L’Europa centro-meridionale riporta ondate di calore, incendi e siccità, quella settentrionale è sempre più umida. Il Mediterraneo si sta inaridendo. Nell’ultimo anno, 74.155 incendi hanno distrutto parte della foresta amazzonica in America meridionale. In Africa, il Mozambico ha affrontato un’ondata di siccità senza precedenti e due cicloni devastanti.
Eventi atmosferici che hanno flagellato il suo ecosistema assieme a deforestazione e sfruttamento commerciale clandestino. L’Australia, poi, in questa lunga estate, ha pagato un prezzo altissimo. Incendi distruttivi senza precedenti hanno funestato il suo fragile e unico ecosistema. Si tratta di fenomeni violenti che impattano sull’esistenza degli uomini e anche sulla stessa economia, sottraendo preziose risorse.
L’ICA, Insurance Council of Australia, ad esempio, ha ricevuto 10.550 richieste di risarcimento per calamità naturali. 939 milioni di dollari australiani persi. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una decisa accelerazione del fenomeno, superando i 4 miliardi di dollari. Gli incendi australiani degli ultimi mesi hanno arso 10 milioni di ettari, distrutto 1.400 abitazioni, ucciso un miliardo di animali, causato 24 vittime.
Il 2019 è stato per l’Australia l’anno più caldo in assoluto, con una media di oltre due gradi superiore rispetto all’ultimo secolo. Anche l’anno con meno millimetri di pioggia caduti. Dicembre, inoltre, ha costituito un record-nel-record, con una media nazionale di 42°C e aree in cui si sono sfiorati i 49°C. Nella vegetazione più secca, il fuoco si sviluppa con più facilità, le fiamme divengono indomabili, la potenza sprigionata è superiore.
Calore estremo e piogge scarse sono connessi a dei fattori metereologici ben precisi legati all’emergenza climatica: la modifica dei venti del Southern Annular Mode, lo spostamento delle correnti anti-alisei occidentali, le temperature estreme sull’Antartide, l‘assenza di El Niño. Un circolo vizioso che aumenta le zone incendiabili. In questo quadro preoccupante, i Paesi in via di sviluppo pagano un prezzo altissimo, poiché dipendono dal loro habitat naturale e dispongono di limitate risorse. Pur contribuendo solo al 5% delle emissioni inquinanti, l’Africa ne subisce, infatti, le maggiori conseguenze.
Tra il 1980 e il 2011 le alluvioni hanno colpito più di 5,5 milioni di persone, per oltre 90 miliardi di euro, danneggiando agricoltura, silvicoltura, energia e turismo. La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, UNFCCC, ha concordato di limitare al di sotto dei 2 °C l’aumento della temperatura.
L’UE ha un ruolo essenziale e continua ad essere ambasciatrice sempre più attiva nel settore. Dopo gli obiettivi del protocollo di Kyoto si è imposto, infatti, di limitare del 20% i gas serra, con uno scambio di quote di gas all’interno dell’Unione nello spirito di “condivisione dello sforzo”. L’AEA, il centro dati dell’Unione Europea sulle emissioni di questi gas, sostiene l’attuazione della normativa sul clima, la valutazione delle politiche e le strategie a lungo termine per contenere i danni climatici. In questo contesto difficile, il Green New Deal è il grande progetto UE per la sostenibilità ambientale.
Il Parlamento dell’Unione ha segnato la prima tappa di questo ambizioso progetto di legge. La sua assemblea, compatta, ha approvato, infatti, un cospicuo piano di investimenti per concretizzare la trasformazione sostenibile degli Stati membri. Per creare “un vecchio-nuovo continente” a impatto zero entro il 2050. Una risposta all’emergenza dei cambiamenti climatici. Una legge vincolante per tutti i Paesi UE verso la neutralità degli inquinanti entro il 2050. Un approccio che ha evidenziato come, i singoli Paesi non possano cambiare lo stato degli eventi, senza un obiettivo e ingente piano di investimenti finanziari.
Una transizione dunque focalizzata verso una equa e giusta economia sostenibile, che non lasci indietro nessun cittadino e regione UE, decarbonizzando il settore energetico, che costituisce, oggi, il 75% delle emissioni inquinanti, dunque l’indiscussa priorità. La trasformazione toccherà la produzione industriale. Per divenire leader della Green Economy, si devono considerare inoltre i trasporti, responsabili del 25% delle emissioni nel continente, in un’ottica di sostenibilità.
Un progetto che coinvolgerà anche l’edilizia, con edifici abitativi a risparmio energetico. Il sostegno finanziario verrà focalizzato sulle economie locali più dipendenti dal carbone e dai combustibili fossili, con maggiori finanziamenti, come per la Polonia che riceverà maggiori liquidità. 1.000 miliardi di euro in 10 anni. Le casse dell’Unione stanzieranno 7,5 miliardi.
Gli Stati integreranno questi introiti con quelli del Fondo Sociale Europeo Plus, del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e delle risorse nazionali. Anche InvestEu parteciperà con circa 279 miliardi di euro tra fondi pubblici e privati. Un sistema di prestito a favore del settore pubblico con il sostegno della Banca Europea per gli Investimenti, per risorse tra i 25 e i 30 miliardi di euro.
Un piano capillare e ben costruito, un esempio di collaborazione e solidarietà che, ne sono certo, ispirerà un approccio internazionale più ampio e in cui l’Italia, sensibile alle tematiche ambientali, ha un ruolo da protagonista. Verso un mondo Greenlife, rispettoso dell’ambiente e del futuro delle prossime generazioni.
A cura dell’On. Nicola Carè.