Il Covid è stata una crisi drammatica che ha sconvolto le nostre vite in modo indimenticabile. Se dal punto di vista sanitario stiamo superando la parentesi peggiore e stiamo tornando alla normalità pre-covid, difficilmente torneremo al passato per tutti gli aspetti che la digitalizzazione ci ha portato. A cura di Davide Zanichelli |
La crisi militare iniziata a fine febbraio con l’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina, è un conflitto che incide sensibilmente su dinamiche globali e incide sensibilmente su diversi piani: militare, economico e monetario. Se i primi due piani sono tremendi ed evidenti, è anche l’aspetto relativo al ruolo delle monete che sta avendo una notevole accelerazione, in particolare rispetto al ruolo del dollaro come strumento globale per gli scambi economici associati alle materie prime e delle commodity in generale, ma anche come le monete possono risultare strumento (efficace o meno) di protezione dei risparmi in seguito al balzo che ha fatto globalmente l’inflazione, anche in Europa, erodendo la liquidità di liberi cittadini incolpevoli della situazione che stanno vivendo e delle scelte intraprese dalle banche centrali.
Le criptovalute sono infatti nate nel 2009 come strumento per consentire alle persone di poter gestire lo scambio di valore su internet in maniera indipendente da qualsiasi intermediario e dalle politiche giuste o sbagliate di qualsiasi organismo centralizzato, e per farlo utilizzano la Blockchain, un registro distribuito che, sulla base di meccanismi, regola l’erogazione e l’incensurabile circolazione di queste criptoattività tra parti. Un’infrastruttura per sua natura, dipendente solo dalle regole informatiche scritte su codice open-source e dalla legge della domanda e offerta. Se dopo le prime settimane ormai è assodato che le criptovalute non vengono utilizzate per aggirare le sanzioni, è invece per la necessità delle persone, per le quali le svalutazioni in corso sulle monete nazionali è impattante, che le criptovalute stanno incrementando il loro ruolo come strumento per proteggere i propri risparmi.
E’ dunque “dal basso” che viene alimentato questo cambiamento, anche politico, di cui le criptovalute sono strumento innovativo grazie alla rete. Uno strumento globale in mano ad esempio alla popolazione turca, che ha visto una riduzione del 40% in un anno della propria lira; o nelle mani de libanesi, che qualche giorno fa hanno visto sancita la bancarotta della propria moneta, ma anche strumento politico in senso stretto: la stessa Ucraina ha raccolto fondi pubblicando un tweet diventato celebre che ha indicato gli indirizzi BTC ed ETH a cui far pervenire il denaro da tutto il mondo a sostegno della resistenza.
Uno strumento nelle mani delle milioni di persone cosiddette “unbanked” al mondo, specialmente donne, a cui è impossibile avere un conto in banca, ma che invece dispongono di uno smartphone con il quale hanno la necessità di scambiare valore tramite la rete. Ma gli stessi Stati Uniti ne sono consapevoli di questa rivoluzione: Wikileaks quando la FED chiese a Visa e Mastercard di interrompere le donazioni in seguito al caso Assange, rimase in piedi proprio grazie alle libere e incensurabili donazioni in criptovalute da parte di persone che sostenevano liberamente il progetto e volevano contribuire al suo sostentamento. Così come in Russia, dove è proprio grazie alle cripto che il partito di Navalny, l’oppositore di Putin, si finanzia.
Ecco dunque che le criptovalute sono ben di più di uno strumento speculativo finanziario, sono un’intrinseca innovazione legata alla rete che può costituire uno strumento di libera circolazione del valore su internet tra persone o cose (grazie a smart contract) esattamente come circola liberamente l’informazione da decenni aprendo sviluppi che in tutto il mondo hanno significato opportunità, investimenti e posti di lavoro nella cosiddetta “New Economy” generata da “internet dell’informazione”.
E come spesso accade, chi saprà interpretare questo cambiamento, coglierlo, e indirizzarlo, potrà beneficiare del vantaggio competitivo dato dalla tempestiva opportunità di chi coglie l’innovazione in anticipo. Mentre stare a guardare invece significa perdere il treno di nuove opportunità nascenti facendo fuggire cervelli in favore di chi gioca d’anticipo, oltre oceano ma anche in Unione Europea. L’ultima considerazione invece è rivolta alle banche centrali, perchè le prossime CBDC (Central Bank Digital Currency) vengono spesso associate alle criptovalute. Parliamo invece di cose intrinsecamente diverse: centralizzate le prime, come recita la prima parola dell’acronimo e distribuite le seconde.
Le CBDC però, nascono inizialmente in Cina dove il digital yuan è già realtà nelle comunità cinesi, come reazione scomposta alle criptovalute e per rispondere alla necessità dello stato centrale di conoscere (e controllare direttamente) le transazioni economiche dei cittadini. L’Euro Digitale previsto per il 2026, ma credo che la BCE anticiperà i tempi, spesso viene raccontato come alternativa digitale alla carta e in competizione con le criptovalute, incomprensibilmente anche da esponenti della BCE stessa. Io mi auguro che anche su questo campo non si arrivi allo scontro tra centralizzazione e decentralizzazione.
La vera evoluzione sarà se le istituzioni (politiche e monetarie) comprenderanno che la risposta non dovrà essere sul piano della competizione ma nel rispetto della libertà delle persone per l’aspetto della salvaguardia dei propri risparmi e per il perseguimento della maggior trasparenza e della condivisione delle decisioni politiche e di politica monetaria inclusa. Se così non sarà, l’innovazione tecnologica sarà sempre un passo avanti per consentire ai cittadini di raggiungere questi risultati di libertà.