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DURC: le sanzioni non possono essere retroattive...

20/3/2023

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L’art. 1, comma 1175 legge n. 296/2006 stabilisce che i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi.

A cura di Francesco Lombardo

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I benefici contributivi possono essere individuati in tutti quegli sgravi collegati alla costituzione e gestione del rapporto di lavoro che rappresentano una deroga all’ordinario regime contributivo. Tale deroga, però, non configura una ipotesi agevolativa nel caso in cui lo sgravio non sia costruito come “abbattimento” di una aliquota più onerosa, calcolata secondo i normali parametri statistico-attuariali, ma rappresenti la “regola” per un determinato settore o categoria di lavoratori. Di conseguenza, non rientrano nella nozione in esame quei regimi di contribuzione diversa da quella ordinaria ma che caratterizzano interi settori (ad es. agricoltura e navigazione marittima), territori (ad es. zone montane) ovvero specifiche tipologie contrattuali (apprendistato) con una “speciale” aliquota contributiva prevista dalla legge, ambiti nei quali il totale abbattimento o la riduzione dell’onere economico-patrimoniale nei confronti della platea dei destinatari costituisce l’ipotesi ordinaria (cfr. circolare Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale n. 5 del 30 gennaio 2008). Occorre premettere inoltre che la natura giuridica del DURC non è costitutiva del diritto a usufruire delle agevolazioni contributive, che sono previste dalla legge ma rappresenta quella di autorizzazione amministrativa al godimento delle agevolazioni.
Negli ultimi anni, un orientamento giurisprudenziale di merito ha collegato tale autorizzazione amministrativa a una serie di principi, di cui si riportano i tre principali.
Il Tribunale di Roma (sentenza 14 febbraio 2019, n. 1490) ha ribadito che il DURC non può essere rilasciato solo a fronte di irregolarità sostanziali che riguardino la contribuzione e non, invece, nel caso di errori commessi nella presentazione delle denunce contributive (trattasi di errori meramente formali).
Il Tribunale di Milano (sentenza 8 agosto 2019, n. 1762) ha ribadito, invece, che le sanzioni  non possono essere retroattive. La Corte di Appello di Bari (sentenza 22 marzo 2021) ha affermato nuovamente la vigenza nel nostro ordinamento dell’art. 6, comma 10 del decreto-legge n. 338/1989, la c.d. norma calmieratrice, che sancisce il principio di proporzionalità tra omissione retributiva/contributiva e perdita dell’agevolazione.
Emerge quindi una tendenza diffusa dei differenti tribunali italiani nel pronunciarsi per richiedere il rispetto di una serie di principi talvolta trascurati dagli istituti previdenziali. 
Una domanda, più che un’affermazione, è d’obbligo: il DURC è lo strumento per sanzionare chi, con intento fraudolento, evade la contribuzione dovuta, o un atto di cui servirsi per effettuare un mero controllo burocratico, che finisce talvolta con la richiesta della restituzione dei benefici contributivi anche a chi commette errori puramente formali o di modesta entità? 
A parere di chi scrive, la risposta non può che essere orientata sulla prima ipotesi. 
Si ritiene, pertanto, che un rilascio maggiormente razionalizzato e ponderato dei DURC, adeguato ai principi citati, comporterebbe un forte risparmio di denaro e di risorse da parte della pubblica amministrazione oltre che delle imprese ricorrenti.
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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