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Quanto è inquinata casa nostra?

22/2/2016

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L’inquinamento indoor, ossia dentro casa, è un problema poco conosciuto, ma pericoloso almeno quanto quello esterno.
Di inquinamento dell’ambiente esterno si parlava già nella prima metà del ‘900, mentre le normative a salvaguardia della salubrità interna sono più recenti, dal 1970 in avanti, ma inerenti soprattutto ai luoghi di lavoro, meno alla vita domestica.
Si credeva più rischioso respirare l’aria esterna, delle strade trafficate, rispetto a quella di casa, ma questo squilibrio di tutela non teneva in considerazione il fatto che l’uomo contemporaneo trascorre ormai oltre il 90% del proprio tempo all’interno di ambienti confinati. Proprio per questa tendenza, i maggiori rischi sanitari si corrono proprio dentro le abitazioni.
Ancora oggi c’è chi stenta a credere che la propria dimora, rifugio sicuro per eccellenza, possa nascondere forme di inquinamento pericolose quanto sconosciute. Recenti studi hanno scoperto che l’aria dentro casa può essere fino a cinque volte più inquinata di quella esterna… Si parla di sostanze invisibili, senza però scomodare occultismo e stregoneria, in quanto queste emissioni sono ampiamente misurabili, catalogabili e oggetto di seri studi scientifici da decenni.
La loro invisibilità è in parte data proprio dal fatto che le abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi, ci sono quindi talmente familiari che non ne leggiamo più il potenziale pericolo. Come è successo all’amianto, ma anche ad altre fibre minerali, come sta succedendo con il radon, invisibile e inodore ma altamente presente soprattutto in alcune aree d’Italia.
Per non parlare dei campi elettrici e magnetici o dell’elettrosmog, capaci di occupare ciclicamente le prime pagine dei giornali, per poi ricadere nel dimenticatoio grazie al fatto che ormai di telefonini e computer non possiamo più fare a meno, lasciando spazio ad un senso di rassegnata impotenza.
Fortunatamente (o no?) siamo animali adattabili al contesto, e riusciamo ad acclimatarci abbastanza bene in molte situazioni. Non dobbiamo però tirare troppo la corda e se scattano i campanelli d’allarme dati dal nostro organismo che denuncia casi di insofferenza verso un determinato ambiente confinato, beh, è proprio il caso di dar retta al nostro corpo, altrimenti ne va di mezzo la nostra salute.
Purtroppo l’inquinamento delle singole unità immobiliari sembra non esistere solo perché non puzza, non addensa l’aria e non esplode. Se ci è capitato di avvertire dei mal di testa inspiegabili dopo l’utilizzo di determinati prodotti pulenti o dopo una ritinteggiata alle pareti, oppure se ci ricordiamo di arrossamenti di occhi e pelle concomitanti all’arrivo in appartamento di un mobile nuovo, probabilmente siamo stati vittime di quella che si chiama sindrome dell’edificio malato.
Una delle principali cause del crescente deterioramento dell’aria interna è determinata dal fatto che il microcosmo domestico si è andato sempre più arricchendo di oggetti, impianti, finiture poco compatibili con l’uomo.
Un tempo la casa convenzionale era a dir poco spartana, evoluzione dei primi ripari tipo grotte o capanne.
Oggi dentro le nostre abitazioni abbiamo un’infinità di presenze materiali e immateriali ad alte concentrazioni in grado di rilasciare nell’aria esalazioni di vario tipo, in quasi totale assenza di diluizione. E comunque il diluente principale è rappresentato dall’aria esterna, penetrante dentro casa da aperture e condotti di ventilazione, carica già di suo delle sostanze tipiche dell’inquinamento automobilistico, zootecnico e industriale.
A tale situazione, già critica in partenza, si è aggiunto il miglioramento dell’isolamento termico dell’involucro edilizio, capace di costringere gli umani ad una convivenza forzata con le emissioni indoor. Non è inconsueto arrivare al 100% di stagnazione dell’aria quando si cessa del tutto la buona abitudine di aprire le finestre per ricambiare l’aria.
La qualità dell’aria negli ambienti interni dipende dall’azione sinergica di più fattori, che possono essere di origine chimica, biologica o fisica. Nel creare inquinamento domestico esistono diverse responsabilità.
La prima è prettamente progettuale/costruttiva e riguarda sia la scelta dei materiali che andranno a comporre la struttura della casa sia le interconnessioni con l’ambiente esterno (localizzazione, orientamento, esposizione, forma, distribuzione tipologica, aperture). Prediligere materiali dalla comprovata bioecocompatibilità aiuta a ristabilire un buon livello di salubrità indoor.
La seconda responsabilità interessa la gestione domestica della casa e le cattive abitudini messe in atto dai fruitori: anche in questo caso l’attenta selezione biocertificata di materiali per rifinire, arredare e accessoriare l’interno delle abitazioni è determinante per respirare aria non inquinata dentro la propria abitazione.
La presenza o meno dei dannosi benzene, formaldeide, composti organici volatili, ecc. può essere decisa a tavolino, andando così ad aumentare notevolmente il livello di salubrità indoor. Quindi, la base del benessere la crea la progettazione e la successiva corretta costruzione, ma anche la vita attiva degli utenti è importante per mantenere o vanificare la miglior progettazione ecosostenibile.
Il microclima interno risente anche dei movimenti e della temperatura dell’aria, della presenza di umidità e della reazione conseguente della muratura, ma anche l’illuminazione naturale contribuisce a rendere gradevole il soggiorno in spazi confinati. Esiste una zona di comfort all’interno della quale stiamo bene, ma si può passare in modo facile e veloce nell’adiacente, ed estesa, area di discomfort.
L’obiettivo del processo di progettazione-costruzione è quello di creare un organismo edilizio capace di relazioni con l’ambiente e il contesto storico e socioculturale limitrofo, in grado di esaudire le esigenze di comfort e di sicurezza degli occupanti, utilizzando le risorse disponibili, assecondando gli strumenti normativi in vigore, utilizzando quanto l’innovazione tecnologica offre.
Impossibile? No, tutt’altro. Le strategie per correre ai ripari ci sono, e il conoscerle (e poi applicarle) può portare aria pura in casa. Basta adottare qualche attenzione in più in fase di progettazione e costruzione, e alcuni accorgimenti durante la successiva manutenzione domestica. In questo sono d’aiuto i dettami dell’architettura bioecologica, disciplina olistica del progettare e costruire.
Alcuni suggerimenti? Scegliere materiali costruttivi dotati di certificati di salubrità, mantenere una temperatura diversificata per ogni locale, scegliere finiture e arredi ecocompatibili. Ricordarsi che è impossibile igienizzare totalmente un ambiente: meglio pulire con acqua, aceto e olio di gomito piuttosto che respirare vere bombe chimiche profumate al limone.
Un consiglio antico quanto l’abitare è quello di arieggiare le stanze, anche sovente, a seconda dell’utilizzo e della densità abitativa interna, prestando però attenzione all’orario di attuazione di questa pratica. Se si abita in un centro cittadino non è salutare aprire le finestre al mattino, quando il traffico veicolare è più intenso. Meglio farlo alla sera, e magari intensificare tale pratica nei giorni festivi, sicuramente meno trafficati. Inoltre: far soggiornare in locali ventilati tutto ciò che odora di… nuovo!
Un aiuto disinquinante ce lo danno anche le comuni piante da appartamento, sanseveria e spatifillo in testa. Aiutano a depurare l’aria, riuscendo a metabolizzare molti degli inquinanti indoor presenti, compresa la formaldeide.
E poi, come dice un vecchio detto, egoistico quanto azzeccato: “Nella casa nuova fai abitare il primo anno il nemico, il secondo l’amico e il terzo il padrone”.
 
A cura di Francesca Landriani
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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