Una recente indagine effettuata dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha rilevato nelle acque italiane la presenza di ben 131 sostanze chimiche tra cui inquinanti vietati da molto tempo e prodotti denunciati da vari enti come dannosi alla salute, quali mancozeb, folpet, glifosate, clorpirifos, glufosinate ammonio.
Il 36,6% dei campioni d’acqua analizzati nel nostro Paese è contaminato da pesticidi in quantità superiore ai limiti di legge; quasi tutte queste sostanze chimiche rientrano tra gli “interferenti” o “disturbatori endocrini”, molecole che alterano a dosi molto basse funzioni molto delicate, come quelle ormonali, immunitarie, metaboliche e riproduttive, alimentando: disfunzioni ormonali (specie alla tiroide), diminuzione della fertilità maschile e riduzione degli spermatozoi, aumento aborti spontanei (precoci e tardivi) e gravidanze extrauterine, disturbi autoimmuni, rischio criptorchidismo e ipospadia, rischio di tumori, patologie neurodegenerative. Nel 2016 secondo il rapporto 2017 di Legambiente, su 37 vini analizzati, 24 contengono una media di 3 o 4 residui di fitofarmaci, con punte fino a 8 residui in un vino DOC di produzione locale.
Nel rapporto sono elencati i risultati delle 885 analisi sul vino effettuate dalle ARPA a livello regionale, riportando su scala nazionale 524 risultati senza residui (59,2 %), 158 con un solo residuo (17,9 %) e ben 203 campioni con multiresidui (22,9 %).
Secondo la PAN (Pesticide Action Network), l’impiego dei pesticidi sintetici nei vigneti europei è cresciuto del 27% dal 1994: questo ha un effetto dannoso sulla vita dei terreni, i suoli infatti ospitano l’80% della biomassa mondiale e questo degrado biologico ha un effetto profondo su di essi, causando una massiccia erosione.
“6000 anni fa, quando nacque l’agricoltura, il 12% del pianeta era coperto da deserti, oggi questa percentuale ammonta al 32% e dei due miliardi di ettari di deserto che abbiamo creato in questo periodo, metà sono stati prodotti nel ventunesimo secolo” affermano Claude e Lydia Bourguignon (agronomi di fama internazionale).
I dati della presenza di pesticidi presenti in alcuni vini, rilevati da altri enti (come UFC-Que choisir), rivelano che questi ultimi sarebbero significativamente superiori agli standard accettati nel Regno Unito per l’acqua potabile. Dal momento che il vino è 85% acqua, la cosa fa riflettere…
Le sostanze chimiche rappresentano un rischio per tutti noi e in primis per gli agricoltori che la usano. Una ricerca condotta nella provincia autonoma di Bolzano ha constatato che, durante la stagione di esposizione al clorpirifos (legato ad elevata attività neurotossica sull’organismo in via di sviluppo), i residenti adiacenti a campi coltivati hanno livelli di TCPy urinario (indicatore della presenza di clorpirifos) di gran lunga maggiori rispetto a quelli considerati “normali”.
Nel rapporto (Azienda Sanitaria del Sud Tirolo, 2017), si osserva inoltre che l’incidenza di Alzheimer, Parkinson e il tasso medio di incidenza della tireopatia autoimmunitaria (Hashimoto) riferito agli anni 2010-2015 è significativamente più elevata nell’area ad alta intensità di coltivazioni rispetto a quella con bassa intensità.
Molti studi sono stati fatti già a partire dagli anni 70, sulle possibili alternative ai trattamenti canonici.
Sempre più aziende si rendono conto della grande responsabilità che hanno verso la terra e la popolazione, limitando al minimo e selezionando i trattamenti o convertendosi ad agricoltura biologica e/o biodinamica dove è permesso solo l’utilizzo di zolfo e rame, sono assolutamente banditi pesticidi ed erbicidi di sintesi e la vite è affiancata da altre specie vegetali che agiscono in simbiosi favorendo la biodiversità in vigna.
Uno studio del 2003 dell’Università della California a Davis ha scoperto che la frutta e le bacche provenienti da colture certificate biologiche, contengono fino al 58% in più di Polifenoli antiossidanti mentre Diego Tomasi (del consiglio ricerca e sperimentazione agricola Conegliano) e Paco Bosco (enologo) hanno verificato che uve coltivate senza prodotti chimici sintetici e senza aratura-mondatura delle foglie etc. hanno un contenuto significativamente più elevato di resverstrolo (un antiossidante del vino).
È sfatato, inoltre, il mito della poca resa in termini quantitativi a lungo termine (e quindi economici) da molte pubblicazioni tra cui “La rivoluzione del filo di paglia” di Masanobu Fukuoka.
L’agricoltura svolge un importante ruolo, non solo produttivo, ma anche di gestione e di manutenzione del territorio, che, nonostante sia da tutti riconosciuto sulla carta, non trova alcuna forma adeguata di traduzione in termini concreti nella politica regionale di settore. Dipendiamo dagli agroecosistemi per tutta una serie di servizi essenziali, fra cui la fornitura di alimenti e materiali, la cattura di biossido di carbonio dall’atmosfera, l’approvvigionamento di acqua potabile e la protezione del terreno dall’erosione.
Ciò che fanno i viticoltori che hanno detto no all’uso di prodotti chimici in vigna, va ben oltre la filosofia; è un vero stile di vita. Hanno scelto questo percorso, in un mondo accecato dal business, con convinzione e amore per la terra, “al rispetto della vita sopra ogni cosa” (Jean-Francois Chêne, viticoltore francese).
A cura di Alexandros Chatziplis.