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Giappone, opportunità per l’agroalimentare italiano

18/5/2015

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Eliano Fiore vive in Giappone da quarant’anni, già direttore generale della camera di commercio italiana a Tokio, insegna lingua e cultura italiana in diverse università giapponesi, ed è il Presidente di Cepi-Uci Giappone. Se c’è un italiano che ha il sentiment del Giappone questo è lui. Gli chiediamo quali occasioni ci siano per gli operatori italiani nel mercato nipponico. 
Per un imprenditore italiano serio le opportunità di inserimento nel Paese sono tante. In primis nell’agroalimentare. Se ti fai un giro a Tokio ti accorgerai che ci sono più tricolori lì che in tutta Italia, sono i ristoranti italiani che imbandierano. Ciò non toglie che spesso all’annuncio di cucina italiana, esibito con le bandiere, non corrisponda un’offerta adeguata, per qualità e origine dei prodotti. Il che è un bel problema per il Made in Italy.

Allora che fare?
In Giappone non esiste una sola scuola di cucina improntata alla dieta mediterranea o alla cucina italiana. Questo è il problema di fondo, ci vorrebbe una maggiore professionalizzazione nella ristorazione e formazione nell’alimentare. Manca un controllo ed una promozione della qualità dei nostri prodotti. Anche il vino e il formaggio italiano che arrivano non sono abbastanza conosciuti. Insomma, dobbiamo riconoscere che purtroppo la cucina occidentale per i Giapponesi è ancora quella francese. Alla fine il cibo è cultura quindi dobbiamo insegnare come si consumano i nostri prodotti. Serve una promozione proattiva. I francesi in questo sono bravi, hanno promosso i loro formaggi e i loro vini e anche grazie alla Sopexa, bisogna riconoscere che sono riusciti. Dobbiamo promuovere, promuovere e ancora promuovere, ma questo significa educare al consumo e credo si possa fare attraverso la ristorazione, la professionalizzazione della ristorazione. Dobbiamo stimolare il consumo. 

Lo scorso settembre lei accompagnò a Roma l’imprenditrice Giapponese Hiroko Kodama, Amministratore Delegato della TANAKA PLAN Co.ltd per perfezionare l’accordo commerciale con Antica Norba e Bioalimenta, promosso da Cepi-Uci, per l’acquisto di prodotti biologici e senza glutine da esportare in Giappone. Quali sono stati gli sviluppi di quell’intesa?
L’operazione ha avuto un esito positivo, anche se ci siamo imbattuti in alcuni problemi logistici che comunque siamo riusciti a superare. Abbiamo aperto un canale importante e contiamo di riuscire ad aprirne altri. Si pensi che il problema della celiachia comincia ad essere molto presente anche in Giappone. 

Quali opportunità crede che Cepi-Uci Giappone possa offrire ad un imprenditore dell’agroalimentare italiano che voglia misurarsi con il mercato Giapponese?
Possiamo offrire un ampio spettro di opportunità. Dalla promozione alla vendita al dettaglio. Con eventi mirati sia aperti al pubblico che B2B. Organizzati direttamente da noi e specifici per i prodotti che si intende promuovere. Una delle cose fondamentali che gli imprenditori italiani che vogliono misurarsi con il mercato giapponese devono tenere presente è che è utile arrivare direttamente o affidarsi a player italiani. Con eventi mirati possiamo mettere insieme gli importatori e gli imprenditori interessati per raggiungere nel modo più semplice l’obbiettivo. La cosa fondamentale, lo ribadisco, è la presenza diretta degli italiani in Giappone. E in questo Cepi-Uci Giappone può essere l’alter ego dei produttori in loco.

Per il nostro agroalimentare ci sono opportunità?
Tutti vogliono mangiare italiano, dagli svedesi agli americani e ovviamente anche i giapponesi. Una grande opportunità saranno le olimpiadi in Giappone. Nell’estate del 2020 gli occhi del mondo saranno tutti puntati su Tokyo. Il binomio sport alimentazione, soprattutto in un Paese come quello di cui stiamo parlando dove c’è un serio problema di obesità della popolazione, potrebbe essere vincente. La dieta mediterranea, con le sue caratteristiche salutiste, potrebbe conquistare grandi fette di mercato. Siamo però in competizione con gli americani, i cileni, i francesi, gli australiani, insomma, non mancano i concorrenti. Dal Mediterraneo invece arriva poco. 

L’expo di Milano?
Non mi pare che per il momento abbia avuto un particolare eco in Giappone ma è presto per dirlo. Vinitaly invece resta l’unica manifestazione italiana del settore di cui si parla. 

Qual è la percezione che hanno i Giapponesi del Made in Italy? 
Ci viene riconosciuto l’eccellenza del nostro design. Dalle macchine per il caffè alle automobili. La bellezza del nostro Paese è percepita con chiarezza e in qualche modo questo si riflette sui nostri prodotti di cui direi viene riconosciuta la pienezza.

Esiste il problema del falso Made in Italy?
Si purtroppo soprattutto nell’agroalimentare. Parmisan ed altre amenità sono presenti anche nel mercato giapponese. 

Facciamo conto che io sia un imprenditore italiano che cerca uno sbocco nel mercato nipponico, produco fichi secchi, ti contatto e che facciamo insieme?
Organizziamo promozione nell’ambito della ristorazione con monitoraggio ad ampio spettro. Tu mi fai avere una confezione assaggio e io ti darò un feedback sia qualitativo che relativamente agli ordini. E poi come ti ho detto creiamo, se del caso, eventi mirati sia B2B che aperti al pubblico. Un settore che vorrei continuare segnalare è quello salutista e dietetico il cui mercato in Giappone non potrà che crescere. La cosa singolare è che già la semplice dieta mediterranea sarebbe una risposta.  
Chi fosse interessato a contattare Eliano Fiore per iniziative relative all’export in Giappone può scrivere a info@cepi-uci.it o a eliano.fiore@gmail.com

A cura di Ufficio Stampa Cepi-Uci
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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