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Emulsioni culturali in cucina

15/2/2016

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Dall’Università delle Scienze Gastronomiche di Pollenzo, due storie di influsso e intreccio di gusti e culture.
Le culture si intrecciano, si influenzano e si emulsionano continuamente.
Il cibo può essere un collante per nuovi legami o un elemento di distacco e di emancipazione.
Il coltello deve essere impugnato dalla parte del manico, le intolleranze culturali non sono ammesse.
L’Italia è stata ed è soggetta a numerose immigrazioni ed emigrazioni, con flussi di persone e idee capaci di assorbire, recepire e interpretare diversità gastronomiche. Le vecchie tradizioni si sono così aggiornate.
Un piccolo grande mondo di stranieri in Italia, indissolubilmente legato alla loro patria, sta cambiando il nostro e il loro universo alimentare.
L’evoluzione, lenta e silenziosa, ha inizio nelle cucine di casa, quelle che profumano di tradizione, dove le donne (mamme, nonne, zie, figlie) sono padrone.
Si prendono cura con affetto e attenzione del destino nutrizionale della famiglia e a volte della comunità intera. Esser donne è un pregio, un punto di forza.
Le storie d’immigrazione al femminile sono infinite. Quelle di Ivana e Amy sono solo due fortunati esempi.
Due mondi opposti, i loro, ma uno stesso destino: lasciare la patria per una nuova avventura italiana.
Due le vie percorse, che hanno portato a una piacevole convivenza di saperi e sapori, condivisi con gli studenti dell’Università di Scienze Gastronomiche nella mensa delle Tavole Accademiche di Pollenzo (CN).
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Ivana Lleva, macedone, ha lasciato il suo Paese appena maggiorenne.
Ora Ivana di anni ne ha 28, si sente italiana, ma il suo cuore risiede tra i Balcani: sente ancora molto vicine le tradizioni della sua patria, in particolare quelle gastronomiche.
Attualmente vive nell’Albese e collabora con la comunità Slow Food macedone.
L’amore per la cucina lo deve al nonno, cuoco in un ristorante locale e critico commensale della tavola famigliare. La cucina casalinga era il regno della nonna: lei cucinava, il nonno la criticava sempre, apprezzandola.
In Macedonia la maturità femminile si raggiunge con l’apprendimento della tecnica di preparazione del Burek, pane ripieno formato da strati di pasta sfoglia fine e strati di ricotta, carne, porri e ingredienti vari.
È una sorta di rito d’iniziazione per le ragazze e la decisione del momento opportuno spetta alla nonna, figura essenziale.
Sembra una semplice torta salata, ma la sfoglia è delicatissima e non tutte le donne riescono a impastarla. Richiede non solo tecnica, conoscenza e il giusto dosaggio degli ingredienti, ma anche mani adatte e talento. Spiega Ivana: “A mia mamma non riesce, eppure segue le preparazioni impeccabili di mia nonna da circa trent’anni; mia zia, al contrario, cucina un Burek perfetto. Molte donne sono come lei: seguono la ricetta, la impastano, ma nulla, si attacca, non viene. Si dice che quando una ragazza impara a cucinarlo è pronta per sposarsi. Io ho imparato a cucinarlo quest’estate ed è stato sorprendentemente facile. Mi pareva di suonare la sfoglia”.
Adattarsi al cibo e alle bevande italiani è stato piuttosto piacevole, ma molti connazionali di Ivana faticano, per esempio, ad assaggiare la carne cruda, anche dopo anni.
Le carni macedoni sono stracotte e “ri-cotte”, in estremo contrasto con la famosa pietanza piemontese.
Ivana, invece, ama la carne cruda e la metterebbe anche nel ripieno del Burek.
Se inizierà a cucinare il suo “Burek italiano” la tradizione macedone si arricchirà di una nuova prelibata influenza, quella italiana.

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La storia di Amy Lim è una fiaba d’amore a lieto e succulento fine. Amy ha un impeccabile accento mantovano e tratti somatici distintivi cinesi (viene infatti da Hong Kong).
Quando parla non si vede cinese e dice: “Non ho più gli occhi a mandorla, quando parlo in italiano”.
Galeotta fu Colorno (PR), sede dei Master agli albori dell’Università di Scienze Gastronomiche e patria dell’incontro tra la ragazza e Corrado, mantovano giramondo.
​Per una serie di eventi Amy si è ritrovata in mano pentole e coltelli senza aver mai cucinato.
La causa ha un nome - “Mangiare bere uomo e donna”, ristorante a Suzzara (MN) aperto insieme a Corrado - e uno scopo, quello di valorizzare la cucina cinese e quella italiana, ponendole sullo stesso livello.
Il cliente compone il proprio pasto ascoltando solo il gusto. Ogni combinazione è ammessa, non esistono portate nel menù. Con il cibo si comunica e, a sua volta, il cibo comunica con noi.
Amy, con cura e attenzione alla freschezza e alla verità delle pietanze, ha conquistato i palati dei più tradizionalisti sia con i piatti cinesi, innovativi per la zona, sia con le colonne portanti gastronomiche mantovane.
Bice (nonna di Corrado) ha pazientemente guidato Amy nel percorso di avviamento alle pratiche delle massaie mantovane tra cappelletti e tagliatelle. “I miei sono i più buoni ora” vanta Amy, proprio come le vere nonne amano fare.
Solo i tortelli di zucca sono un piatto cruciale ed emblematico per Amy, sebbene siano semplici nella preparazione tecnica. Il sapore dolciastro della zucca la confonde. È un ibrido tra un primo e un dolce, per la sua concezione culinaria cinese.
Amy e Corrado sono gli ingredienti di una ricetta d’amore. Il loro successo sta nel piacere della tavola, frutto di scambi di emozioni, cinesi o mantovane che siano. 
Per maggiori informazioni sull’Università di Scienze Gastronomiche: www.unisg.it.
 
A cura di Greta Contardo

© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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