Nel 2012 è sceso ancora a -0,1%, nel 2013 era a -0,2%, nel 2014 stimato intorno a -0,4% e nel corso di questo 2015 dovrebbe proseguire col segno negativo di un ulteriore -1,1%.
Nel 2009 il PIL svizzero si è contratto del 2,1%, dunque meno della media europea, nel 2010 è rimbalzato del 3%, nel 2011 è salito di un altro 1,8%, poi 1,1% nel 2012, +1,9% nel 2013, +1,9% anche nel 2014. Nel 2015 dovrebbe riscontrarsi un tasso di crescita intorno allo 0,9%, visto peraltro al rialzo rispetto a mesi scorsi.
Una domanda sorge spontanea: dov’è la spirale deflazionistico-recessiva in Svizzera?
Il rafforzamento del franco svizzero dovrebbe inoltre spingere i prezzi al ribasso anche nei prossimi anni nel Paese, ma i tassi di interesse negativi e l’abbondanza di capitali impediranno con buona probabilità qualsiasi debacle finanziaria per il Paese.
Per i prossimi anni è atteso un ulteriore calo dei prezzi intorno al -0,5% nel 2016, per quanto riguarda il deflatore del PIL, e non sembra che lo scenario possa mutare al rialzo negli anni seguenti. Anzi, sono attesi ulteriori lievi cali dei prezzi, anno dopo anno, fino al 2020 come minimo, ma alcuni li stimano prolungati fino al 2050 (mi riferisco alle aspettative sul GDP deflator).
Tuttavia anche la stima del PIL 2016 è al rialzo: +1,5%.
La deflazione dunque non produce effetti negativi ovunque, sempre che esista una corretta definizione di “deflazione”. Gli svizzeri sono risparmiatori, a quanto pare la deflazione giova alla loro economia.
La Svizzera rappresenta solo uno dei tanti Paesi dove la crescita è salita a seguito della recente “deflazione globale”.
A cura di Vinicio Paselli