Internet e la tecnologia che lo circonda sono senza dubbio una delle più importanti rivoluzioni del nostro tempo. Una rivoluzione che ha profondamente modificato molte delle nostre abitudini, cambiando (in alcuni casi, stravolgendo) le relazioni interpersonali, il modo di concepire il nostro tempo libero e quello lavorativo, portandoci a riorganizzare il nostro modo di pensare e di agire. |
Questi straordinari mezzi di comunicazione rendono possibile condividere con chiunque (sempre che si tratti di un soggetto "tecnologicamente aggiornato" della nostra community) una quantità infinita di informazioni, immagini, video, canzoni. In una parola: la nostra vita e le nostre emozioni.
Il web sovente si presenta (o, meglio, viene percepito) come un luogo senza confini, collocato in uno spazio indefinito. Dietro lo schermo sembra aprirsi un mondo sottratto alle tradizionali coordinate spazio-temporali che regolano la nostra quotidianità: i concetti di "tempo" e "luogo" vengono sostituiti con l'immaterialità di un mondo irreale, assoggettato soltanto alla nostra volontà di mantenere attiva la connessione.
Questa percezione del web induce talora a pensare che tutto ciò che accade "nella rete" sia destinato a rimanere "virtuale", privo di consistenza e di conseguenze.
Ma dietro lo "schermo" del web si cela un mondo tutt'altro che "virtuale", saldamente ancorato alla realtà di chi lo governa e di chi ne fa uso. E come ogni comunità, anche questa particolare forma di community ha le sue regole, i suoi aspetti positivi, le sue contraddizioni ed i suoi pericoli.
A fianco degli indiscutibili elementi di forza e di utilità di Internet, si collocano, infatti, anche le più disparate forme di manifestazione del crimine, che, per semplicità, possono essere schematicamente distinte nelle seguenti categorie: ingiurie e diffamazioni; molestie e stalking; pedofilia e pedopornografia; sfruttamento della prostituzione; violazione della privacy; violazione del diritto d'autore e della normativa in tema di marchi e brevetti.
Per ciascuna di queste tipologie di reato, i repertori della giurisprudenza penale sono ormai ricchi di esempi e consentono di affermare che anche il diritto e la sua interpretazione ed applicazione nelle aule di giustizia si è ormai "adattato" alle nuove modalità (solo apparentemente) "virtuali" di aggressione al patrimonio giuridico e morale altrui.
Basti pensare, per citare solo alcuni degli esempi più eclatanti e di comune esperienza, all'impatto dirompente, per chi ne sia vittima, di una diffamazione a mezzo Internet, oppure alla frequenza con cui apprendiamo dalle cronache di truffe realizzate nei modi più disparati. Purtroppo, sempre più frequenti sono ormai anche fatti assai più gravi, talora culminati con il suicidio di giovani rimasti vittime del c.d. cyberbullismo.
Un aspetto sovente dimenticato, ma che, in molti casi, raggiunge la stessa ragion d'essere della (apparente) gratuità di gran parte del mondo di Internet è la "profilazione" degli utenti, funzionale a conoscerne abitudini e preferenze commerciali, modalità d'impiego del tempo libero, criteri di scelta delle vacanze, ecc. Tutte informazioni che consentono di alimentare il mercato pubblicitario che, immancabilmente ed inevitabilmente, ci assale ogni volta che "navighiamo".
Senza dimenticare che la memoria della rete è molto più longeva di quanto si possa immaginare: un messaggio lanciato dalla nostra tastiera non solo è in grado di raggiungere una platea immensa di destinatari, ma ben difficilmente rimarrà sotto il nostro esclusivo controllo, come ben sanno tutti coloro che, con fatica e spesso senza riuscire pienamente nel loro intento, hanno chiesto la cancellazione dai motori di ricerca di frasi, immagini o video che, nonostante fossero stati rimossi dal "luogo" in cui erano stati pubblicati, continuano a "vivere" nei risultati dei motori di ricerca.
Tutti elementi, questi, che consentono la c.d. profilazione del cibernauta e la possibilità di esaminarne la reputazione goduta nel web, tanto che tutti i più noti e recenti procedimenti penali dedicano non poca (e forse troppa) attenzione al "profilo internet" dell'imputato, per carpirne le abitudini e gli stili di vita (in ambito sessuale e non), quasi che in questo modo si potesse saggiare (il che non è!) la bontà delle tesi dell'accusa e della difesa
Di fronte a questi semplici e comuni dati esperienziali, il carattere "virtuale" ed immateriale di Internet (lo stesso discorso vale, a maggior ragione, anche per i c.d. social media, quali Facebook, Twitter, ecc) perde necessariamente consistenza: dimenticare che la rete è fatta e gestita da persone significa dimenticare che l'uso di Internet deve necessariamente rispettare le comuni regole cui deve ispirarsi il nostro agire nella quotidianità "reale".
Ma soprattutto, questa consapevolezza deve indurci ad abbandonare l'idea che la "navigazione" sulla rete sia protetta dallo schermo del nostro computer o del nostro smartphone: si tratta di uno schermo, questo sì virtuale, che se non è in grado di proteggerci dalle aggressioni altrui, nemmeno è in grado di nascondere chi se ne renda responsabile.
Anche il mondo di Internet ha le sue regole e coloro che vi accedono hanno diritti ed obblighi precisi, che dovrebbero conoscere ed approfondire prima di lasciarsi allucinare dall'idea che sul web tutto è possibile e niente è reale.
E, probabilmente, il primo dovere d'informazione spetta ai genitori, che debbono sapere non solo i rischi cui sono esposti i loro figli, ma anche i diritti che possono vantare nei confronti dei vari gestori dei servizi offerti in rete, oltre che i diritti/doveri nei confronti dei figli per quanto concerne la regolamentazione dell'utilizzo del web.
Insomma: chi vuole Internet è un mondo virtuale solo quando a frequentarlo sono gli altri.
A cura di Maurizio Riverditi