I primi giorni li ho passati in un ostello vicino a una spiaggia chiamata Bondi Beach e dalla seconda settimana mi sono trasferita in una casa in condivisione in un quartiere al nord di Sydney. Non è difficile trovare una casa in affitto qui, ogni giorno vengono pubblicati annunci su diversi canali e siti on line. Così ho iniziato a vivere in Australia e ho iniziato a capire perchè questo Paese risulta così affascinante nell’immaginario collettivo mondiale.
Ho trovato lavoro dopo una settimana in una gelateria vicino al mare, dove ho lavorato per i primi 3 mesi.
Mi svegliavo al mattino presto e andavo a correre lungo la spiaggia prima di iniziare il turno e le persone che incontravo con lo sguardo mi salutavano tutte sorridenti. Mi sembrava irreale.
Vivendo qui mi sono resa conto che in Italia passavo buona parte della settimana nell’attesa del week end per poter avere del tempo libero. Ora ho più tempo da dedicare a me stessa ed è più facile sentirsi felici quando si ha più tempo a disposizione.
Dopo Sydney mi sono trasferita a Melbourne per un pò, una città sicuramente affascinante e forse la più europea d’Australia. Sono stata un mesetto, sfruttando la mia posizione da turista, respirando e vivendo a pieno il fermento culturale del posto.
Da Melbourne ho deciso di prendere un van e partire per un viaggio on the road lungo la costa. Ho percorso la Great Ocean Road fino ad Adelaide, poi a sud ovest nella direzione di Perth e poi la costa est fino a Sydney. A parte un primo momento di confusione causato dalla guida a destra, per il resto è stato un viaggio indimenticabile.
Penso che viaggiare con un camper sia il modo migliore per scoprire l’Australia e vivere a pieno la sua natura selvaggia. Svegliarsi al mattino all’alba direttamente sul mare e vedere il sole sorgere tra le onde, su queste immense spiagge disabitate australiane è uno degli spettacoli più belli a cui abbia mai assistito nella mia vita. Vedere i delfini, pinguini, koala, canguri, coccodrilli e tutti gli animali nel loro habitat naturale è decisamente un’esperienza memorabile. La cosa più normale per gli australiani sono gli squali, semplicemente mettono un segnale del tipo “shark sighted today. enter water at own risk”, ovvero avvistato squalo oggi, entrate in acqua a vostro rischio e pericolo” E nonostante questo si vedono nell’acqua decine e decine di surfisti.
Penso che l’Australia sia il paese con il maggior numero di backpackers (così vengono chiamati i viaggiatori zaino in spalla) perchè è un paese perfettamente organizzato per questo. Ho sempre trovato con facilità posti dove campeggiare gratuitamente, bagni pubblici e docce calde.
Terminato il mio periodo di viaggio on the road sono partita per l’Indonesia.
Un paradiso, specialmente le Gili Islands. La gentilezza e la gioia dei balinesi è travolgente, gli unici posti che non mi hanno entusiasmata sono stati Kuta e il sud di Bali, troppo turistici a mio avviso. La cosa migliore per scoprire Bali è alloggiare a Ubud, nel centro dell’isola, da dove organizzano tutte le escursioni per i punti più belli e interessanti dell’isola, ho apprezzato molto la visita alle risaie e alle piantagioni di caffè e cacao. Ho provato cosa vuol dire ritrovarsi con un motorino nel mezzo di una pioggia tropicale (quando piove, piove seriamente).
Rientrata in Australia, mi sono diretta verso l’Outback australiano, nel mezzo del Queensland.
Ho iniziato a lavorare in una farm di agrumi in un minuscolo e sperduto paese chiamato Gayndah.
Mi ricordo che il primo giorno di lavoro nella piantagione è stato massacrante: sveglia alle 4.30, ho iniziato la raccolta alle 6.00 del mattino e finito alle 6 di sera. 12 ore di lavoro per riempire 1 barile di lime. È stata necessaria qualche settimana di pratica e poi il lavoro è diventato più semplice.
Il lavoro di raccolta è duro, non l’avevo mai provato prima. Soprattutto nel Queensland, dove le temperature sono di circa 40 gradi durante la stagione di raccolta.
Ho lavorato nella farm per 88 giorni, i giorni necessari per poter applicare per il secondo visto working holiday e restare un altro anno in Australia.
Mentre lavoravo nella piantagione mi sono spesso chiesta: “Erika perché lo stai facendo? Perché non torni a casa?”. Ma vedere la terra piatta e l’immenso cielo stellato la notte, senza assolutamente nulla nel mezzo è un’emozione indescrivibile. E questa esperienza mi è servita per sperimentare un altro modo di vivere, nel mezzo della natura, lavorando per soddisfare esclusivamente solo i bisogni primari.
Il tempo non si occupa, si vive. Ed è più facile farlo nel mezzo nel nulla, dove non si hanno distrazioni a disposizione.
Nessun centro commerciale, nessuna discoteca, nessun ristorante, nessun museo, nessun centro città da visitare, nessun bar dove prendere un buon caffè o trovarsi per un aperitivo. Quando si vive in una grande città non serve ingegnare la mente. È tutto pronto all’uso. Tutto semplice, a disposizione. Invece nella farm ho iniziato a fare una marea di cose apparentemente inutili.
Ho trovato una scatola di colori ad olio e una tela e ho iniziato a dipingere. Ho appeso in cucina una lavagna dove scrivere una frase di riflessione per ogni giorno trascorso.
Ho camminato per ore senza una meta, passando giornate ad ascoltare gli uccelli cinguettare e a guardare le increspature perfette nell’acqua del lago. Alcune volte mi sono svegliata di notte, senza l'ansia di dover dormire per forza solo perché è notte e mi sono goduta l’immenso cielo stellato senza essere disturbata da nessuna luce, perdendomi in mezzo a quei mille puntini irregolari.
Ho letto e sono pienamente d’accordo con l’idea che il vero viaggiatore non è colui che si affanna per arrivare ad una meta, ma chi riesce ad assaporare il percorso che si compie per raggiungerla: il luogo dove vorremmo già essere, il posto che ci attende. Ma nel mezzo, tra ciò che si lascia e ciò che si va a cercare, ci sono le emozioni del passaggio, gli occhi che osservano attenti e il cuore che batte. E ringrazio l’esperienza di Gayndah per avermelo fatto capire.
Dopo aver finito i mesi di isolamento e lavoro nella piantagione, mi sono trasferita a Brisbane.
Mi ci sono voluti un paio di giorni per riabituarmi a stare in mezzo alle persone, in una grande città con eventi, comodità e tante cose da fare.
Tutt’ora vivo qui e devo ammettere che Brisbane non ha nulla da invidiare alle due altri grandi sorelle: Sydney e Melbourne.
Prima di tutto adoro il clima, ci sono 10 mesi di caldo e sole. E poi la gente con l’aria rilassata e felice.
Quando sono arrivata ho iniziato la ricerca di un lavoro, e ammetto che ho avuto fortuna. Mi sono iscritta in una palestra vicino a casa e mentre seguivo una lezione, ho conosciuto il direttore di un’agenzia pubblicitaria che, interessato alla mia laurea e alle mie precedenti esperienze lavorative, mi ha proposto di passare in sede da loro per un colloquio. Così è iniziata la mia collaborazione con l’agenzia.
Sono entusiasta del metodo di lavoro che hanno. Il primo giorno mi sono stupita quando ho visto il Direttore creativo e l’Art Director sfidarsi a freccette durante la pausa pranzo per poi riprendere a lavorare duramente. Ho la percezione che gli australiani abbiano un modo diverso di gestire il bilanciamento tra tempo libero e lavoro rispetto alla mia esperienza italiana.
Sono stata inserita nel team dei creativi e sto imparando molto ma soprattutto sto avendo la conferma che sapere l'inglese è fondamentale se si vuole lavorare in un contesto globale. E purtroppo a volte noi italiani siamo svantaggiati.
L’altro giorno ho letto un articolo online che descriveva le cose che cambiano quando vivi all’estero e, nella sua semplicità, ho trovato questa frase che riassume perfettamente cosa mi ha insegnato l’esperienza australiana: “In realtà non è cambiato molto, sei libero proprio quanto lo eri prima, ma la sensazione che ti avvolge è tutt’altra cosa. Dopo aver superato momenti difficili da sola in un posto a migliaia di chilometri da casa tua, senti che riusciresti a fare qualsiasi altra cosa.”
Penso che, dopo l’adrenalina data dal vivere inizialmente in qualsiasi nuovo posto, questo senso di “possibilità” è la sensazione più bella che provo a vivere qui ed è il motivo che mi spinge a non tornare in Italia ancora per un po’.
A cura di Erika Romano
Foto credits: Erika Romano