Considerati i dati globali, guardando al nostro Paese, nel 2015, si sono verificati 173.892 incidenti stradali con lesioni a persone, con la morte di 3.419 persone ed il ferimento di altre 246.050, di cui 16 mila feriti gravi (ISTAT, luglio 2016). I primi dati ISTAT pubblicati registrano, pur in presenza di un trend decrescente negli ultimi 15 anni, un aumento del numero di vittime ed un costante aumento del rapporto tra feriti gravi e vittime, condizione che allontana il nostro Paese dall’obiettivo europeo per la sicurezza stradale per il 2020 (European Commission, sec-2010-903).
Oltre al numero dei decessi, il numero dei feriti gravi con esiti invalidanti costituisce un’emergenza sanitaria a livello mondiale. Il principale obiettivo europeo per il 2020 (Policy orientations on road safety 2011-2020, EC 2010) è quello di ottenere una riduzione del 50% del numero delle vittime del 2010, attraverso misure che prevedano interventi educativi e formativi rivolti agli utenti della strada e che applichino la tecnologia moderna per aumentare la sicurezza (e.g.: Intelligence Transport Systems), che promuovano il rispetto e l’adesione alle norme del Codice della Strada, oltre che prevedano la realizzazione di interventi infrastrutturali e producano veicoli capaci di garantire maggiore sicurezza. Un altro orientamento europeo prevede di definire obiettivi e strategie capaci di individuare misure in grado di migliorare l’efficienza degli interventi di primo soccorso e dell’assistenza post-incidente per ridurre l’impatto di tali eventi sulle vittime. Una delle conseguenze degli incidenti stradali è l’impatto che questi hanno anche sui familiari delle vittime, i quali vivono un’evidente caduta della qualità della vita a seguito della morte, ma anche degli esiti invalidanti connessi agli incidenti. Le conseguenze psicologiche degli incidenti stradali sono state a lungo trascurate sia dai servizi di salute pubblica, sia dalla ricerca scientifica e solo da qualche anno si è diffusa una maggiore attenzione alle problematiche psichiche conseguenti all'incidentalità stradale (Blanchard et al. 2004). Le ricerche condotte hanno evidenziato come alcuni bisogni fondamentali delle vittime, quali essere adeguatamente informati, assistiti nelle pratiche legali, riconosciuti nello status di vittime e, in particolare, assistiti psicologicamente, siano stati spesso disattesi.
Il Progetto ANIA Cares nasce in linea con queste esigenze: realizzato dalla Fondazione ANIA per la sicurezza stradale, organizzazione no-profit rappresentativa delle imprese di assicurazione operanti nel ramo della responsabilità civile auto, con il coordinamento scientifico della Facoltà di Medicina e Psicologia, “Sapienza” Università di Roma, Responsabile scientifico Prof. Anna Maria Giannini, ed in collaborazione con la Polizia Stradale. “Dopo aver subito un primo grave trauma fisico o psicologico - ricorda Anna Maria Giannini - le vittime ed i familiari ne sopportano un secondo, che il più delle volte, non viene riconosciuto. Per questo, si è voluto compiere un atto di civiltà che potrebbe colmare questo gap di attenzione nei confronti dei macrolesi e dei parenti delle persone decedute”.
Il Progetto prevede l’intervento di supporto psicologico ai gravi traumatizzati di incidente stradale ed ai familiari delle vittime. Nell’ambito del Progetto è stata definita una procedura di intervento innovativa e basata su un modello di Pronto Soccorso Psicologico, specificamente dedicato alle vittime di questo tipo di trauma. Afferma la Prof. Giannini: “il Progetto, unico nel suo genere a livello internazionale, ha come principale obiettivo quello di sviluppare una rete di assistenza per fornire un aiuto qualificato per superare le spesso gravi conseguenze psicologiche dovute ai danni fisici permanenti o alla perdita di una persona cara”.
Per realizzare questo ambizioso obiettivo, si è previsto il coinvolgimento di esperti di fama nazionale ed internazionale della Psicologia del trauma e del suo trattamento tra i quali il Dott. Roger Solomon, Direttore clinico del centro Post Critical Incident - PCI, ed il Prof. Richard Mollica, Direttore del Harvard Program of Refugee Trauma. E’ stato approntato un protocollo d’intervento, attraverso la sperimentazione su alcuni casi, redatte le linee guida per gli psicologi che lavoreranno con le vittime o/e i familiari, nonché le linee guida per Polizia Stradale e Compagnie assicurative. Gli Psicologi, selezionati e specificamente formati, opereranno nelle città pilota del progetto (Milano, Roma, Firenze e Campobasso). L’obiettivo è la realizzazione di Unità di Pronto intervento psicologico (inizialmente attive nelle città pilota e poi estendibili sul territorio nazionale) che, attraverso numero verde attivo 24h su 24, interverranno su chiamata delle strutture di emergenza degli Ospedali, della Polizia Stradale e locale, delle Assicurazioni o delle vittime stesse. Come sottolinea la Prof. Giannini, “l’innovatività del progetto consiste non solo nel mettere in primo piano l’intervento psicologico alle vittime, ma anche creare sinergie tra le parti operative coinvolte nell’evento traumatico stradale”.
Il Progetto è stato costruito a partire dai bisogni reali e profondi delle vittime lasciate sole con le emozioni, i sentimenti e il dolore per la perdita e l’esperienza vissuta. Quando parliamo di vittima si considera chi fa esperienza diretta dell’evento traumatico, chi ha assistito direttamente all’evento, o che viene a conoscenza di un evento traumatico accaduto ad un membro della famiglia (DSM 5; APA, 2013).
Occorre considerare che il trauma stradale (evento identificato con l’acronimo IPEV, ossia morti Improvvise, Premature, Evitabili e Violente; Lori et al., 2013) è solitamente un evento causato da un’azione umana, riconducibile ad errori del conducente o trasgressioni delle norme stradali. Le reazioni allo stress sono in parte diverse a seconda che l’evento sia provocato dall’uomo, oppure sia un disastro tecnologico o un disastro naturale (Rodriguez, Kohn, 2008) e una maggiore percezione della propria responsabilità correla positivamente con la probabilità di sviluppare sintomi post-traumatici (Blanchard et al., 1996). “Il senso di colpa e il vissuto di responsabilità reale o presunta, o il sentimento di rabbia intensa, sono aspetti che possono incidere sul percorso di recupero e sullo stile di fronteggiamento dell'evento traumatico con conseguenze sul piano dell'elaborazione del lutto e sullo sviluppo di esiti psicopatologici” - afferma la Prof. Giannini.
Come dimostrano le numerose ricerche condotte (e.g.: McFarlane, Van der Kolk, 1996; Van Der Kolk, 2014), la possibilità di ottenere un supporto sociale, ossia di sperimentare un vissuto di reciprocità e di sentire di essere compresi, costituisce la protezione più potente contro la possibile sopraffazione prodotta da eventi come gli incidenti stradali.
A cura di Francesa Baralla e Daniela Frisone (Smart City & Mobility Lab)