Senza alcuna ombra di dubbio, al di là di quel che se ne possa pensare o scrivere, “Il signore degli anelli: Gli anelli del potere” è una delle serie TV più attese degli ultimi anni. La produzione della serie iniziò nel 2017 quando la Warner Bros, casa produttrice della trilogia del regista Peter Jackson, e gli eredi di Tolkien risolsero una disputa legale circa i diritti di sfruttamento. |
Possiamo definire il prodotto finito come un’opera visivamente imponente, a cui il piccolo schermo stringe, poiché pensato come un’esperienza cinematografica a tutti gli effetti. Durante la visione, i fan del mondo tolkieniano vengono catapultati in un luogo percepito come casa, uguale ma diverso, che riesce a discostarsi da Peter Jackson senza però abbandonarne lo spirito. È proprio il formato che ci suggerisce quanto Gli anelli del potere miri ad essere un ibrido tra il mondo televisivo e cinematografico: è stato adottato un formato 2,39:1, molto più panoramico rispetto al canonico 16:9 (nonché standard per le produzioni televisive).
Ma veniamo alla trama, argomento decisamente più intricato e spinoso. Gli Anelli del Potere si basa sulle appendici al romanzo di J. R. R. Tolkien “Il Signore degli Anelli”, in cui l’autore descrisse alcuni eventi antecedenti a quelli del romanzo, ed è cronologicamente ambientato nella Seconda Era, centinaia di anni prima degli avvenimenti raccontati ne Lo Hobbit ed Il Signore degli Anelli. Allo spettatore viene presentato un mondo in uno stato di calma apparente, in un’epoca lontana in cui i grandi poteri furono forgiati, i regni ascesero alla gloria e caddero in rovina, improbabili eroi furono messi alla prova e la speranza appesa al più esile dei fili. Un nemico gigantesco, Morgoth, era stato sconfitto ma un suo adepto tramava nell’ombra, escogitando un piano per tornare a colpire. Tutto, quindi, è sull’orlo di un precipizio del quale non si conosce il fondo, ma lo si può percepire. Nello specifico, assistiamo alla forgiatura degli Anelli del Potere, all’ascesa del Signore Oscuro Sauron, alla caduta del regno insulare di Númenor e all’ultima alleanza tra Elfi e Uomini. Dalle più oscure profondità delle Montagne Nebbiose, alle maestose foreste della capitale elfica di Lindon, fino ai luoghi più estremi sulla mappa, questi regni e personaggi costruiranno un’eredità che sopravvivrà ben oltre il loro tempo.
Gli Anelli del Potere è un racconto corale, che narra di singole entità pronte a rompere gli schemi in cui sono rilegate, partendo da sole e lasciando indietro la propria casa, chiamati ad adempiere ad un destino maggiore. Da Galadriel fino alla giovane “pelopiedi” Nori, tutto in questi personaggi echeggia canti di ribellione. Come appena anticipato, lo spettatore avrà modo di rivedere sul piccolo schermo alcuni dei personaggi già noti al grande pubblico, come la sopra citata Galadriel, delle cui infanzia e gioventù si scopriranno numerosi aspetti, oppure come Elrond, il mezzelfo Noldor che nella Terza Era rappresenta uno degli Elfi più potenti dei Tempi Antichi. Abbiamo modo di vedere al massimo del loro splendore luoghi che, ai tempi de Il Signore degli Anelli, erano già in completa rovina come, ad esempio, Khazad-dûm (Palazzo dei Nani), ovvero le miniere di Moria nonché le uniche miniere di Mithril di tutta la Terra di Mezzo. Tutto è proprio come descritto da Tolkien nei suoi libri e da Gimli in La Compagnia dell’Anello, il primo film della trilogia cinematografica del Signore degli Anelli.
Uno degli elementi di maggiore fascino della serie Prime Video è proprio questa sostanziale differenza fra le sue ambientazioni e le loro rappresentazioni nelle epoche successive perché, come saprete, l’ambientazione del Signore degli Anelli è un mondo ormai in rovina, in cui restano solo frammenti che ricordano ai viandanti ciò che un tempo fu. La produzione in conclusione però risulta incostante, in termini di racconto, agli occhi di tanti. Dopo essere travolti dalla bellezza e dall’equilibrio delle prime due puntate, proseguendo con la visione non si può fare a meno di notare cali qualitativi seguiti da altrettanti picchi, redendo la visione un’esperienza per certi versi snervante. Altra nota aspra per il pubblico è stata la mancanza di dialoghi nelle lingue natie dei personaggi, come ad esempio l’elfico, cosa che invece era presente nella trilogia di Jackson.
Ma, al di là delle reazioni, pare che Amazon non voglia lasciarsi influenzare e intenda proseguire la sua strada. L’episodio finale, fortunatamente, riesce a risollevare leggermente la valutazione complessiva della stagione e ci porta a sperare bene per la prossima. Non resta che attendere i prossimi sviluppi e godersi a pieno un viaggio immersivo in questo meraviglioso mondo fantasy.