“Anche se opero in Italia, viaggio molto, soprattutto in Europa, e partecipo a congressi internazionali dove le esperienze medico-scientifiche italiane sono sempre molto apprezzate. E proprio la scuola di specializzazione italiana in chirurgia plastica ricostruttiva è tra le più quotate nel mondo insieme a quella francese.”
Quali sono oggi le eccellenze italiane di maggior spicco nell’ambito della chirurgia plastica ed estetica?
“L’Italia dal punto di vista della chirurgia ricostruttiva, è all’avanguardia: i professionisti italiani sono di alto profilo e spesso se ne vanno all’estero perché sono molto qualificati. Tra gli esempi d’eccellenza figura, ad esempio, microchirurgia ricostruttiva del volto e degli arti che viene svolta con tecniche innovative.”
C’è profonda differenza tra medicina estetica e chirurgia plastica ricostruttiva?
“Direi proprio di sì: innanzitutto la prima disciplina viene praticata nelle cliniche private, mentre la seconda viene svolta nelle strutture ospedaliere. Nel mio ramo poi, quello della medicina estetica, c’è una pratica molto diffusa perché l’Italia è l’ottavo paese al mondo, e terzo in Europa, per numero di interventi effettuati. Se poi parliamo di medicina estetica siamo addirittura tra i primi quattro paesi al mondo, dietro solo a Brasile, USA e Corea. Ma in Italia si emerge per qualità di interventi e questo spiega perché siamo invitati ai congressi internazionali.”
Madonna Terracina, tra l’altro, è membro dell’AICPE, l’associazione italiana di chirurgia plastica estetica, tra le più prestigiose a livello internazionale. Un primato che la dice lunga sul livello di preparazione dei nostri chirurghi.
Quali strumentazioni innovative ha introdotto nel suo lavoro quotidiano?
“Premesso che nella medicina estetica, l’obiettivo dichiarato è studiare tecnologie che portino a risultati di grande accettabilità per i pazienti, con la minima invasività, la mia passione per l’high-tech, mi ha spinto a perfezionare l’utilizzo di sofisticati macchinari come quello che oggi – nel lifting del viso particolarmente delicato, può sostituire la sala operatoria, dove solitamente avvengono questi interventi. Si tratta di una procedura a zero invasività. Credo che sia una preziosa opportunità per i pazienti e il riscontro è davvero ottimo. Altro esempio di high-tech da me adottata è il macchinario per la riduzione e rimozione della cellulite e grasso in eccesso, richiesta non solo dalle donne ma anche da un numero crescente di uomini. In altre parole, si cerca di evitare il ricorso a sale operatorie e liposuzioni per le quali è cresciuta una certa diffidenza tra i pazienti.”
Ma uno dei suoi strumenti innovativi più apprezzati è sicuramente quello per la rimozione dei tatuaggi. Come funziona?
“Diciamo subito che si tratta di una tecnica assolutamente nuova e di estrema attualità: basti pensare che in Italia sono stati censiti oltre 13 milioni di soggetti che hanno almeno un tatuaggio sul corpo e al tempo stesso ci sono circa 1,5 milioni di persone pentite che vorrebbero rimuoverli. Bene con questa strumentazione all’avanguardia, si utilizza uno strumento che funge da ‘gomma da cancellare’ senza traumi, senza sfregi e soprattutto senza cicatrici decisamente antiestetiche.”
Sulla base della sua esperienza, secondo lei ci sono dei deficit professionali da colmare e investimenti da compiere in Italia?
“Professionalmente siamo tra i più preparati nel mondo. Dal mio punto di vista degli investimenti diciamo che bisogna distinguere: nella chirurgìa estetica, dal momento che c’è una forte Domanda, siamo in presenza di ingenti investimenti da parte delle multinazionali, mentre nella chirurgia ricostruttiva la situazione andrebbe migliorata. In generale, dispiace constatare che talvolta in Italia, in alcune realtà, non esiste ancora un sistema completamente meritocratico.”
Quali sono gli esempi internazionali da seguire e da consigliare ai giovani che si avvicinano alla chirurgìa plastica?
“Anche in questo caso occorre distinguere: per la chirurgìa estetica la vera ‘mecca’ è il Brasile, dove hanno lavorato grandi personaggi, a partire dal maestro Ivo Pitanguy, con un lascito tecnico di grande valore e ancora oggi è un riferimento ben preciso. Per la microchirurgìa, invece, si va dall’altra parte del mondo, con eccellenze, ad esempio, in Cina, Corea e Taiwan.”
Sebbene lei stesso è molto giovane, è fiducioso nelle nuove generazioni che si affacciano a questa specializzazione?
“Assolutamente sì: durante le mie lezioni nei corsi di formazione, c’è un confronto quasi sempre molto costruttivo, grande curiosità per l’high-tech e per l’evoluzione della laserterapia.”
Qual è stata ad oggi la sua più grande soddisfazione professionale?
“Può sembrare un luogo comune, ma per me la gratificazione è nel quotidiano: dal messaggio di una ragazza che con un mio intervento ha acquistato più sicurezza, all’anziano che si è sottoposto ad un intervento di ricostruzione o alla rimozione di un tumore, e che arriva con regali alimentari…è una prova di gratitudine che mi appaga, sempre.”
Una risposta fin troppo logica se si va a leggere la frase di Primo Levi che campeggia sulla home page del sito di Francesco Madonna Terracina, che recita: “Se si escludono singoli e prodigiosi istanti che il destino ci può donare, amare il proprio lavoro costituisce la migliore approssimazione alla felicità sulla terra.”
A cura di Andrea Lovelock.