Tuttavia, senza un progetto ben definito, le possibilità di cogliere appieno le opportunità si riducono sensibilmente.
Nell’ambito del programma Erasmus+, l’Unione europea apre le porte a proposte di collaborazione tra Stati nel settore dello sport, per far sì che non si arrivi al traguardo impreparati ed in solitaria.
Indirizzato non solo a studenti in mobilità internazionale, Erasmus+ (nato dalle ceneri del vecchio programma, attivo fino al 2013) abbraccia, per il settennato 2014-2020, diversi progetti nei settori della formazione, della gioventù, dell’istruzione e dello sport stesso.
L’ampia notorietà e diffusione del programma, inoltre, ha permesso di ottenere un successo in continua crescita, utile al raggiungimento degli obiettivi socio-economici fissati dall’UE.
In particolar modo, l’esigenza di favorire l’educazione, l’inclusione delle minoranze e la pratica dell’attività fisica sul territorio europeo ha consentito di mettere in evidenza la bontà delle azioni in ambito sportivo.
Il finanziamento è destinato a “partenariati di collaborazione”, “eventi sportivi senza scopo di lucro” e “piccoli partenariati di collaborazione”.
L’introduzione di questi ultimi piccoli partenariati, come una delle novità del programma nel 2016, ha permesso altresì di destinare 34,1 milioni di euro totali (rispetto ai 22,9 milioni di euro dell’anno precedente) per il complesso delle tre “azioni” attivabili nel settore sport di Erasmus+.
In un’Europa dinamica ed attiva, come riuscire allora a tenere il passo per non farsi sfuggire questo tipo di occasioni?
Innanzitutto, il requisito fondante sta nell’individuazione di coloro che sono parte attiva nella proposizione e gestione del progetto, ovvero: organizzazioni no-profit, scuole e organi pubblici attive nel settore sportivo (esempi generici: comitati o club sportivi, organizzazioni sportive a livello locale, regionale, nazionale, europeo, internazionale) degli Stati membri e dei Paesi partner.
Successivamente, la creazione di una collaborazione e di un partenariato tra i soggetti interessati di diversi Paesi, e la proposizione di una serie di attività in ambito sportivo nell’arco di un tempo limitato (che va dai 12 ai 36 mesi a seconda dell’“azione” selezionata) e con una tematica comune (si pensi ad una serie di iniziative destinate all’integrazione delle minoranze o dei disabili, o piuttosto degli studi statistici e dei convegni volti a favorire la cosiddetta “doppia carriera” degli atleti), sarà utile per raggiungere le finalità prefissate dall’Unione europea in questo settore.
Le piccole partnership hanno il vantaggio, rispetto ai partenariati di collaborazione e agli eventi sportivi senza scopo di lucro, di agevolare l’accesso ai finanziamenti, che possono arrivare fino a 60.000 euro per le piccole partnership e fino a 400.000 e 500.000 euro nel caso, rispettivamente, di partnership ed eventi sportivi senza scopo di lucro.
Come? Tramite una facilitazione in merito agli obiettivi da raggiungere ed alle attività da svolgere, oltre ad una più semplice ricerca di partner, ridotti a tre rispetto ai cinque delle partnership di collaborazione ed ai dodici degli eventi sportivi senza scopo di lucro.
La data limite, per la presentazione dei progetti, è quella del 12 maggio e lo “start” degli stessi è previsto a gennaio 2017 per entrambi i partenariati e a novembre 2016 per gli eventi senza scopo di lucro.
Come in una gara, bisogna però rispettare determinate regole per poter partecipare.
Tra le attività che non possono essere inserite nella presentazione del progetto va ricordato che le competizioni sportive professionali, o organizzate regolarmente, non possono essere finanziate (si pensi, ad esempio, al campionato di calcio di Serie A).
Raggiungere un risultato non è mai scontato ma, per entrare nel cuore dell’Europa anche attraverso questi progetti, l’unica soluzione è certamente quella di fare squadra.
A cura di Mario Mariella