Il Paese si è fermato con coraggio e misure drastiche per contenere il contagio, bloccando o limitando ogni comparto, per tutelare la salute dei cittadini. Nonostante scelte risolute e severe, continuiamo a subire ingenti perdite di vite umane, oltre 21.000, e ad avere pazienti ospedalizzati e in terapia intensiva.
Le cure usate sono abbastanza efficaci, ma richiedono tempi lunghi che gravano su strutture ospedaliere quasi al limite. Migliaia di scienziati sono incessantemente all’opera per trovare un vaccino e riprendere la vita interrotta. Un obiettivo che certamente sarà raggiunto, ma tra alcuni mesi.
Stiamo vivendo dunque settimane di incertezza in cui le Istituzioni hanno il compito di indicare il percorso per supportare il Paese, dando risposte concrete e sostegno economico. Si deve oggi più che mai riflettere sulle tempistiche di provvedimenti, riaperture e, soprattutto, sugli interventi per uscire da questa gravissima crisi umanitaria e finanziaria.
Perché l’emergenza italiana Coronavirus convive con una emorragia economica senza precedenti. L’imperativo al momento è, dunque, predisporre un piano generale che ci consenta di convivere in sicurezza con questo virus riprendendo quanto prima le attività.
Gli obiettivi immediati sono certamente sanitari, perché abbiamo registrato una mortalità altissima. Si devono perciò avere disponibili oltre 12.000 terapie intensive, che seppur oggi a quota 9.000, potrebbero non bastare.
Abbiamo una linea protettiva ottimale costituita di medici, infermieri e ricercatori e introdotto nuovi utili comportamenti come il distanziamento sociale e i DPI, mascherine e guanti, nei luoghi pubblici.
Serve supportare al meglio tutto il personale impegnato nei servizi pubblici essenziali, affinché il sistema possa reggere questa lunga battaglia. Questo programma di ripresa riguarda anche tutte le attività istituzionali e gli organi costituzionali.
Si deve, infatti, poter convocare il Parlamento in sicurezza per votazioni e discussioni, così come consentire l’ingresso ai cittadini in tutti gli Uffici pubblici. Perché l’Italia deve ripartire e prima possibile.
Esiste, infatti, un concreto pericolo recessione. Era atteso un fatturato in crescita dell’1,7% quest’anno e del 2% il prossimo. Stime da rivedere totalmente a causa della situazione attuale. Contingentare le fabbriche, chiuderle in alcuni casi e limitare la produzione di interi comparti imprenditoriali incide per Confindustria sullo 0,75% del PIL: costa più di 10 miliardi a settimana, con una riduzione fino al 0,4%.
Fino a maggio le aziende perderanno 275 miliardi di euro, nel biennio ricavi per 641 miliardi, circa 469 nel 2020 e 172 nel 2021. 750 mila imprese in 233 diversi settori produttivi, il 10,4% di queste, rischierebbe il fallimento. Perdite ingenti che potrebbero peggiorare, trascinandosi interi settori economici. Preoccupano in particolare specifici ambiti, tra cui il turismo.
Il fatturato degli alberghi potrebbe scendere ai 3,3 miliardi. Confturismo prevede infatti nel trimestre marzo- maggio, oltre 31,6 milioni di turisti in meno, per complessivi 7,4 miliardi di euro.
Medesima sorte per auto, veicoli industriali e automotive in possibile calo del 45,8%. Senza trascurare, secondo l’International Air Transport Association, il ridotto traffico aereo che ha già danneggiato seriamente molte compagnie del settore.
La Crisi Covid19 sta coinvolgendo tutte le nostre regioni, in particolare quelle maggiormente industrializzate: la Lombardia con un calo del fatturato di 182 miliardi, il Lazio di 118, il Piemonte di 60, Veneto ed Emilia Romagna di circa 57.
Adesso dobbiamo definire un piano di riapertura, basato su maggiore liquidità per professionisti, autonomi e industrie, un massiccio piano di investimenti per i cantieri e maggiore flessibilità per tassazione e finanziamenti. Dobbiamo costruire un futuro fondato sull’occupazione, salvaguardando in maniera immediata soprattutto le PMI, maggiormente esposte.
Lo Stato dovrebbe favorirle anche offrendo garanzie agli istituti Bancari. Si renderebbero così gli Istituti finanziari certo più disponibili a sostenere le imprese in carenza di liquidità, finanziando ad esempio prestiti compresi tra il 20 e il 25% del fatturato dell’anno precedente con una loro restituzione senza interessi in più mensilità da gennaio 2022. Puro ossigeno per artigiani e professionisti.
Si potrebbero inoltre ammodernare strade e scuole, coinvolgendo le istituzioni locali, come Anci e Ance, contenendo il crollo del PIL e le fasce economiche più deboli. È però indispensabile liberarci da una burocrazia lenta e complessa.
Solo così infrastrutture, opere pubbliche e reti tecnologiche potranno guidare la ripresa. Solo così si potrà trasformare questa emergenza in una insperata opportunità. Sarà un futuro diverso quello che avevamo previsto. Un tempo in cui l’Italia potrà però assumere un ruolo centrale, se sarà abile nel sfruttare le sue eccellenti risorse.
Esistono, infatti, settori in crescita su cui costruire la ripresa: la grande distribuzione alimentare, il commercio nel campo farmaceutico e medicale e quello online, includendo anche la digitalizzazione, essenziale per produttività e smart working.
L’Italia oggi è a casa, sospesa, ma non ferma. Progetta, idea e costruisce il suo nuovo futuro, trasformando ostacoli e difficoltà in incredibili possibilità.
A cura dell’On. Nicola Carè.