Quindi è utile ripercorrere le “ipotesi” che si sono susseguite negli ultimi anni, per arrivare a una conclusione che, vedrai, sarà talmente logica che ti chiederai cosa c’è di tanto strano che l’ha resa fino ad oggi così difficile da comprendere.
Se tornassimo indietro agli anni 60, più o meno, ci troveremmo in un mondo dove l’ipotesi più accettata a livello globale, sarebbe che per sviluppare malattie infiammatorie croniche, comprese malattie infettive, allergiche, neuro-infiammatorie, neuro-degenerative, autoimmuni e cancro, ci sarebbe bisogno di una predisposizione genetica e l’esposizione a un fattore ambientale scatenante.
Un fattore ambientale scatenante potrebbe essere cibo, farmaci, infezioni e molto altro ancora. Oggi sappiamo che negli anni successi, abbiamo assistito ad una forte ondata di malattie infiammatorie croniche accompagnata da una pesante riduzione delle malattie infettive.
Questa correlazione, ovviamente, fa cadere l’ipotesi della predisposizione genetica, in quanto non sarebbe possibile lo svilupparsi di una tendenza di massa come quella che abbiamo vissuto negli ultimi 40 anni.
Al contempo, mentre i paesi “ricchi” del pianeta assistevano alla diffusione di malattie infiammatorie, nei Paesi in via di sviluppo erano ancora le malattie infettive a mietere morti tra la popolazione, fatto che alimentò l’idea diffusa che fosse una questione relativa all’igiene. Nei paesi sviluppati, dove si viveva una vita più agiata, si erano abbattuti tutti i batteri, compresi quelli “buoni”, utili a rinforzare il nostro sistema immunitario.
Questo ha portato ad una contrapposizione tra una parte estremamente povera del mondo, dove si muore “rapidamente” soccombendo alle malattie infettive, e una parte ricca del pianeta dove invece si muore lentamente di malattie infiammatorie, alimentando un sistema sanitario che è diventato, oggi più che mai, un business super profittevole.
Negli ultimi 60 anni, l’industria farmaceutica, ha semplicemente lavorato sull’innalzare lo stile di vita della popolazione, facendo in modo che le persone si “sentissero” bene il più a lungo possibile, attraverso prodotti farmaceutici che spesso e volentieri hanno come obiettivo il trattamento dei sintomi piuttosto che delle cause.
Questo, ovviamente, non può essere alla base di uno stile di vita sano, che deve necessariamente ricercare di agire sulle cause di un potenziale malessere e sulla sua prevenzione, soprattutto quando esistono le conoscenze per accertarne le possibile cause.
Ed è qui che dobbiamo iniziare a parlare dell’intestino e del glutine, perché il problema è che ci siamo dimenticati che il cibo è la chiave per uscire da questa gabbia nella quale ci siamo rinchiusi. A questo scopo oggi voglio portare alla tua attenzione gli studi del Prof. A. Fasano, oggi Prof. Emerito ad Harvard.
I suoi studi, iniziati circa 20 anni fa, si concentrano sulla “Permeabilità intestinale”. In parole semplici, quindi, parliamo del fatto che elementi che dovrebbero rimanere nelle feci, sono invece in grado di entrare all’interno del corpo, proprio attraverso l’intestino.
Questo attiva immediatamente il sistema immunitario che rileva elementi estranei all’interno del corpo fuoriusciti dall’intestino, iniziando quindi il suo processo di rimozione della minaccia.
Ovviamente, non essendo coscienti di questa reazione, noi proseguiamo ad ingerire glutine senza porci alcun problema, andando, di fatto, a rendere interminabile l’intervento del nostro sistema immunitario, che continuerà senza fine la propria azione di difesa, ed è esattamente questo meccanismo che genera uno stato di infiammazione cronica del nostro organismo.
Oggi sappiamo che il glutine fa parte di quegli alimenti che favoriscono la permeabilità intestinale e possiamo misurarla grazie alla presenza della “zonulina”, una proteina che causa proprio questa condizione.
È necessario constatare che il frumento che troviamo in natura non ha le stesse proprietà di una farina “raffinata”, seppur ricavata dallo stesso frumento, quindi il problema che viviamo oggi non è necessariamente legato soltanto al glutine ma piuttosto all’uso che se ne fa oggi in cucina.
Il motivo per cui quasi nessun medico, ancora oggi, parli di questa correlazione, è perché sono pochissimi i professionisti che hanno studiato la letteratura sulla zonulina da parte del Prof. Fasano negli ultimi 20 anni.
Ma se guardiamo al mondo scientifico più da lontano, possiamo notare che risalgono al 1967 i primi studi che connettevano i tumori del colon all’assenza di fibre nella dieta, che sono proprio l’elemento naturale, contenuto nel frumento, che viene eliminato nella stragrande maggioranza di farine raffinate e che serve proprio a regolare l’assunzione di carboidrati e del glutine nel nostro corpo.
Oltre a questo, nelle raccomandazioni europee contro il cancro, oltre alla carne lavorata (come ad esempio i wurstel), è scritto chiaramente di evitare la farina raffinata. È dunque ovvio che oggi come oggi, limitare l’assunzione di glutine e riscoprire una modalità più naturale di mangiare è la base necessaria per uno stile di vita sano.
La natura ci fornisce tutto quello di cui abbiamo bisogno, nel modo più adatto a noi. Più andiamo ad alterare il prodotto finale e più ci allontaniamo dal prodotto che il nostro corpo è progettato per utilizzare.
A cura di Francesco Norcini.