Ecco che viene loro in aiuto una delle arti più classiche e più eterne: l’architettura. L’estate si presta perfettamente all’esplorazione di un fenomeno architettonico così particolare come quello delle ville venete, che sarebbe un peccato perderne l’occasione.
Queste strutture sono figlie di un tempo e di un’economia molto determinate, ma l’input a diventare un fenomeno uniforme e riconoscibile è dovuto a quella testa geniale che fu Andrea Palladio, il vicentino.
Palladio è un evergreen. Piace sempre, è sempre moderno, è definito il primo dei moderni. Lo scorso maggio è uscito nei cinema un nuovo film documentario sull’architetto, poco nozionistico e molto poetico, un film che ha avuto il pregio di far percepire non tanto l’uomo, ma la sua idea di architettura, come estremamente attuale ed ancora al centro degli studi e dei dibattiti, ancora capace di appassionare le menti (Palladio, Magnitudo Film).
Palladio era l’uomo giusto al momento giusto. La Serenissima aveva da più di un secolo esteso il suo dominio sulla terraferma; i nobili veneziani e delle altre città venete possedevano tenute agricole nella campagna e le gestivano dalla casa padronale, la villa appunto, che si trovava ad essere quindi un centro non solo di vita domestica, ma anche economica: la villa era una sorta di azienda agricola, estremamente connessa con il territorio, non soltanto circostante l’edificio, ma anche in senso più ampio, in quanto
le stesse famiglie nobiliari erano anche quelle che possedevano i palazzi nelle città, commissionavano opere pubbliche e private e ricoprivano incarichi politici.
Palladio ha raccolto dalla Roma antica tutto il design che ha potuto assorbire: frontoni, colonne, ordini architettonici, proporzioni, linee. Ma la sua realtà non era Roma. Né quella antica imperiale, né quella moderna papale.
Non c’era un unico centro di potere enorme con possibilità economiche colossali. Il territorio della Serenissima era un’oligarchia, le famiglie potenti mantenevano un delicato equilibrio l’una con l’altra.
L’architetto riuscì ad interpretare queste esigenze tutte contemporanee di sobrietà, economia, misura e a
coniugarle con molta naturalezza con uno stile aulico, importante: classico.
Non è per nulla scontato che ci sia riuscito. Noi ci siamo abituati, le ville le abbiamo assimilate nel nostro
immaginario, ma nessuno aveva messo il frontone (stile tempio) ad una casa privata di campagna, prima. Dopo di lui, chiunque abbia dovuto progettare una villa, non ha potuto non seguire il modello.
Era nato il concetto di “villa palladiana”, destinato a sopravvivere un altro paio di secoli almeno. Ecco perché quando incorniciate nel mirino della vostra reflex (o smartphone se è per questo) qualche frontone che sormonta una fila di colonne così perfettamente incorniciato dai rami di qualche albero, non dovete sentirvi eccessivamente orgogliosi di cotanta bellezza fotografica (certo, siete bravi, non lo neghiamo)!
Ma è un fatto che quell’architettura nasca da un’idea precisa di armonia ed equilibrio, da una volontà esplicita di integrazione tra l’interno e l’esterno, la villa ed il territorio. Ed il vostro scatto non può che immortalare tutto questo. Siete pronti per fotografare… un’idea?
A cura di Valeria Franco.