Ritengo che una seria presa in esame del regolamento avrebbe dovuto considerare il ruolo dei carburanti neutri dal punto di vista delle emissioni di CO2. Le alternative come i biocarburanti e i carburanti sintetici esistono e vanno valutate, al di là di qualsiasi ideologia estremista. Sfortunatamente non sono stati inseriti nell’accordo, benché avrebbero permesso di mantenere la neutralità tecnologica e non aggravare ulteriormente i problemi di rete già esistenti.
Nonostante alcuni piccoli miglioramenti, come aver scongiurato l’obbligo di una conversione totale all’elettrico dei bus urbani entro il 2030, l’accordo raggiunto riflette un netto distacco dalla realtà. È lecito domandarsi se coloro che hanno votato a favore abbiano effettivamente ponderato l'impatto economico di tali imposizioni sui singoli Stati membri.
Per completare questa transizione ecologica senza rischi non possiamo affidarci solo a buone intenzioni e qualche vago discorso retorico sul “clima” e la “natura”. È imperativo condurre un’analisi ponderata e oggettiva delle possibilità, tenendo conto non soltanto dell’obbiettivo da perseguire, ma i mezzi, i tempi e le modalità per conseguire tali obbiettivi. La mancata considerazione dei carburanti alternativi dimostra l'influenza ideologica di certi ambiti del Parlamento Europeo che da troppi anni avanzano indisturbati con la propria egemonia.
Davanti a questa realtà è necessario essere chiari. Tra pochi mesi, i cittadini saranno chiamati ad esprimere il loro voto rispetto alle elezioni europee. Dopo trent’anni di Europa che ha prestato scarsa attenzione alle esigenze economiche degli Stati membri, e si è mostrata molto più interessata a difendere gli interessi delle lobby Green che a risolvere i problemi reali, queste elezioni rappresentano un’occasione molto più unica che rara per cambiare finalmente qualcosa. Questa non è l’Europa che vogliamo, è ora di dimostrarlo.