Ricordate il caso Volkswagen? Vennero manipolati i dati delle emissioni inquinanti prodotte dalle auto della Casa tedesca, una vicenda che ha tenuto banco per mesi sulle pagine dei giornali.
Ebbene, ora potrebbe esserci un altro Dieselgate, stavolta tutto italiano. Protagonisti della vicenda i filtri antiparticolato (F.A.P.).
I motori diesel, si sa, sono inquinanti. Per ridurre il livello di emissioni nocive - in conformità alle leggi sulla qualità dell’aria - le Case automobilistiche hanno introdotto i filtri antiparticolato.
Ora però il funzionamento di tali dispositivi viene messo in dubbio, e c’è di più. Il rischio concreto è che sia addirittura dannoso.
Indagato per smog e inquinamento ambientale risulta addirittura il Ministero dei trasporti.
Ma andiamo con ordine. Come funziona esattamente il F.A.P? Il filtro antiparticolato, in estrema sintesi, blocca le polveri sottili all’interno del dispositivo, in modo che non vengano disperse nell’aria. Una volta saturo, distrugge le particelle accumulate e continua nel suo ciclo.
L’omologazione di efficacia del filtro antiparticolato viene concessa dal Ministero dei trasporti, tramite la Motorizzazione.
In apparenza, tutto bene. Fino a quando un’impresa italiana, la Dukic Day Dream, ha presentato un sistema alternativo e brevettato per eliminare le polveri. In che modo? Lavorando a monte. Il nuovo dispositivo interviene direttamente sulla combustione, facendo produrre meno polveri all’auto.
Il dispositivo Dukic, secondo i tecnici, funziona; diversa l’opinione del Ministero, intervenuto per bloccare l’omologazione, in quanto il dispositivo non aveva effettuato “la prova di durabilità”. Da qui la denuncia dell’azienda italiana.
Il caso esplode quando, in seguito alle indagini svolte dalla Procura di Terni, viene emessa l’ordinanza di rinvio a giudizio di cinque dirigenti del Ministero: Maurizio Vitelli (Direttore generale per la Motorizzazione del Ministero), Vito Di Santo, Alessandro De Grazia e i tecnici Antonio Di Pietrantonio e Paolo Cupini.
L’accusa è abuso e rifiuto atti d’ufficio e falso. Le carte parlano di omologazioni rilasciate in maniera tutt’altro che rigorosa alle Case automobilistiche che allora avevano il monopolio sui filtri antiparticolato.
Trattamento assai diverso - se confermato - rispetto a quello riservato al dispositivo della Dukic Day Dream, che non ha ancora ottenuto l’omologazione.
Le indagini, giunte poi a Roma nel 2014 per competenza territoriale, vanno a fondo anche sulla natura dei filtri, portando alla luce particolari sconcertanti.
Sulla base degli studi presentati, sembrerebbe che i F.A.P. non solo siano inutili, ma altamente pericolosi. Prima bloccano le polveri sottili, poi le bruciano trasformandole in particelle sottilissime (nanoparticolato), così da “ripulire” il dispositivo.
E se le polveri sottili, liberate nell’aria, finiscono il loro corso nelle nostre narici, il nanoparticolato le supera e giunge direttamente ai polmoni, concorrendo a procurare gravi patologie.
Queste particelle sottilissime non verrebbero nemmeno recepite dalle centraline di rilevamento diffuse in tutta Italia, falsando di fatto i dati relativi all’inquinamento.
Le stesse conclusioni sono state rilevate dalla trasmissione tv “Le Iene”, che - in un servizio andato in onda il 17 aprile - hanno messo a confronto un veicolo dotato di filtro antiparticolato con uno che ne era privo.
Il problema legato ai F.A.P., come si può intuire, non è di poco conto.
Le indagini ora faranno il loro corso. L’auspicio è che venga fatta al più presto chiarezza sulla questione, perché se c’è qualcosa che non può attendere, quella è la nostra salute.
Dal TÜV tedesco all’incontro al MIT
Il veicolo testato da “Le Iene” - un Jeep Grand Cherokee (classe di partenza Euro 3, gruppo 3, immatricolato nel 2002) cui è stato installato il dispositivo Dukic non riconosciuto dal Ministero - è stato portato in Germania per svolgere approfonditi test di laboratorio.
A coordinare i test al laboratorio di prova del TÜV Nord a Essen, dove c’era anche il Direttore di Gente in Movimento, è stato Giuliano Latuga, Presidente dell’Associazione Vai Sicuro, che si dice certo dei benefici prodotti dall’installazione del nuovo dispositivo: “Il Ministero non ha ancora ratificato, cosa per me incomprensibile, l’omologazione, ossia il riconoscimento a questo dispositivo dell’idoneità all’abbattimento delle polveri sottili per un veicolo da Euro 3 a Euro 4”.
Da qui la ricerca di un’altra via: “È nata l’idea di verificare se tramite enti di certificazione riconosciuti dall’Unione europea, è possibile ottenere ciò che tramite le istituzioni nazionali finora è stato negato”.
Le prove in Germania, eseguite con il dispositivo già installato, hanno prodotto risultati lusinghieri.
Il veicolo, classificato Euro 3, al termine delle prove ha prodotto un valore di emissioni di particolato pari a 0,058 g/km in PM1: un valore rientrante nel limite di un autoveicolo M1 Euro 4 gruppo 3 (veicoli con massa complessiva a pieno carico uguale o superiore a 2500 kg); nel nostro caso uguale a 2506 kg.
Non finisce qui. Il nostro Direttore, insieme con imprenditori del settore trasporti, logistica e automotive inviati in rappresentanza di FEVESS (Federazione Veicoli Speciali e Specifici), è stato ricevuto al Ministero dei trasporti dal neo Sottosegretario Simona Vicari (in foto).
La delegazione ha esposto la problematica legata ai F.A.P. e ripercorso la vicenda del dispositivo italiano disconosciuto dal Ministero. Una vicenda che non solo FEVESS, ma anche noi di Gente in Movimento abbiamo preso molto a cuore: non potrebbe essere altrimenti, quando in ballo ci sono la sicurezza stradale e la qualità dell’aria che tutti noi respiriamo ogni giorno.
Anche lo staff ministeriale ha mostrato grande interesse per la vicenda, chiedendo alla nostra delegazione ogni documentazione disponibile.
A cura della redazione