Konstantin Steinmeyer è un ragazzo speciale. Nato in Germania, è cresciuto a stretto contatto con il mondo tra Europa, Stati Uniti e Brasile. Da bambino veniva spesso interrogato sul suo futuro da amici e parenti; alla domanda “Che cosa vuoi fare da grande” non sapeva rispondere, ma ispirato dai tanti viaggi nelle antiche città europee e dal suo vecchio appartamento a Bonn, aveva trovato una buffa risposta. “Un giorno mi trasferirò in una torre - sentenziava - e li trascorrerò i miei giorni leggendo tutti i libri che non ho avuto il tempo di leggere nella mia vita cullato da un'amaca e accarezzato dal vento”.
Non sapeva che alcuni anni dopo quella frase si rivelò essere una profezia.
Il rapporto di Konstantin con il cibo è sempre stato particolare: “Fin dall’età di 5 anni cucino per me stesso, per capire cosa c’è dentro ciò che mangio” racconta. “Ho un'allergia al MonoSodioGlutammato (MSG), all’additivo per esser precisi, rischiosa per la mia salute e per questo per me è essenziale conoscere a menadito quello che ingerisco. Nei cibi tedeschi era onnipresente e non dichiarato e quando ero piccolo e mi provocava collassi, attacchi d’asma ecc.”. Il cibo era la causa del suo più grosso problema, ma doveva esserne anche la soluzione. Stanco delle medicine iniziò a cucinare per dovere, innamorandosi della natura e del suo rispetto sempre di più. “Per stare bene devi prima curare la natura che ti sta attorno perché sarà lei a curare te”. Ospite di una famiglia nipponica in Brasile a 16 anni per un progetto sull’ambiente e sul sociale, rimase folgorato dal rispetto giapponese verso gli ingredienti e dal loro modo di cucinarli. “Capii che l’insalata era eccezionale per il modo in cui era stata trattata e che l’attenzione e il clima intorno a te si riflettono nel cibo che prepari”. Iniziò quindi la sua carriera di cuoco itinerante, interessato ai valori della natura e con il crescente desiderio di aggiungervi qualcosa. Era il 2008 e alla radio conobbe Pollenzo: il programma dell’Università di Scienze Gastronomiche sembrava scritto per lui, ma il costo della retta lo costrinse ad abbandonare l’idea. Annoiato ormai della vita in cucina, a 21 anni, si iscrisse ad una scuola di psicologia, affiancandola nel tempo libero ad un piccolo catering ambulante di caffè da lui tostato e praline homemade, con il sogno di trasformarlo in un “caffè da strada” di Amburgo. Un giorno però, a causa di un brutto incidente, purtroppo, il sogno andò in frantumi e una brutta frattura gli compromise per sempre il futuro da cuoco.
Non tutti i mali vengono per nuocere: non potendo più cucinare ogni giorno, ritornò la voglia di studiare le tanto amate Scienze Gastronomiche a Pollenzo che, con qualche sacrificio, riesce a permettersi. Sapeva di voler andare oltre il mestiere del cuoco, di voler lavorare sul pensiero del cibo, sull’educazione e sapeva che quello era il posto giusto per farlo, ma non sapeva che avrebbe trovato qualcosa di più.
“Era estate ed ero a caccia con un amico intorno a Pocapaglia (Cn) – racconta - e colpii una pernice; raccogliendola tra gli arbusti, alzai lo sguardo verso l'alto e scorsi una torre”. Colpo di fulmine. “Ne fui immediatamente attratto e decisi di entrarvi. Era completamente vuota, impolverata, nessuno ci metteva piede da tempo. Divenne la mia ossessione: volevo passare ogni mio attimo libero in quel piccolo gioiello per godere della pace della natura, ma entrare in contatto con i proprietari fu più difficile di quanto mi aspettassi e allora mi diedi da fare con la torre per conto mio. Ripulii l'interno, riparai il tetto e le scale e chiamai alcuni amici carpentieri da Amburgo per farmi aiutare a risistemare i muri. A fine lavori organizzai una festa di ringraziamento alla torre, una cena a lume di candela con musica dal vivo. La festicciola creò un gran scalpore in paese, tanto che alcuni giorni dopo mi arrivò una email dall'Università di Scienze Gastronomiche che accennava dell’occupazione di una proprietà privata da parte di un ragazzo tedesco. Grazie a questa mail riuscii a contattare i proprietari: “Ciao, sono il ragazzo che occupa la torre” scrissi loro e poco dopo ci incontrammo. Non capivo come loro potessero lasciare un luogo così abbandonato a se stesso e gli spiegai la mia visione, la voglia di salvare la torre e la biodiversità intorno che stava morendo”. Ci vollero molte telefonate e incontri, ma alla fine Konstantin ottenne il lasciapassare alla proprietà e la libertà esaudire i suoi desideri.
E ora, come riportare la torre alla sua originale bellezza, e forse anche qualcosa di più?
In primis ristrutturandola da cima a fondo, ricostruendola con materiale riciclato perché nulla è rifiuto secondo Konstantin e può, anzi deve avere una nuova vita. Poi?
“Così al naturale sarebbe il luogo ideale per una Tea House - spiega - luogo d’incontro e avvicinamento delle persone alla natura. Creando un orto didattico biologico nella proprietà, producendo piccole quantità di salumi e formaggi a scopo dimostrativo (e di autosostentamento), la torre sarebbe il luogo perfetto per raccontare il prodotto in tutta la sua storia, per mangiare, bere e pensare, uscire dalla realtà e scoprire la vera natura. È l’habitat ideale per organizzare simposi, eventi, scambi di cultura culinaria e non, lezioni di fermentazione, produzione (pane, birra, kombucha, aceto e altro)".
Ma non è tutto: il vero progetto principe, figlio della passione di Konstantin per il caffè, è un altro. La torre sarà una Torrefazione, un piccolo stabilimento di torrefazione artigianale di caffè e cacao selezionati, speciali e brasiliani come Karen Lopes, la compagna nella vita e nelle idee di Konstantin. Il progetto Torre di San Teobaldo è ora fermo al pit-stop, servono soldi e tempo per terminare i lavori. Il piano torrefazione è già stato scritto e rientra in un programma più ampio di una start up di ricerca di caffè verde in Brasile, alla quale verranno aggiunte la selezione di cacao e cupuaçu, un superfrutto dell’Amazzonia con cui sperimentare nuovi “cioccolati”.
Nel frattempo, tra una ristrutturazione, un’idea e un'altra la Torre ha già ospitato e incantato alcuni eventi studenteschi e non, tra cui il Bike’n Eat organizzato in occasione di Cheese 2015, un Seed Swapping Party e varie serate di cibo, musica e lezioni gastronomiche.
Nell’attesa che i lavori riprendano il via, Konstantin trascorrerà alcuni mesi a Lotseninsel - Schleimünde (Germania), in un’isola protetta per occuparsi in loco di orticultura, fungicultura e ricerca di cibi del passato della zona, studiandone l’evoluzione nel neo laboratorio di fermentazione che gestirà per alcuni mesi.
La Torre sarà lì ad aspettarlo, affascinante come sempre, pronta a continuare il suo sogno diventato realtà.
A cura di Greta Contardo