Nessuna contraddizione, però. Ribadisco che, in determinate circostanze, sono consigliabili l’effetto mosso e quello flou, capaci di rendere al meglio l’uno un movimento sfuggente, l’altro un’atmosfera sognante.
Altre volte, però, vorremmo restituire un resoconto della realtà il più meticoloso possibile, senza che i dettagli sfumino in contorni impalpabili. È il caso dello skyline cittadino che ammiriamo dall’alto di una terrazza o del paesaggio che contempliamo dal cucuzzolo di un monte, in riva al mare o passeggiando in campagna.
In circostanze come queste cerchiamo una fotografia perfettamente nitida, ricca di particolari dal primo piano allo sfondo. Come ottenerla?
Per prima cosa, blocchiamo la fotocamera su un treppiede per stabilizzare al massimo la fase di ripresa e attiviamo il Live View, per vedere la scena inquadrata sullo schermo della fotocamera anziché attraverso il mirino.
Secondo step, mettiamo a fuoco la scena con l’autofocus (in linea generale, per paesaggi e architettura possiamo fare a meno della messa a fuoco manuale).
Terzo step, teniamo bassa la sensibilità ISO per limitare il “rumore” digitale, quel disturbo che rende l’immagine granulosa, riducendo la qualità finale della fotografia.
Se la scena è poco luminosa, come un panorama urbano di sera, piuttosto che alzare il valore ISO per rendere il sensore digitale più sensibile alla luce, allunghiamo il tempo di posa per catturare più luce (il cavalletto qui è essenziale per scampare il mosso).
Quarto step, impostiamo un’apertura ridotta del diaframma dell’obiettivo per aumentare il più possibile la profondità di campo, ossia per avere a fuoco tutti gli elementi della scena. Ciò significa impostare un valore elevato di apertura di diaframma (come f/16), sia che lavoriamo in Manuale sia che scegliamo la modalità Priorità di diaframma.
Ma questi accorgimenti non bastano per una nitidezza perfetta.
Anzi, ridurre troppo l’apertura del diaframma (con valori superiori all’incirca a f/11) è controproducente: “ammorbidisce” i dettagli facendo perdere in nitidezza, per via del fenomeno ottico della diffrazione.
Possiamo ovviare al problema con la tecnica del focus stacking. Come funziona?
Con la fotocamera ancorata al cavalletto, il Live View attivo e un diaframma non eccessivamente chiuso (come f/8), scattiamo una sequenza di foto, ognuna con un diverso piano di messa a fuoco.
La prima volta, scattiamo mettendo a fuoco l’elemento più vicino a noi. Ripetiamo lo scatto altre tre o quattro volte, sempre dalla stessa inquadratura, spostando soltanto il punto di messa a fuoco su un’area via via più lontana, per finire con lo sfondo.
È consigliabile scattare in modalità Manuale, anziché in Priorità di diaframma, per evitare che ogni foto della sequenza risulti leggermente più chiara o più scura delle altre (una differenza espositiva legata alla misurazione matrix della quantità di luce che la fotocamera opera nel punto che di volta in volta mettiamo a fuoco, variando di conseguenza il tempo di posa per un’esposizione ottimale).
Ottenuti gli scatti, li fondiamo in una sola fotografia perfettamente nitida con un software di photo editing come Photoshop che, grazie alla funzione “Photomerge”, riesce a selezionare delle singole foto solo le parti che risultano essere a fuoco.
A cura di Francesca Vinai