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I principi per una buona comunicazione

8/1/2021

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Capita spesso di conoscere qualcuno e dopo pochi istanti percepire un disagio nella conversazione.
Chiariamoci qualche idea su come approcciare ad una buona comunicazione in qualunque ambito. Capita spesso di conoscere qualcuno e dopo pochi istanti percepire un disagio nella conversazione, ma razionalmente non riuscire a capirne il motivo. I principi cardine per una buona comunicazione sono 23, spesso sconosciuti alla maggior parte delle persone. Diamo una sbirciatina ai soli primi cinque che risultano già essere di grande importanza per una buona partenza. Il primo principio della comunicazione? Sorridere. 

Sembra banale ma è, in realtà, fondamentale. Il sorriso predispone all’accoglienza, costa meno a livello di fatica e crea un ambiente sereno. Volendo sperimentare questo principio: due persone si incontrano, l’una sorride l’altra e si potrà constatare che alla ricevente viene voglia di sorridere. Il sorriso è contagioso. Il secondo principio della comunicazione è rivolgersi in tono amichevole.

Il tono, che rientra in uno degli otto modi di comunicare, fa sì che l’altro si senta nella condizione ideale alla conversazione che inizia. Con il tono possiamo mettere a proprio agio o a disagio una persona, e trasmettere tutta una serie di segnali e informazioni che vanno molto al di là dell’informazione verbale.

Il terzo principio è chiedersi il nome reciprocamente e ripetere il nome della persona con cui parliamo. Questo crea fluidità e riguardo nei confronti dell’altro. Il quarto principio è fare valutazioni positive. Non cadere nel giudizio o nelle critiche, ma valorizzare quanto di positivo c’è in ciò che è argomentato. Il quinto principio è fare apprezzamenti onesti e sinceri. 

Questo principio, se messo in atto, diventa un esercizio molto utile anche a sé stessi, come sorridersi allo specchio. Lo facciamo con gli altri e di riflesso con noi. Imparare a fare complimenti sinceri diventa un’attitudine. 

Qualsiasi attitudine, seppur innata, se non allenata non si presenta. Il rituale è ciò che facciamo in automatico: una somma di abitudini. Se noi sfruttassimo il rituale a nostro vantaggio, svilupperemmo un’attitudine, acquisiremmo una capacità.

Un esempio semplicissimo: se creo l’attitudine di sorridere e sorrido ogni giorno, “condiziono” il mondo a sorridere. Più io sviluppo questo, più io otterrò questo. Ci siamo accorti sperimentando, di contro, che spesso ci sforziamo a non sorridere. Perché ci sforziamo ad avere questo tipo di atteggiamento? 

Si potrebbe dedurre o identificare erroneamente con il carattere della persona, ma in realtà è ben altro! Rimanendo in quell’atteggiamento possiamo ottenere più cose, come attenzioni e carezze, oppure far sentire in colpa l’altro, oppure farla pagare a qualcuno, una sorta di vendetta.  Chi mette il broncio lo fa scientemente. 

In effetti si è potuto riscontrare che le migliori e più potenti “armi” che abbiamo per “sconfiggere” chi ci fa del male (consapevolmente o no) sono il sorriso e la carezza. Quanti tipi di carezze esistono? Fisica, verbale, materiale. Una volta appreso questo starà a noi decidere quale tra queste utilizzare all’occorrenza.

Alla base di tutto ciò dobbiamo ricordare che un comportamento diventa abitudine e poi attitudine e, di conseguenza, diventa parte di noi. Sta a noi decidere quali comportamenti vogliamo mettere in atto e quali, nel caso, voler comprendere per poterli cambiare.

A cura di Elisa Amelia.
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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