Le donne detenute spesso non hanno una vera alternativa, spesso hanno i mariti in carcere o non ci sono altri parenti a cui affidare i piccoli.
Il numero dei bambini nei penitenziari in media è sempre uguale, circa 60. Non influiscono i vari provvedimenti di legge. Dal 1975 (la legge 354) a oggi (la legge 62 del 2011) ci sono stati cinque interventi legislativi, ma i bambini restano sempre lì.
Non si contano, invece, le promesse solenni di quasi tutti i ministri della Giustizia che si sono succeduti negli ultimi dieci anni. Con Bonafede, purtroppo, si perdono le speranze.
Nel 2009 Angelino Alfano partecipò al convegno “Che ci faccio io qui? Perché nessun bambino varchi più la soglia di un carcere” e dichiarò: “Un bambino non può stare in cella. Approveremo una riforma dell’ordinamento carcerario che consenta di far scontare la pena alle mamme in strutture dalle quali non possano scappare, ma che non facciano stare in carcere il bambino”.
Poi fu il turno del ministro Paola Severino: “In un Paese moderno è necessario offrire ai bambini, figli di detenute, un luogo dignitoso di crescita, che non ne faccia dei reclusi senza esserlo”. Era il 2012. L’anno dopo in via Arenula arrivò Anna Maria Cancellieri: “Stiamo lavorando perché vogliamo far sì che non ci siano mai più bimbi in carcere”.
Da ultimo, anche il Ministro della Giustizia Andrea Orlando promise: “entro la fine dell’anno (2015, ndr.) nessun bambino sarà più detenuto. Sarà la fine di questa vergogna contro il senso di umanità”.
Insieme al prof. Antonino Nicosia, docente esperto in trattamento penitenziario, osservatore e studioso attento, ho avviato un progetto per il monitoraggio degli istituti detentivi in cui sono presenti i bambini, nel tentativo di raccogliere informazioni e istanze volte a impedirne la permanenza.
Il progetto “ICAM Soluzione Possibile” rappresenta l’unica vera alternativa in grado di garantire un ambiente più familiare e sereno ai figli delle detenute, grazie anche alla presenza di un numero maggiore di educatori.
Il progetto che sostengo insieme al Dott. Nicosia prevede la realizzazione di un luogo più adatto alla crescita dei bambini attraverso il coinvolgimento di educatori, assistenti sociali, pedagogisti e psicologi che, ogni giorno, si occupano anche del trattamento rieducativo per le madri detenute.
È evidente che la situazione attuale induce a gridare allo scandalo, ma è altrettanto vero che gli interessi diversi da contemperare (esigenza di espiare la pena, diritti del bambino e tutela della genitorialità) richiedono uno sforzo complesso da parte del legislatore.
Il percorso è lungo e tortuoso, ma quando si tratta di tutelare i diritti non si può rimanere indifferenti.
A cura dell’On. Giuseppina Occhionero.