In particolare consente l’esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario ai professionisti cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 che intendono esercitare nel territorio nazionale, presso strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private, una professione sanitaria o la professione di operatore socio-sanitario in base a una qualifica professionale conseguita all’estero regolata da specifiche direttive dell’Unione europea.
Le strutture sanitarie interessate possono procedere al reclutamento temporaneo di tali professionisti, con qualifica di rifugiati, con contratti a tempo determinato o con incarichi libero professionali, anche di collaborazione coordinata e continuativa, in deroga alle norme vigenti. L’unico obbligo che hanno le strutture sanitarie è quello di fornire alle regioni e alle province autonome sul cui territorio insistono, nonché ai relativi Ordini professionali, i nominativi dei professionisti sanitari reclutati con la nuova procedura in deroga, per attuare una qualche minima forma di rendicontazione complessiva.
La deroga per medici ed operatori sociosanitari, che possono esercitare in Italia senza alcun riconoscimento dei loro titoli fino al 4 marzo 2023, consente di ritenere idonei per legge i rifugiati ucraini, con la sola condizione che fossero residenti in Ucraina prima dell’inizio delle operazioni belliche e senza alcuna verifica circa il luogo di conseguimento all’estero dei loro titoli o che all’estero venisse svolta la professione automaticamente autorizzata in Italia.
D’altra parte, appare sin d’ora chiaro che alla scadenza di questa deroga la situazione non sarà dissimile dall’attuale e che ogni procedura di verifica dell’originalità dei titoli presso un paese che ha subito mesi di bombardamenti risulterà in concreto impossibile. Il fatto che questo beneficio è stato riservato alle sole professioni sanitarie, peraltro, sembra un singolare atto di egoismo, adottato per supplire alle carenze che la sanità nazionale sta manifestando. Le intenzioni sottese alla norma sono certamente buona ma è evidente che un aiuto alla popolazione in fuga dalla guerra poteva essere esteso anche ad altre professioni.
Accanto alla categoria dei cittadini ucraini, anche se a tempo determinato, considerati buoni a prescindere, è stata recentemente introdotta la categoria dei cittadini russi, da sanzionare a prescindere, basando il tutto sulla loro cittadinanza. Il Regolamento (UE) 2022/576 del Consiglio dell’8 aprile 2022 che modifica le misure restrittive nei confronti della Russia per sanzionare la destabilizzazione della situazione in Ucraina prevede, infatti, una serie di significative limitazioni non solamente per imprese ed entità statali russe , fra le quali, ad esempio, il divieto di registrare, fornire una sede legale, un indirizzo commerciale o amministrativo, nonché servizi di gestione, a un trust o un istituto giuridico affine avente come trustor o beneficiario cittadini russi o persone fisiche residenti in Russia.
La norma vieta altresì di accettare depositi di cittadini russi o di persone fisiche residenti in Russia ma non si applica ai cittadini di uno Stato membro, di un paese membro dello Spazio economico europeo o della Svizzera, né alle persone fisiche titolari di un permesso di soggiorno temporaneo o permanente in uno Stato membro, in un paese membro dello Spazio economico europeo o in Svizzera. Anche in questo caso la procedura adottata è stata quella di escludere ogni possibilità discrimine ed applica in modo automatico delle conseguenze giuridiche in ragione della cittadinanza, senza alcun discrimine che consideri le caratteristiche di ciascun soggetto sottoposto a sanzione.
Il risultato è che questa guerra ci lascerà un mondo non solo meno globalizzato ma addirittura diverso da come lo conoscevano, specie per quanto riguarda l’idea del diritto che ci eravamo prefissi. Fra le macerie lasciate dall’adozione di metodi di selezione semplicistici e pressapochisti, infatti, troveremo il precedente di provvedimenti assunti sulla base di criteri che calibrati non sui singoli individui ma su di una massa di persone, definite affidabili o inaffidabili sulla base di presunzioni e criteri che ritenevamo superati.