È la lettura che possiamo fare del “nuovo mondo” inaugurato dalla pandemia, al quale ho dedicato il libro “Grammatica del nuovo mondo” edito da Lupetti. Lo possiamo fare rileggendo alcune parole chiave a partire da altrettante storie di cronaca, alcune note, altre degne di diventarlo: tra esse ci sono aggettivi che hanno invertito la loro valenza (come positivo, diventato un termine negativo o quantomeno non più utilizzabile per lodare pubblicamente una persona) ed espressioni che hanno assunto nuovi valori (come RT, il retweet del social media Twitter utilizzato oggi per indicare il tasso di contagio, e come “Mani Pulite”, un tempo legate all’inchiesta giudiziaria di cui sta per ricorrere il ventennale e dal 2020 raccomandate da tutte le istituzioni pubbliche e private).
Nel nuovo mondo Covid sono emersi tanti lemmi diventati di uso comune come mascherina, smart working, infodemia o memorabilia dal nome dell’iniziativa pavese di raccolta di ricordi tra gli anziani promossa dallo Spazio Geco. Tra i termini c’è anche “paziente”, legato nella memoria collettiva al lombardo Mattia Maestri: la sua vicenda, raccontata dall’Ansa nella notte tra il 20 e il 21 febbraio 2020 con il lancio di Bianca Maria Manfredi, è un invito a riflettere come di fronte al male tutte le persone abbiano la stessa dignità e debbano essere curate nel miglior modo perché, come dimostra la storia a lieto fine di Mattia, per tutti ci può essere un futuro luminoso.
Molti, inoltre, sono i nomi propri di persona che hanno contribuito a scrivere le pagine degli ultimi due anni: è il caso della piccola Aurora Maria Perottino, nata a Moncenisio in Piemonte nelle settimane seguite allo scoppio del coronavirus, dopo anni che il secondo Comune più piccolo d’Italia non vedeva una culla riempita. È il caso, a proposito di persone, del capitano campano della Diamond Princess, Gennaro Arma, ultimo a scendere dalla nave posta in isolamento dal 5 al 27 febbraio 2020 nel porto di Yokohama in Giappone.
Oppure, ancora, dell’infermiera di Cremona Elena Pagliarini, addormentatesi sul tavolo di lavoro e immortalata in rete, della ricercatrice dello Spallanzani Francesca Colavita, a cui si deve l’individuazione della sequenza del nuovo coronavirus, dei nonni emiliani Alma Clara Corsini e Alberto Bellucci, ribattezzati “nonni Speranza” dopo aver sconfitto la malattia infettiva respiratoria a 95 anni e 100. E, inoltre, del “profeta” della pandemia Bill Gates con il suo speech premonitore fatto al TED di Vancouver il 18 marzo 2015, del presidente dell’Inter Steven Zhang, autore dell’invettiva “pagliacci” indirizzata al presidente della Lega dei professionisti della Serie A Paolo Dal Pino in vista del match Juve-Inter, e dell’imprenditore Gian Luca Rana con il superstipendio elargito due Natali fa a tutti i dipendenti.
Oppure, sempre in tema di nomi propri, i manager emiliani Giuseppe e Gianluca Preziosa di Siare Engineering, incaricati dal Governo italiano di produrre più di 2mila respiratori polmonari per gli ospedali italiani assieme all’Esercito. Per non dire di Gaetano Lapenta, inventore del brevetto Fybra in grado di monitorare l’aria nelle scuole e negli uffici, di Riccardo Parrini e Stefano Chiaramondia di PlasticFinder, la piattaforma Made in Italy dedicata alle materie plastiche anche di seconda scelta, diventata tra le più ricercate in seguito all’allarme dovuto all’approvvigionamento delle materie prime, oppure di Stefano Fucci della piemontese Asia Progetti, impegnata nel piano di ammodernamento dei sistemi di condizionamento degli ospedali durante la pandemia.
Come ha scritto il filosofo Salvatore Veca, scomparso, lo scorso 7 ottobre 2021, il nuovo mondo può insegnarci tanto: «Noi non siamo i signori dell’universo. Noi siamo nello stato contingente dell’essere “creature”, nel senso che il mondo non è in alcun caso nostro. Il nostro slogan “una sola umanità, un solo pianeta” va integrato con la glossa che ci ricorda che, come viventi, noi non siamo “soli”. Questa glossa elide la pretesa illusoria dell’eccezionalità antropocentrica».
È la lezione della pandemia: come siamo parte della natura e della cultura, così apparteniamo alla comunità vivente. Nel nuovo mondo, infatti, c’è spazio solo per la prospettiva dell’ecologia radicale e della giustizia sociale.
È l’innovazione di direzione della pandemia, che necessita di essere compresa e fatta nostra: «La pandemia potrebbe essere una busta che non vogliamo aprire, commenta lo psicanalista Luigi Ballerini. Potremmo essere tentati di non volerne più sentire parlare. “Basta”, “abbiamo già dato”, “non mettiamola più al centro dell’attenzione”, “voltiamo pagina”. Come ha scoperto Freud a beneficio di tutti, ciò che rimuoviamo ritorna e ci chiede il conto».
Per voltare pagina e guardare al domani con fiducia è necessario conoscere il passato e le sue parole. Quelle parole che, giorno dopo giorno, possono aiutarci a vincere la paura e ad aprirci agli altri.
A cura di Filippo Poletti.