Riassumendo brevemente i fatti di causa, l’Agente della Riscossione (S.O.G.E.T. S.p.A. nel caso di specie) notificava un fermo amministrativo di un autoveicolo di proprietà di una contribuente che, dopo aver ottenuto l’annullamento della misura, ricorreva poi davanti al tribunale per farsi risarcire i danni subiti a causa dell’illegittima imposizione del fermo. La contribuente otteneva ragione in primo e secondo grado e la società veniva condannata al risarcimento del danno non patrimoniale e conseguentemente al pagamento di circa 3.900 euro. L’Agente della Riscossione ricorreva quindi in Cassazione.
I Giudici del Supremo Collegio, a seguito di una disamina dei requisiti necessari per l’applicabilità delle diverse fattispecie previste dall’art. 96 c.p.c., secondo e terzo comma, costituenti l’errore in cui è incorso il giudice di appello (per la cui analisi si rimanda alla motivazione in sentenza), conclude affermando quanto segue:
“Ne consegue, che per il risarcimento dei danni provocati dalla sua imposizione, è presupposto indefettibile che venga riconosciuta “l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito” il fermo e che l’Agente della riscossione (concessionario dell’ente impositore, creditore procedente) abbia “agito senza la normale prudenza”. La norma applicabile è quindi l’art. 96, comma secondo, cod. proc. civ. che presuppone la domanda di parte. Il relativo risarcimento presuppone inoltre che il danneggiato dimostri l’esistenza di danni risarcibili, alla stregua dei principi generali della materia (ribaditi di recente proprio con riguardo all’illegittimo fermo amministrativo, da Cass. ord. n. 2370/14, richiamata dalla ricorrente, secondo cui “il danno non patrimoniale, pur lamentato per supposta lesione di diritti costituzionalmente protetti, non è meritevole di tutela risarcitoria quando inquadrabile nello sconvolgimento della quotidianità della vita, che si traduca in meri disagi, fastidi, disappunti, ansie e ogni altra espressione di insoddisfazione, costituenti conseguenze non gravi ed insuscettibili di essere monetizzate perché bagatellari”).”
Secondo la Cassazione quindi, perché il contribuente abbia diritto al risarcimento del danno subito ex artt. 96 c.p.c., comma 2, 2043 c.c. e 2059 c.c., è necessario che:
1) che venga riconosciuta l’inesistenza del diritto per cui il provvedimento è stato eseguito;
2) che l’Agente della Riscossione abbia agito senza la normale prudenza;
3) che esistano danni risarcibili, monetizzabili e non bagatellari.
Proprio per la mancanza del requisito sub 3) la Corte esclude nel presente caso il risarcimento anche per il solo stress provocato al contribuente, ritenendolo bagatellare e non calcolabile. Vero è però che la Corte non va ad esclude a priori il danno da stress subito dal contribuente, ma solo e solamente perché in mancanza dei requisiti per la sua risarcibilità nel presente caso.
Pertanto, a differenza di quanto è stato affermato, in questa sede non si ritiene di poter concordare con chi considera la pronuncia in esame un passo indietro nella tutela del contribuente.
Infatti, in presenza dei requisiti richiesti per il risarcimento del danno, sempre più numerosi sono i casi in cui il contribuente ha diritto al risarcimento dei danni subiti.
Si pensi ad esempio a tutte le volte in cui l’Agenzia delle Entrate o Equitalia, anche solo per colpa, ignorano una legittima istanza del contribuente, supportata da validi motivi, ed invece vanno avanti per la loro strada, indifferenti al fatto di avere palesemente torto, sono tenuti a risarcire i danni a questi provocati per avergli imposto un inutile e costoso processo a tutela dei propri diritti (CTR Roma, sentenza n. 3284/2015).
Ancora, nel caso in cui in presenza di un provvedimento illegittimo il Concessionario o l’Agente della Riscossione abbiano agito “violando le più comuni regole di prudenza e di diligenza”, il contribuente che ha subito un danno può essere risarcito per le spese sostenute dallo stesso per il commercialista, per le spese delle varie trasferte verso gli uffici competenti, nonché per le spese accessorie e consequenziali sostenute per conferire con il Concessionario o con l’Agente della Riscossione (Cass. civ., sez. III, sentenza 3 marzo 2011, n. 5120).
Infine, recentissima e concorde con copiosa giurisprudenza di merito e di legittimità, interviene anche la pronuncia del Giudice di Pace di Salerno, dott. Viggiani, dell’11 maggio 2015 che, in tema di danno non patrimoniale, oltre a fornire una casistica numerosa in materia, ne ammette la risarcibilità in presenza della prova del danno subito.
Concludendo, ad oggi, per il risarcimento del danno subito dal contribuente in presenza di provvedimento illegittimo, è necessario, oltre alla presenza di una condotta colposa dell’Agente della Riscossione, anche che lo stesso sia monetizzabile e non bagatellare.
Il contribuente potrà essere risarcito anche per lo stress, l’ansia ed il disagio subito quando queste rappresentino conseguenze gravi e monetizzabili dell’emissione di un provvedimento illegittimo da parte del Concessionario o dell’Agente della Riscossione.
A cura di Alberto Nico