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Dolomiti Bellunesi

30/12/2015

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​A due passi da Venezia, un lembo di Dolomiti non ancora invaso dal turismo di massa. Un patrimonio da scoprire.
Josiah Gilbert e George Cheetham Churchill erano due gentiluomini inglesi di metà Ottocento: botanico il primo e pittore il secondo. Accompagnati dalle consorti esplorarono, tra il 1861 e il 1863, una parte delle Alpi all’epoca isolata e sconosciuta, descrivendo la loro esperienza nel libro di viaggio “The Dolomite Mountains”, pubblicato a Londra nel 1864.
“Non c’è alcun paesaggio al mondo che muti in modo così sorprendente come quello dolomitico”, scrivevano nel loro diario, che con il suo titolo “battezzò” le montagne più belle del mondo con il nome che ancora oggi utilizziamo: Dolomiti.
Oggi questi atolli corallini pietrificati, inseriti nel Patrimonio dell’Umanità Unesco dal 2009, sono noti a tutti e assiduamente frequentati. 
Esiste però un lembo di Dolomiti che riserva al visitatore le stesse emozioni provate dai viaggiatori ottocenteschi: è il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi. Istituito nel 1990, protegge 31.000 ettari di natura, a meno di cento chilometri da Venezia.
Un’area non invasa dal turismo di massa, dove severe pareti verticali celano alla vista solari altipiani, che non si raggiungono con funivie o strade asfaltate, ma solo con la forza delle proprie gambe. Una fatica ampiamente ripagata dalla possibilità di osservare piante rare.
Nel Parco e nelle aree limitrofe vivono infatti ben 1700 specie diverse, pari ad oltre un quarto di tutte le piante che si trovano in Italia, dalle Alpi a Lampedusa; anche per questo a rappresentare il Parco non c’è un animale, come accade quasi sempre nei simboli delle aree protette, ma un fiore: la delicata Campanula morettiana, che con i suoi fiori viola ingentilisce le pareti rocciose.
La ricchezza floristica di questi luoghi è nota ai botanici da secoli, come testimonia un prezioso erbario figurato degli inizi del 1400: il Codex Bellunensis, oggi conservato alla British Library di Londra.
Se l’esplorazione botanica vanta una tradizione di oltre sei secoli, ben più antiche sono le vicende geologiche che hanno creato le Dolomiti Bellunesi. Una storia lunga oltre 250 milioni di anni, iniziata in mari tropicali, dove i coralli costruivano quelle che oggi sono poderose pareti di Dolomia; proseguita in mari profondi, dove si sono sedimentate le rocce più “giovani” del Parco. A partire da circa 65 milioni di anni fa, gli strati rocciosi depositati sul fondo marino hanno iniziato ad essere sollevati. Dopo l’emersione (circa 1,5 milioni di anni fa), l’azione di acque e ghiacciai ha scolpito i paesaggi, unici al mondo, che oggi ammiriamo. 
Anche le viscere di queste montagne ospitano ambienti straordinari, come il complesso carsico dei Piani Eterni che, con oltre 35 chilometri di gallerie esplorate e più di un chilometro di profondità, è il più ampio delle Dolomiti e uno dei più estesi e profondi d’Italia.
Esattamente sopra l’intricato dedalo di oscure e profonde gallerie si estende l’altopiano di Erera Brendol, uno dei più belli e solari del Parco. Qui pascolano camosci e cervi, il cielo è solcato dal volo delle aquile e il silenzio rotto solo dai fischi delle marmotte.
Scriveva Dino Buzzati, nato tra questi monti, che “esistono da noi valli che non ho mai visto da nessun’altra parte”, se volete scoprire il fascino antico di queste “altre” Dolomiti, appartate e ancora poco note, avete solo una possibilità: visitare il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi.

A cura di Enrico Vettorazzo
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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