In un panorama mondiale come quello che ci circonda abbiamo avuto modo di osservare come i rapporti intercorrenti tra due diritti fondamentali: il diritto alla salute e il diritto al lavoro, siano iscritti sempre più spesso all’interno di una dinamica conflittuale, che di fatto va a privare il diritto del lavoro stesso della sua originaria vocazione, quella di un diritto nato a tutela della salute e della sicurezza della parte “più debole” del rapporto di lavoro. A cura di Cecilia Catalano |
Per un verso, infatti, il diritto all’occupazione o al lavoro si deve necessariamente bilanciare con la libertà all’iniziativa economico-privata la quale, ancorché implicitamente, costituisce spesso un limite per la realizzazione del primo. Per un altro verso è invece la stessa libertà di iniziativa economica a doversi bilanciare con il diritto al lavoro risultandone veramente limitata al fine di contemperare l’impatto sociale delle scelte imprenditoriali. Inoltre, l’esigenza di legalità e sicurezza del lavoro condiziona in modo penetrante la libertà di intrapresa economica privata, infatti se per un certo verso per tutelare la dignità personale del lavoratore sono previsti limiti procedimentali all’esercizio degli stessi poteri gerarchici dell’imprenditore, per un altro verso al fine di salvaguardare l’integrità fisica e morale dei lavoratori risulta sensibilmente condizionata la stessa capacità organizzativa dell’imprenditore, che deve esplicarsi nel quadro di regole a cui ogni Stato membro dell’Unione Europea si è dovuto conformare.
Parafrasando pertanto gli artt. 41, co. 2, e 32 Cost. risulta così legittima solo l’attività imprenditoriale che garantisca lavoro sicuro. Ma ad essere coinvolta nell’esercizio di un’attività lavorativa, soprattutto se attività d’impresa, non è solo la salute dei lavoratori ma anche quella dell’intera popolazione che vive nelle aree limitrofe ed adiacenti in cui l’impresa ha sede e svolge ordinariamente la propria attività. Allora in tal caso come bilanciare gli artt. 41 e 4 Cost. con il diritto alla salute art. 32, che non coinvolge più solo i lavoratori dell’impresa ma l’intera collettività passivamente esposta alle esternalità negative dalla prima prodotte? Si tratta di rintracciare un giusto equilibrio tra i diritti costituzionalmente garantiti, affinché l’esercizio di un diritto, come quello al lavoro, non diventi strumento e mezzo per la lesione di un altro, quello alla salute.
Non si può chiedere ai cittadini di scegliere tra il lavoro e la propria salute, si dovrebbero creare delle condizioni affinché l’esercizio del primo non leda il secondo. Per questo anche al fine di segnalare l’importanza che la tutela della salute ricopre all’interno dei luoghi di lavoro si ricorda come ad oggi anche il lavoratore stesso, cooperando con il datore di lavoro, è chiamato a garantire un costante livello di sicurezza all’interno dell’azienda in cui lavora, adoperandosi direttamente e immediatamente per eliminare o per ridurre tutte le emergenze o i pericoli che si verificano e che possono arrecare dei danni a coloro che sono presenti all’interno di quella determinata realtà produttiva.
Ciò richiede una costante formazione e aggiornamento per il lavoratore, qualunque siano le mansioni o i compiti a lui assegnati. Al fianco del lavoratore specifici obblighi di formazione e di tutela della salute incombono anche nei confronti del datore di lavoro, e di una serie di figure, che se presenti, dovranno concorrere ad assicurare una protezione nei confronti di un fondamentale diritto, quello alla salute (si ricordano: il responsabile del Servizio Protezione e Prevenzione, il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, l’ASPP..). Da qui muove l’idea che attraverso una cooperazione partecipe della totalità dei soggetti impegnati in quel determinato sito produttivo, in un’ottica quindi di cooperazione e non di conflitto, sia possibile raggiungere quell’effettiva tutela e garanzia di un diritto irrinunciabile quale il diritto alla salute, senza dover effettuare alcuna scelta con l’altro fondamentale. diritto al lavoro.