Ma cos’è esattamente questo “diritto alla disconnessione”, right to disconnect in inglese, di cui abbiamo sentito parlare sempre più spesso nell’ultimo anno?
Molto semplicemente, si tratta del diritto di un lavoratore di potersi effettivamente disimpegnare durante le ore non lavorative, comprese le relative comunicazioni elettroniche come e-mail, chiamate e videochiamate. Nonostante modalità di lavoro a distanza si siano ormai diffuse in Europa già da qualche anno, solo recentemente con il boom dello smart working causato dalla pandemia, il tema è diventato di primaria importanza per milioni di lavoratori, anche in Italia.
In poco meno di un anno, nel nostro paese lo smart working è aumentato di circa il 30% come risposta alle esigenze di distanziamento sociale imposte dal COVID-19. Un cambiamento così importante e repentino delle modalità lavorative ha avuto un impatto molto forte sulla società nel suo complesso, in particolare su tutti quei lavoratori che si sono rapidamente dovuti adattare a un nuovo regime lavorativo, quasi completamente a distanza.
L’Unione Europea aveva già adottato una importante direttiva sull’organizzazione del tempo lavorativo nel 2003, e una per la tutela del fondamentale equilibrio vita-lavoro nel 2010. Tuttavia, resta sprovvista di uno specifico quadro normativo relativo all’ormai diffusissimo smart working, che garantisca in particolare il diritto alla disconnessione.
Come ha ricordato il mio collega Alex Agius Saliba, con cui ho lavorato alla nuova risoluzione del Parlamento Europeo, milioni di lavoratori sono stremati dalla pressione del dover essere sempre reperibili, “connessi”, e da orari di lavoro eccessivi. L’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici, il gruppo politico a cui appartengo, vuole essere al fianco di questi lavoratori, garantendo a tutti il diritto a staccare la spina da una sempre più pervasiva vita lavorativa.
Come numerose ricerche hanno dimostrato, ciò è fondamentale per garantire standard elevati di salute mentale e fisica. Le nuove realtà dell’era digitale, amplificate e velocizzate dalla terribile pandemia che ci ha colpiti, hanno reso necessario e urgente aggiornare i diritti dei lavoratori europei. L’adozione di questa risoluzione rappresenta un primo fondamentale passo in questa direzione, dato che incoraggia direttamente i paesi UE, Italia compresa, ad adottare appropriate misure legislative. Occorre però agire anche a livello di Unione, su iniziativa della Commissione, per estendere i diritti dei lavoratori. Alcuni aspetti positivi del lavoro a distanza sono stati certamente confermati.
Per esempio, la facilità nello scambio di informazioni fra i diversi reparti di un’azienda e fra i colleghi stessi. Come anche la semplificazione di alcuni processi di recruiting, con un aumento generalizzato della produttività. Non va poi dimenticato l’aspetto della salvaguardia ambientale, dato che la minore esigenza di mobilità per motivi lavorativi ha contribuito a ridurre l’inquinamento nell’atmosfera. Tuttavia, c’è un rovescio della medaglia che ricade sui lavoratori stessi e che non può essere certo ignorato.
A cura dell’On. Brando Benifei.