Il divieto del patto commissorio vale anche per il contratto di anticresi, ossia il contratto col quale il debitore o un terzo si obbliga a consegnare un immobile al creditore a garanzia del credito, affinché il creditore ne percepisca i frutti, imputandoli agli interessi, se dovuti, e quindi al capitale (art. 1960 del Codice Civile). È pertanto nullo qualunque patto, anche posteriore alla conclusione del contratto, con cui si conviene che la proprietà dell'immobile passi al creditore nel caso di mancato pagamento del debito (art. 1963 del Codice Civile).
Tuttavia appare lecito il patto marciano, con il quale il creditore, nell'ipotesi di inadempimento, diventa proprietario della cosa ricevuta in garanzia previa corresponsione al debitore della differenza tra l'ammontare del credito e l'eventuale maggior valore del bene.
Si evidenzia, a tal proposito, che l'art. 48 bis del D.Lgs. 385 del 1993 (Testo unico in materia bancaria), introdotto con D.L. 59 del 2016, limitatamente ai contratti di finanziamento conclusi tra banche o istituti autorizzati alla concessione del credito e imprenditori, consente di garantire il finanziamento col trasferimento di un bene immobile sospensivamente condizionato all'inadempimento del debitore.
D'altro canto, un meccanismo simile a quello sotteso al patto marciano è individuabile nel pegno irregolare, disciplinato all'art. 1851 del Codice Civile: quando a garanzia del credito sono vincolati depositi di denaro, merci o titoli che non siano stati individuati o per i quali sia stata conferita alla banca la facoltà di disporre, la banca è tenuta a restituire soltanto la somma o la parte di merce o titoli che eccede rispetto all'ammontare dei crediti garantiti.
In ogni caso deve riconoscersi portata generale al divieto del patto commissorio, collocato nel libro VI del Codice Civile dedicato alla tutela dei diritti e in particolare nel titolo dedicato alla responsabilità patrimoniale, alle cause di prelazione e della conservazione della garanzia patrimoniale.
La portata del divieto in disamina non è peraltro contraddetta dall'art. 2798 del Codice Civile, che consente al creditore di domandare al giudice l'assegnazione della cosa data in pegno fino alla concorrenza del debito, secondo la stima da farsi con perizia o secondo il prezzo corrente, se la cosa ha un prezzo di mercato. La norma in discorso, infatti, è di stretta interpretazione, poiché dispone una deroga al divieto del patto commissorio concernente solo ai beni dati in pegno.
Con riferimento alla ratio sottesa al divieto del patto commissorio, sono emersi in giurisprudenza due filoni interpretativi.
Secondo il primo, il divieto è posto a tutela del solo debitore, quale parte debole del rapporto contrattuale. A fronte di questa interpretazione, non tutti i patti commissori dovrebbero essere ritenuti nulli, in quanto sarebbero vietati soltanto quelli che violano gli interessi del debitore, se e nella misura in cui realizzino uno spostamento patrimoniale sproporzionato.
L'orientamento giurisprudenziale opposto, invece, propende per la nullità di qualsiasi patto commissorio. All'interno di tale filone, il fondamento del patto commissorio è individuato nella tutela della par condicio creditorum, nonché nella tipicità delle cause legittime di prelazione o nel divieto di autotutela privata.
Tanto premesso, la disamina circa la validità del patto marciano implica il suo inquadramento, o meno, quale sottotipo del patto commissorio. Qualora si individui nel patto marciano una species di patto commissorio, esso andrà considerato nullo allorché si aderisca alla teoria che reputa nulli tutti i patti commissori e, viceversa, andrà ritenuto valido nel caso in cui si accolga la tesi che professa la nullità soltanto degli accordi lesivi delle pretese del debitore.
La giurisprudenza, ricorrendo alla figura del contratto in frode alla Legge (art. 1344 del Codice Civile) ha dichiarato la nullità della vendita con patto di riscatto utilizzata al solo scopo di garanzia. Potrebbe astrattamente risultare nullo, alla luce del divieto del patto commissorio, anche il sale and lease back, ossia il contratto atipico con cui taluno (di norma un imprenditore) aliena un bene ad una società di leasing ma ne mantiene il godimento dietro il pagamento di un canone periodico. La giurisprudenza ha elaborato determinati indici in presenza dei quali è dato presumere che le parti abbiano inteso eludere il divieto di cui all'art. 2744 del Codice Civile:
· la preesistenza di un credito da garantire;
· sproporzione tra importo del credito garantito (ammontare dei canoni) e il valore del bene;
· stato di difficoltà economico-finanziaria dell'imprenditore.
Pertanto, alla luce della portata generale dell'art. 2744 del Codice Civile, il giudice dovrà accertare caso per caso la sussistenza degli indici rilevatori di un tentativo di elusione del divieto del patto commissorio e, in presenza di tali indici, dichiarare la nullità del contratto stipulato.
A cura di Elisa Fea