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Il ponte d'Europa

11/6/2021

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In questi lunghissimi mesi di pandemia il confronto è stato compresso dalla riduzione della libertà di movimento, quindi anche di incontro, che ha frustrato le intenzioni di quanti avrebbero voluto confrontarsi dal vivo sulle opportunità del Ricovery Plan.
Al dibattito sulle risorse europee è mancata la partecipazione viva, tuttavia quando questo ha potuto riaprirsi, nella mia terra, la Calabria, l'idea del ponte sullo stretto è ritornata di scena.
 
Ho ascoltato con grandissima attenzione ogni intervento, ogni punto di vista, e ho notato che anche dal modo di illustrare i pensieri sulla infrastruttura Ponte dello Stretto, il linguaggio è cambiato. Mi spiego meglio.

Oggi un focus sul ponte in apparenza non è altro che l'ennesimo convegno pronto ad entrare negli annali polverosi delle centinaia di dibattiti organizzati per parlare di questa Opera. In apparenza appunto.

Perché ora si ha come l'impressione palpabile che anche nel linguaggio siamo davanti ad una svolta ideale.
Più che altro ci troviamo davanti ad una svolta di mentalità indotta da quelli che sono i tempi che stiamo attraversando.

E allora se è vero che l'Italia va messa in moto dopo la catastrofe economica sociale che ha provocato la pandemia, lo è altrettanto il dato che non si può prescindere dalla realizzazione di un'opera che è essa stessa sviluppo.

Non sta a me, perché tanta letteratura tecnico economica e scientifica c'è sull'argomento, elencare i benefici che deriverebbero da uno shock potente quale la realizzazione del ponte. Basti ripetere che essi sono intuibili, auspicabili e perfettamente compatibili con altre esigenze.

La necessità di ricostruire fa venire meno anche l'eccezione, debole a dire il vero, per cui prima del ponte bisognerebbe costruire le strade e riammodernare le linee ferrate in Calabria.

Chi l'ha detto, chi lo ha mai detto che lo sforzo da profondere nella costruzione del ponte sia alternativo a quello di completare la rete infrastrutturale viaria nella nostra regione? Nessuno. Quando parliamo di cantiere Calabria intendiamo proprio dire che la nostra regione dovrà essere un fiorire di opere pubbliche.
 
I fondi e le possibilità finanziarie che si aprono sono talmente importanti da rendere compatibile un piano integrato di grandi opere che permetta di dare lavoro a centinaia di migliaia di persone che consenta a tantissime energie nel frattempo migrate fuori dalla propria terra di farvi rientro.

Il grande ponte non esclude gli altri ponti, le altre strade, la linea ferrata e le opere di riammodernamento.
Noi non dobbiamo scegliere tra il ponte e le altre opere. Noi dobbiamo avere uno scatto di mentalità che ci permetta di ambire alla realizzazione di tutto quanto serva al decollo definitivo e infrastrutturale della Calabria.

E a me sembra che in questo momento altamente formativo di confronto stia emergendo in tutta la sua concreta validità questa idea. In passato, ma anche nel presente, si è visto nel ponte dello Stretto un momento di spreco di risorse pubbliche.

Ora bisogna guardare a questa struttura come un momento costitutivo del rilancio culturale della Calabria, e dell'Europa tutta. Perché dico questo. Perché il cantiere Calabria non puoi pensare di aprirlo e di portarlo avanti con le sole risorse finanziarie a disposizione.

Il cantiere Calabria tra le cui opere spicca ovviamente il collegamento tra una sponda e l'altra dello Stretto, implica una rivoluzione dei costumi e delle metodologie a livello amministrativo e burocratico.

Se il motore delle istituzioni non viene prima rinnovato attraverso un piano di assunzioni che privilegi i meritevoli; se la tecnica l'innovazione non entrano come lubrificante nella macchina amministrativa, oserei dire nazionale, non solo regionale non puoi pensare di edificare neanche una garitta.

Per questo il ponte insieme alle altre grandi opere pubbliche del cantiere Calabria, tra cui il completamento della statale 106 e quello della linea ferroviaria insieme all'alta velocità, senza contare le bretelle di collegamento tra la Jonica e la tirrenica non deve essere visto come un momento di edificazione materiale ma come lo smantellamento dell'impianto amministrativo insieme alle sue pastoie che ha bloccato lo sviluppo del Mezzogiorno.

Potrete anche darmi del radicale, ma io sono convinto che se prima non variamo un corpo di norme nuove semplici chiare che sblocchino la pubblica amministrazione neanche un €1 può essere ben impiegato.

​La sovrapposizione di centinaia di norme molte delle quali in contraddizione tra loro, il labirinto legislativo da svecchiare hanno fatto sì che nei decenni le opere pubbliche siano sprofondate in una giungla normativa che ha solo favorito imbrogli e illegalità, oltre che freni intollerabili per lo sviluppo di un territorio.

Abbiamo visto morire in questa terra alla nascita ospedali strade cantieri nonostante Ognuno di questi potesse disporre di stanziamenti finanziari all'altezza.

Li abbiamo visti annegare in una selva di pastoie burocratiche che devono essere cancellate. 

A cura di Domenico Furgiuele.
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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