Assolutamente sì, l’imprenditoria sociale è un potenziale ed estremamente positivo fattore di sviluppo del mercato unico dell’UE.
Essa rappresenta quel modello d’imprenditoria che tutti auspichiamo si sviluppi sempre più, ovvero un’imprenditoria responsabile che mira in egual misura alla crescita economica come all’incremento dell’occupazione.
Per questo motivo ritengo fondamentale che le Istituzioni europee favoriscano, e guidino, lo sviluppo verso un’imprenditoria sociale sempre più forte che aumenti la sua quota d’incisività sul PIL europeo, oggi ferma al 10%, coinvolgendo un numero maggiore di lavoratori europei rispetto agli attuali 11 milioni.
Pari opportunità. Quali azioni si possono intraprendere per incentivare la parità fra i sessi nel mondo del lavoro?
Come si afferma nel Libro Bianco sulla politica sociale europea “il contributo che le donne possono recare ai fini di rivitalizzare l’economia è uno dei motivi per cui la tematica della parità dovrebbe essere considerata un elemento chiave di cui tener conto in tutte le principali politiche”.
Per questo motivo occorrono non solo politiche miranti ad introdurre nuove norme di tutela, ma anche imprescindibilmente azioni atte a dare concreta e certa attuazione a quelle già esistenti attraverso interventi in grado di cambiare l’approccio culturale con cui le aziende, i lavoratori e le lavoratrici, guardano a questo tema.
La società europea è composta sempre più da persone anziane. In che modo l’Europa potrebbe agevolare una cultura dell’invecchiamento attivo?
È fondamentale che l’Europa si doti di un sistema legislativo in grado di mettere in atto una politica sociale innovativa sui temi dell’invecchiamento.
Oggi, purtroppo, la difficoltà nel dare senso sociale alla vecchiaia è causata in prevalenza da una cultura giovanilistica esasperata, alimentata da logiche di mercato, che aumenta il rifiuto all’invecchiamento.
Vi è la “costruzione sociale” di un’idea di vecchiaia che la riconduce ad una categoria indistinta e senza ruolo, considerata un costo, un’emergenza, un peso.
È necessario quindi mettere in connessione la vecchiaia con la società, per arrivare ad una “ricomposizione sociale” dove i cambiamenti demografici si qualifichino attraverso la costruzione di una società che valorizzi tutte le età e culture.