte che sta facendo lievitare il numero degli ingressi clandestini, soprattutto da zone a maggioranza musulmana, chi arriva qui scopre ben presto di non avere trovato l’America.
In questo quadro, la nostra disoccupazione giovanile crea un pericoloso attrito tra le fasce più sofferenti della popolazione che si ritrovano a competere al ribasso dei diritti e della qualità della vita per sopravvivere.
Il risultato è che gli immigrati si concentrano nelle periferie delle nostre grandi città dove sempre più spesso il fondamentalismo religioso si salda alla criminalità di strada, traendo giorno dopo giorno maggiore legittimazione proprio dai fallimenti, dalle ingiustizie, dalle debolezze e dalle ipocrisie della società occidentale.
La guerra dei poveri è già una realtà, ma ciò che più preoccupa è che queste contraddizioni sembrano non interessare a nessuno.
Ho paura, in questo senso posso dire di essere fobico di qualcosa, che presto questi nodi verranno al pettine con qualche fatto traumatico e che a quel punto sarà troppo tardi.
Tra la democrazia occidentale e l’Islam non c’è solo questo problema di saldatura tra fondamentalismo religioso e marginalità sociale, ma anche un’incompatibilità di valori tra una civiltà, la nostra, che mette al centro l’individuo e le sue scelte, e quella musulmana dove ogni autorità promana dalla legge di Dio.
Il fatto che non vi sia stata la convenzione tra lo Stato e l’Islam non mi stupisce, dal momento che anche nella sua traduzione più addomesticata, il Corano è un libro profondamente incompatibile con quei valori di libertà, uguaglianza e fraternità che hanno caratterizzato gli ultimi duecento anni del nostro migliore pensiero politico e filosofico.
Ma il problema con l’islam non è solo di natura culturale. È un’urgente questione legale: non tutti sanno che l’Islam non ha sottoscritto con lo Stato Italiano la convenzione prevista dalla Costituzione per la libertà religiosa (cosa invece che hanno fatto altre religioni).
Per questo motivo non è possibile la costruzione di moschee in Italia (unica eccezione la Moschea di Roma, voluta da Ciampi) e per questo motivo non è possibile utilizzare centri culturali come luoghi di culto collettivo islamico.
Recentemente è stata integrata la Legge Regionale Lombarda 12/05 (Legge per il governo del territorio) con la L.R. 2/15 nella quale si regolano i principi per la pianificazione delle attrezzature religiose.
Anche in questo caso sono nate interpretazioni scorrette. La Legge Regionale infatti non si riferisce alla religione islamica, ma solo alle confessioni religiose con le quali lo Stato ha sottoscritto l’intesa costituzionale (quindi resta il divieto di costruzione di moschee).
Sarebbe bello se i problemi di cui sopra fossero risolvibili con la semplice firma di un’intesa, ma purtroppo non è possibile anche perché il mondo musulmano non è disciplinato da una gerarchia religiosa come quella cattolica, quindi sarebbe interessante conoscere quale sia il vero grado di legittimazione tra i fedeli islamici di chi siede al tavolo della convenzione.
Non pretendo di avere la bacchetta magica, ma esigo che queste fratture vengano prese in considerazione dal Governo, prima che sia troppo tardi.
A cura di Matteo Salvini